Bra e Roero - 17 dicembre 2023, 08:45

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi di don Riccardo Frigerio

Commento al Vangelo del 17 dicembre, terza domenica di Avvento (Gaudete)

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi di don Riccardo Frigerio

 Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.

Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».

Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».

Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando (Gv 1,6-8.19-28).

 

Oggi, 17 dicembre la Chiesa giunge alla III domenica di Avvento, detta anche Gaudete (Anno B, colore liturgico viola o rosaceo).

A commentare il Vangelo della Santa Messa è don Riccardo Frigerio, direttore dei Salesiani di Bra.

Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole per accendere le ragioni della speranza che è in noi.

Eccolo, il commento.

Giovanni si presenta attraverso una triplice negazione. «Non sono quello che voi vorreste attribuirmi, non sono quello promesso da Dio, non sono chi voi credete di conoscere già». Ma gli hanno chiesto: «Chi sei?», e quindi non sono soddisfatti. Allora esce in una risposta “relativa”: «La mia esistenza e presenza davanti a voi ha senso solo relativamente a colui che deve venire e che voi non conoscete ancora». Il suo ruolo non è di essere la luce, ma di testimoniarla, di aprire le orecchie a chi non vuole sentire e di indicare Colui che va seguito per arrivare alla vita. La trasparenza di tale testimonianza, che non trattiene nulla per sé, anzi “perde” anche i due discepoli che manda dietro a Gesù, dipende dal fatto che Giovanni ha già trovato il centro della propria vita, ed è pronto a lasciare campo libero a Gesù, a “diminuire” anche fisicamente, prima in una prigione, e poi sottoterra. Quando crediamo di aver qualcosa da dire, quando pensiamo che gli altri dovrebbero ascoltarci, dovremmo innanzitutto chiederci se lo facciamo davvero per il bene comune o per noi stessi, se siamo al servizio o cerchiamo meriti e riconoscenza. Solo una giusta percezione dell’umiltà della nostra condizione umana, che è preziosa agli occhi di Dio creatore e Padre, ma che non ci dà il diritto di sentirci superiori ad altri può davvero mantenerci tra i discepoli, senza voler sostituirci al Signore e sentirci maestri. «Vai dietro a me, satana» non è riservato a Pietro, ma al cristiano che si mette a pontificare su come dovrebbe andare il mondo, su come risolvere le guerre e su chi “merita davvero” la salvezza! Giovanni ha portato un certo turbamento tra i sacerdoti di Gerusalemme. Hanno visto in lui una minaccia al potere costituito? Hanno pensato che avrebbe “rubato” qualche seguace e quindi una fetta di entrate del Tempio? Hanno intuito che avesse qualcosa di diverso da altri maestri della Legge che si aggiravano in quella regione? Interrogano per poter catalogare secondo schemi precostituiti. Ma la Parola di Dio è innovativa e creatrice, non può essere incatenata e suscita cuori liberi che danno voce alle esigenze più nascoste del Vangelo. Giovanni è voce, non è Parola. Ma senza gli annunciatori, come potremo ascoltare la Parola? La prossima volta che per vergogna o rispetto umano ci muore in gola una testimonianza, ricordiamo che Giovanni non si è tirato indietro e neppure la minaccia del re Erode e della sua corte ha potuto metterlo a tacere. Il santo ha raggiunto una confidenza profonda con il proprio Signore: ciò che importa all’uno importa all’altro, ciò che (o meglio, chi) è caro all’uno è caro all’altro, per questo la luce traspare come attraverso un vetro pulitissimo. Per illuminare gli uomini Gesù ha scelto testimoni in carne ed ossa, non solo ai tempi di Giovanni, ma ancora oggi, e forse in questo Avvento sta chiedendo anche a me se sono disponibile ad essere sua “voce” in un deserto di relazioni che sono basate spesso solo sul vantaggio o, peggio, sullo sfruttamento. Mentre si esauriscono i giorni di preparazione al Natale, le luci da accendere non sono solo quelle dell’albero, ma soprattutto quelle interiori, perché la mia invocazione sia solamente: «Maràn athà! Vieni, Signore Gesù!».

 


Silvia Gullino

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