Attualità - 07 gennaio 2024, 09:00

Beppa Giraudo, donna transgender: “La felicità talvolta si nasconde dietro a muri di carta”

Vive a Dronero, ha quasi 70 anni. Era ingegnere e professore. Oggi fa la badante ed è diventata testimonial della campagna Arcigay “M3 at work” contro le discriminazioni in ambito lavorativo: “Non è mai troppo tardi per vivere una vita autentica”

Foto di Alex Astegiano Beppa Giraudo, protagonista della campagna Arcigay Cuneo “M3 at work”

Foto di Alex Astegiano Beppa Giraudo, protagonista della campagna Arcigay Cuneo “M3 at work”

Nella vita bisogna avere il coraggio di buttare giù quei 'muri di carta' che sembravano invalicabili perchè dipinti di mattone”.

Questo è il motto della dronerese Beppa Giraudo, donna transgender pronta a spegnere 70 candeline a giugno.
“Zia Beppa” per gli amici dell'Arcigay Cuneo che l'hanno scelta come volto simbolo della campagna “M3 at work”, finanziata dall’Ufficio Nazionale antidiscriminazioni razziali e realizzata in collaborazione con la Cgil di Cuneo sul tema delle discriminazioni in ambito lavorativo. Gli scatti sono del fotografo Alex Astegiano.

Ha deciso di raccontarci la sua storia per “aiutare le persone anche nei piccoli cambiamenti, perchè quando non si vive in modo autentico ma sotto condizionamenti e stereotipi anche la salute fisica ne risente”.


Quando è iniziato il suo percorso di transizione?

La transizione vera e propria è iniziata tre anni fa ed è diventata esplicita sei mesi dopo. Da due anni mi vesto per come sono”.

Non deve essere stato facile...

Fino a quando non entri in un centro specializzato sei totalmente abbandonata a te stessa. L'unico appoggio che ho avuto è arrivato dal mio medico della mutua che mi ha detto: 'Tu hai diritto alla felicità'. E da lì è partita la prima impegnativa per un percorso psicologico. Al primo tentativo sono finita in un binario morto. Sono seguiti due lunghi anni di attesa. Ma ora, da circa tre mesi, sono in carico al CIDIGEM di Torino (Centro Interdipartimentale Disforia di Genere Molinette, ndr) che è convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale. Finalmente sono entrata in 'autostrada'”.

Sulla carta di identità è già diventata Beppa Giraudo?

Non ancora, ci vorrà un annetto, e succederà dopo la sentenza di un giudice. La cosa bella però è che alle Molinette mi hanno dato massima priorità per l'età, invece di 'snobbarmi'. Lo fanno per farmi vivere qualche anno in più in modo autentico, sempre pensando che quel che contano sono i momenti e non tanto gli anni”.

Chi era prima di diventare Beppa?

Ero Giuseppe. Ingegnere e professore. Sono stato anche sposato tre volte. Prima di diventare Beppa ho vissuto una vita intera facendo il mio dovere di 'ometto'. Ho fatto tantissimi sacrifici per dimostrare a tutti che ero 'maschio'. Ho fatto body building, ho fatto il boscaiolo, guidavo motociclette potenti. Insomma tante attività muscolari che ostentavano una certa virilità. Mi ponevo con atteggiamenti anche paradossalmente maschilisti per dimostrare di essere un vero macho, ma credo di non aver mai convinto nessuno. Questo mi ha portato ad essere non autentica, e a vivere una vita faticosa. In fondo però negli anni Settanta non esisteva la categoria dei transessuali. Era impensabile. Ma poi, finalmente, ho aperto gli occhi con 'l'effetto divano'”.

Effetto divano? Che significa?

Perchè sul divano si dorme così bene? Perchè non te lo ha comandato nessuno di farlo. Si dorme così bene perchè è autentico. Il sonno nasce dalla necessità di dormire e non perchè c'è bisogno di dormire. Ecco, l'autenticità per me è quando c'è l'effetto divano, quando fai le cose perchè ti viene da dentro e non perchè te lo ha detto qualcuno. E poi si diventa anche più sani”.

Una consapevolezza forte. Ma come è partito tutto? Ha sempre saputo di essere donna?

Come ho già detto erano concetti impensabili per l'epoca. Per quanto mi riguarda ci sono state due fasi. Una consapevolezza inconscia e una conscia. È come se ad un certo punto mi fossi trovata di fronte ad un bivio e avessi percorso per molto tempo la strada sbagliata. Dovevo tornare indietro.

Inconsciamente ho iniziato un percorso di 'regressione dell'io' durato almeno 10 /15 anni in cui ho smontato la mia personalità. L'ho fatto scrivendo libri di matematica e di filosofia. In questo modo mi sono ritrovata a quel bivio, nel punto esatto in cui avevo sbagliato strada.

Una volta lì, è iniziata la fase consapevole in cui sono stata aiutata da alcuni fattori occasionali. Una cura dimagrante potentissima mi ha fatto perdere 37 chili e ha scolpito il mio nuovo corpo. Quello che ho visto nello specchio non era maschile. E di lì è partita la fase costruttiva, durata due o tre anni. Dopo un anno mi sono dichiarata al pubblico, ho fatto coming out vestendo la mia anima con abiti opportuni”.

Come hanno reagito familiari e amici?

Io ho due figli. L'hanno presa bene, ma con la dovuta gradualità. Hanno capito, ma ci è voluto tempo. Quando si fa una transizione si ripercorre la vita da zero. I primi mesi sono equiparabili all'adolescenza, con tutto ciò che concerne: euforie, ostentazione ed esagerazione. Un anno e mezzo fa ero una adolescente e andavo in giro con la minigonna. Per costruire una donna si deve passare da lì, fa parte del percorso. Adesso è come se avessi 35/40 anni, mi vesto ancora in modo sexy ma sono una donna elegante.

Poi ci sono amici che non mi hanno capita e mi hanno abbandonata. Tuttavia non li voglio giudicare e mi gratifico con le nuove amicizie femminili”.

Allora esiste la solidarietà femminile?

Le donne mi accolgono subito con un abbraccio e un sorriso. Mi capiscono al volo e non hanno dubbi che non sia donna. Il mondo femminile ha un linguaggio tutto suo che i maschi non capiscono”.

Oggi è una donna felice?

Adesso inizio a star bene. Penso a mia mamma e a mia sorella che non ci sono più e vorrei essere alla loro altezza. Oggi sono pensionata e faccio la badante. Mi sono costruita una vita nuova anche socialmente per non essere solo 'una astrazione della mia mente'. Ho la mia realtà individuale e sociale. Sono contenta del mio lavoro, lo faccio bene e mi ha dato una dimensione reale. Globalmente sono soddisfatta. Frequento posti dove la gente mi vuol bene. A Dronero vivo bene anche con le istituzioni. Non ho senso di frustrazione”.

E poi è arrivata la popolarità con i manifesti della campagna “M3 at work” dell'Arcigay Cuneo...

Sto diventando importante, anche se è un'importanza superficiale. Ma ammetto che mi ha fatto piacere, la vanità femminile esiste. Credo abbiano scelto la mia foto perchè non è l'immagine della solita strafiga che potrebbe pubblicizzare le saponette. Si mette in evidenza il sorriso più che la bellezza fisica.
A parte questo, è stato un bellissimo progetto fatto con due counselor di Cuneo, con cui abbiamo preparato il percorso di gruppo per arrivare allo slogan e ragionare sul tema delle discriminazioni delle persone lgbtqia+ della Granda”.

Come si trova nella famiglia dell'Arcigay Cuneo?

Mi hanno accolto con grande affetto, nonostante la mia età. Io mi sono presentata come zia Beppa o nonna Beppa, non mi hanno mai fatto sentire vecchia. C'è un grande rispetto reciproco. È veramente una 'scuola di rispetto'”.

Lei ha vissuto sulla sua pelle episodi di discriminazione lavorativa?

Ho lavorato molto in questo ultimo anno, anche come cameriera nei locali. Esiste una discriminazione in seconda battuta. Mi spiego meglio. In prima istanza tutti dicono che va bene, poi però i datori diventano improvvisamente molto sensibili alle critiche degli altri con un pericoloso fenomeno di ritorno dovuto al fatto che basta una critica o due per mettere tutto in discussione. Insomma, bastano due clienti che storcono il naso e il gestore si pone dei problemi, col criterio del veto sociale che prevale sulla maggioranza. Oggigiorno la maggioranza ti accetta, ma chi non accetta, pone delle mannaie. Mi è capitato ad esempio di non essere invitata ad un tavolo perchè una persona non mi voleva”.

Cosa direbbe a quella persona?

Nel rapporto a tu per tu, in pochi minuti riuscirei a trovare una connessione, a farmi capire. Il problema è l'effetto branco. Ci sono uomini che, quando sono in gruppo non mi salutano, ma poi da soli mi sorridono...”

Dall'alto della sua esperienza, che tipo di messaggio o consiglio si sente di lasciare a chi oggi, anziano o giovane che sia, si trovi a vivere una situazione analoga alla sua?

Nella vita non c'è bisogno di cambiare sesso per affrontare una transizione. Lo si fa anche solo cambiando lavoro, o affrontando un divorzio o evitando persone violente. Occorre avere fiducia in se stessi e sapersi guardare dentro, riconoscere i 'muri di carta' per buttarli giù. E poi cercare la gioia del cuore che non è solo il piacere sessuale. È quella gioia che dà la vera bellezza”.

Cristina Mazzariello

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