Attualità - 30 settembre 2023, 12:24

Salvataggio Egea, tutte le strade portano a Torino. La proposta industriale di Iren in vantaggio su Thaleia

Settimane decisive per il futuro della multiservizi albese. La controllata del fondo Usa invitata a rendere "comparabile" la propria proposta

Paolo Emilio Signorini, Amministratore Delegato e Direttore Generale del Gruppo Iren

Paolo Emilio Signorini, Amministratore Delegato e Direttore Generale del Gruppo Iren

La partita non è chiusa, ma ad oggi tutte le strade portano a Torino. In questa direzione va letto il ricorso a quell’espressione mutuata direttamente dal linguaggio degli appalti e delle acquisizioni aziendali (“preferred bidder”, l’offerente preferito) con la quale, tramite una nota diramata nella mattinata di ieri, il Gruppo Egea ha inteso fare chiarezza in merito allo stato delle valutazioni in corso sulle offerte arrivate sul tavolo della procedura negoziata che nel giro di qualche giorno dovrà ridisegnare il futuro della multiservizi albese. 

Dall’esito del confronto, dopo mesi di "due diligence", dopo l’uscita dalla contesa dei lombardi di A2A e dopo l’apertura di un’indagine da parte della Procura di Asti per false comunicazioni sociali e falso in bilancio (quattro gli indagati), azionisti e stakeholder si attendono l’avvio di un nuovo e più solido corso della multiservizi langarola, sprofondata in una crisi di liquidità sulle cui cause da più parti si è evocata l’immagine della "tempesta perfetta". 

Una spirale negativa innescata dagli scossoni inferti da un mercato internazionale dell’energia destabilizzato dalla vicenda ucraina, mentre tra i sospesi dell’azienda un ruolo di rilievo sembrano avere pure gli accordi stretti con privati e condomini per interventi di efficientamento energetico collegati al Superbonus. 

Da qui una situazione debitoria sulla cui quantificazione ad oggi mancano riscontri ufficiali. Questo considerato anche che l’azienda non ha approvato i conti relativi al 2022, esercizio che in ambienti legati all’azienda nei mesi scorsi era stato descritto senza troppe perifrasi come "il bilancio peggiore di sempre", dopo che dodici mesi prima – mentre i primi sussulti portavano a una prima trattativa con Iren, poi abortita, allora per l’affitto del solo ramo commerciale – si era chiuso il migliore della sua storia, almeno con riguardo a un valore della produzione arrivato sopra il miliardo e mezzo di euro (leggi qui: https://www.targatocn.it/2022/05/09/leggi-notizia/argomenti/economia-7/articolo/rossetto-da-i-numeri-di-egea-bilancio-2021-migliore-di-sempre-produzione-sopra-gli-15-miliardi.html). 

Quale che ne sia l’esatta misura, nessuno nega più che l’odierna situazione richieda un salvataggio per il quale i nuovi vertici del gruppo, dal luglio scorso affidatosi al consigliere delegato Paolo Pietrogrande (https://www.targatocn.it/2023/07/04/leggi-notizia/argomenti/economia-7/articolo/egea-nel-consiglio-di-gestione-entra-lex-amministratore-delegato-di-enel-green-power.html) hanno scelto di seguire la forma di una procedura negoziata che ad oggi vede l’importante gruppo dell’energia e dei servizi con sede a Reggio Emilia, base a Torino e solide radici anche in diverse altre importanti piazze del nord Italia (nato nel 2012 dalla fusione tra Hera, Enìa, e Acegas-Aps, l’acronimo sta per "Idea Risorse Energia Ambiente") fortemente avvantaggiato anche in considerazione della sua natura di "partner industriale". 

Questo là dove, nell’offerta avanzata invece da Thaleia (dopo un primo esame Egea ha invitato la società a "renderla comparabile" con quella di Iren, se di suo interesse, in sostanza chiedendo di integrarla di elementi al momento mancanti), prevarrebbero elementi di natura finanziaria, in coerenza con l’approccio al mercato tipico delle dinamiche che informano l’agire di un fondo quale il newyorkese Davidson Kempner, che della neonata società affidata alla guida dell’ex manager di Snam Francesco Reggiani controlla la maggioranza. 

Nella direzione di Iren gioca quindi non soltanto un piuttosto esplicito favore della politica, là dove il gruppo torinese, erede di diverse importanti municipalizzate del Nord Italia, a partire da quella torinese, annovera tra i propri azionisti numerosi e importanti soci di natura pubblica, secondo un modello accostabile a quello di Egea. E neppure solamente la forza di dimensioni tali da consentirle di farsi facilmente carico della società albese, in coerenza coi propositi di sviluppo contemplati nel suo piano industriale al 2030 e magari per il tramite di un accordo da concordarsi con la banche creditrici per un rientro a medio termine dell’esposizione nei loro confronti. 

Ma insieme a questi elementi una parte predominante finiranno probabilmente per averli quelli di natura operativa, con la possibilità di dare continuità all’azienda sin dall’inizio dell’anno termico alle porte, con gli acquisti di energia da rinnovare, forti di rassicurazioni riguardanti la salvaguardia di una forza lavoro che investe i destini di oltre mille famiglie. Prospettive e rassicurazioni che, leggendo in controluce le altrimenti criptiche comunicazioni ufficiali, Thaleia allo stato non può evidentemente offrire. 

Questione di settimane, in ogni caso. Con un corollario foriero di possibili trascichi, considerato che, se l’esito della procedura negoziata parlerà torinese, si tornerà in qualche modo al mancato accordo del 2022, ma in una situazione profondamente mutata rispetto ad allora. Si sbagliò a non dare seguito a quella trattativa?

Ezio Massucco

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