Attualità - 27 luglio 2023, 15:25

Govone, fa discutere l’impianto per produrre biometano con gli scarti della Ferrero

Il progetto ora al vaglio della Provincia è stato presentato nel corso di un partecipato incontro con la popolazione. Riceverebbe ogni giorno 90 tonnellate di sottoprodotti alimentari realizzando 12 milioni di mc all’anno di combustibile verde

La zona dove sorgerebbe l'impianto progettato dalla Govone Biometano Srl

La zona dove sorgerebbe l'impianto progettato dalla Govone Biometano Srl

Non esclude la costituzione di un comitato il gruppo di residenti in frazione Canove che nella serata di martedì hanno partecipato in gran numero (oltre un centinaio i presenti) alla serata organizzata dal Comune di Govone per informare la popolazione sul progetto per la realizzazione di un impianto per la produzione di biometano che una società controllata dal gruppo Snam, la Govone Biometano Srl, intende realizzare in un’area prossima a frazione Canove, tra lo svincolo dell’autostrada Asti-Cuneo, la cava Gabbio e l'impianto di depurazione delle acque della società consortile Sisi, in una zona già attraversata da un gasdotto.

Un incontro animato, quello tenuto nei locali della Pro Loco a quasi tre mesi dalla data nella quale, lo scorso 19 aprile, si è aperta la conferenza dei servizi partecipata da Arpa, Vigili del Fuoco, Comune e Provincia, enti chiamati a dire la loro sul procedimento che porterà quest’ultima, competente in materia, a valutare ed eventuale autorizzare il progetto.

Numerosi e accalorati gli interventi di residenti che hanno contestato la realizzazione. Un impianto – si è appreso – che avrà una dimensione complessiva pari a 3/4 ettari e comporterà un investimento economico pari a circa di 25 milioni di euro.

A spiegarlo durante l’incontro i rappresentanti dell’azienda proponente, intervenuti insieme a referenti della Ferrero di Alba. Proprio dalla multinazionale dolciaria arriverà infatti buona parte dei materiali – il 98,4% – destinati ad alimentare il biodigestore, producendo biogas, successivamente trasformato in biometano, a partire dalla loro fermentazione.

Si tratta di residui della lavorazione alimentare, come gusci di nocciole, fondi di caffè, cuticole di cacao, foglie di tè e altri alimenti attualmente destinati a impieghi in zootecnica e che, nelle intenzioni dei proponenti, serviranno invece a produrre 12 milioni di metri cubi all’anno di biometano.

I quantitativi di scarti impiegati sono stati stimati in circa 90 tonnellate al giorno, trasportati attraverso 4/5 viaggi quotidiani di altrettanti mezzi pesanti, potendosi servire per buona del tragitto della vicina autostrada.

Il digestato, il residuo della lavorazione, potrà essere destinato alla produzione di fertilizzanti per la sua parte solida, mentre quella liquida sarà conferita al vicino depuratore della società consortile Sisi tramite una condotta realizzata ad hoc.

Negli interventi dei presenti, una generale contrarietà all’impianto, insieme al disappunto per i tempi di una serata di informazione indetta quando l’iter autorizzativo è già avviato da tempo e in un periodo dell’anno nel quale molte famiglie sono fuori casa per le vacanze estive.

Tra i presenti, anche i rappresentanti dell’associazione ambientalista Comuneroero, che ha consegnato ai proponenti del progetto un’articolata serie di domande riguardanti punti quali l’impatto dell’impianto in termini di consumo di suolo, idrico e acustico, di emissioni in atmosfera e di odori.

"Il biometano in sé può essere un bene
– scrive per conto del sodalizio Cesare Cuniberti –, e lo è nella misura in cui sostituisce il metano fossile nella maniera più vantaggiosa possibile. Cioè provocando meno danni, sia a livello globale, sia a livello locale. Occorre verificare se il progetto è fatto bene ed è collocato nel posto più idoneo per la comunità. Quindi servono risposte precise a molte domande iniziali".

Ezio Massucco

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