Schegge di Luce - 04 febbraio 2024, 07:33

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi delle Sorelle Clarisse di Bra

Commento al Vangelo del 4 febbraio, V Domenica del Tempo Ordinario

“Gesù guarisce la suocera di Pietro”, disegno dell’artista braidese Pinuccia Sardo

“Gesù guarisce la suocera di Pietro”, disegno dell’artista braidese Pinuccia Sardo

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni (Mc 1,29-39).

 

Oggi, 4 febbraio, la Chiesa giunge alla V Domenica del Tempo Ordinario (Anno B, colore liturgico verde).

A commentare il Vangelo della Santa Messa sono le Sorelle Clarisse di Bra. Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella loro riflessione per “Schegge di luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole unite al disegno di Pinuccia Sardo per accendere le ragioni della speranza che è in noi.

Eccolo, il commento.

In tre quadri rapidissimi Marco delinea i tratti del volto di Gesù: un uomo che guarisce, prega e annuncia. Nella vita datore di vita; nella notte cercatore di Dio; nel giorno memoria di Dio agli uomini, e memoria degli uomini a Dio. Ricordati, supplica Giobbe, che questa vita è un soffio, un soffio amaro. Davanti a Dio non c’è altro merito che essere piccoli; un alito basta per essere amati.

La suocera di Pietro è il primo frutto maturo del Vangelo. La vera portata di questo miracolo per lo più passa inosservato. Il motivo è che siamo abituati a leggere i miracoli di Gesù come segni del “potere divino”. Gesù rifiuta tali segni. Noi siamo incapaci di riconoscere Dio nella piccolezza e nell’umiltà, caratteristiche del servizio e privilegio degli ultimi, che per questo sono costretti a servire! Ma è proprio in queste realtà infime che Dio è presente con la sua forza. Sant’Agostino diceva giustamente che, se la potenza di Dio ci ha creati, la sua impotenza ci ha salvati.

«Venuta la sera gli portarono… “tutti” i malati, “tutti” gli indemoniati, “tutta” la città è presente. “Tutti” lo cercano». E Gesù va “altrove”, perché anche là venga la salvezza. Tutto il mondo deve essere salvato.

Al culmine della nostra attività umana, la nostra preghiera tende ad essere semplicemente la continuazione del nostro agire. Ebbri delle nostre categorie umane continuiamo ad operare nel modo nostro anche pregando. Sono gli automatismi di cui siamo schiavi (e tra essi, il fondamento di tutti, quello che mi induce a strappare ogni creatura a se stessa, per asservirla a me), che devono esser abbandonati, perché io possa abbandonarmi a Dio. È un agire contradittorio e impossibile, in cui “la carne” supera se stessa.

Ecco perché Pietro, cioè la comunità e noi tutti, andiamo da lui e gli diciamo di smettere questo non-essere-nella-carne e di scendere “incontro ai bisogni”. In verità vogliamo soprattutto farlo scendere in un piano più comprensibile e poi in un’azione riscontrabile nel suo effetto. Allora il povero può essere spesso la scusa della nostra “carne”, e non il servizio di amore. In verità ciò che avviene nella preghiera al termine di questa giornata del Vangelo è la manifestazione piena di Cristo. Egli era tutto del Padre (Figlio di Dio), anche nello sviluppo dei precedenti episodi, ed era questo che ne costituiva la continua meraviglia. Ma quando il suo sorprendente rapporto con gli uomini, fatto di comprensione e di divino amore, si manifesta nella preghiera come gratuità gloriosa col Padre e in questa preghiera confluisce tutta la giornata evangelica, allora somigliamo spesso a Giuda, secondo il quale Maria di Betania ha sprecato con Cristo il denaro dei poveri.

Il miracolo avviene nella “casa” di Simone. La casa è uno dei simboli della Chiesa. Chi in essa veramente conta, quale occhi dobbiamo avere per leggere la storia della Chiesa, verso chi guardare per imparare il Vangelo, quali sono i nostri maestri nella fede? Anche alla fine del suo ministero Gesù chiamerà solennemente i discepoli a osservare una povera vedova che “dà tutta la sua vita”, per imparare da lei la lezione fondamentale. Queste persone insignificanti, che “naturalmente” devono servire, sono la presenza viva e costante del Signore in mezzo a noi, i nostri maestri di vita.

Gesù cerca ancora terre di dolore, cerca le frontiere del male per farle arretrare. Altrove, a sollevare altre vite, alzare creature, stringere mani. È Lui che ha bisogno di guarire la vita, Lui che ama ricordarsi di me, Lui che “deve” andare in cerca delle mie febbri. Poi però sta a me coltivare la vita risorta, nel coraggio del servizio. A volte può bastare molto poco per sollevare una vita: ascoltare, avvicinarsi, prendere la mano. Ed è appoggiando così una fragilità sull’altra che si sostiene il mondo. Che il Signore ci dia occhi nuovi ed evangelici per vedere la realtà!

 


Silvia Gullino

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