Una tappa via l’altra. Avanza il cammino della procedura che da qui a giugno, a un anno dall’apertura della composizione negoziata della crisi presso il Tribunale di Torino, dovrebbe portare il Gruppo Egea in acque finalmente sicure.
Di mezzo, come noto, c’è stato il rischio del fallimento, con l’incapacità e l’impossibilità dell’azienda di fare finanziariamente fronte alla crisi delle tariffe energetiche (ma anche agli intoppi di 300 milioni di lavori superbonus i cuii crediti fiscali erano rimasti incagliati) e al conseguente accumularsi sul proprio capo di oltre 800 milioni di euro di esposizione debitoria a fronte di un patrimonio stimato in mezzo miliardo di euro.
Una valutazione quest’ultima arrivata dal Gruppo Iren, fattosi promotore di un’offerta vincolante per assumere il controllo della società ora finalizzata nelle pagine di un accordo sottoscritto dai rispettivi vertici aziendali alla vigilia di Pasqua.
Da qui la complessa operazione che i rinnovati vertici della società di Alba stanno mettendo in atto per dare la necessaria sforbiciata a quella mole di debiti, a partire dai circa 212 milioni di euro che alla data del 30 settembre scorso risultavano ancora da restituire a fornitori di vario genere e ai 30 milioni vantati da una settantina di obbligazionisti, per arrivare a 240 milioni di Iva e altre imposte ancora da pagare e a 364 milioni dovuti invece a un’insieme di 32 istituti di crediti.
I fornitori come noto hanno già accettato per oltre il 60% di loro – soglia minima prevista dalla normativa – una proposta di saldo e stralcio al 25% dei crediti in loro possesso alla data del 30 giugno 2023. Entro la fine dell’anno in corso dovrebbero così venire rimborsati di quella quota, mentre riceveranno un pagamento al 100% se si tratta di crediti successivi a tale data o se relativi a lavori effettuati da artigiani, ditte artigiane o professionisti iscritti ad albi.
Discorso analogo per gli obbligazionisti, che verranno rimborsati per almeno il il 30% di quanto investito, con un meccanismo a salire che potrà superare il 40%, mentre Agenzia dell’Entrate e Agenzia delle Dogane avranno 60 giorni di tempo per esprimersi sulla proposta di stralcio al 30% del dovuto rimborsabile in 10 anni.
Aspettando quella risposta, in qualche modo obbligata secondo quanto la normativa prevede nel caso tutte le altre categorie abbiano dato il proprio assenso, l’ultimo via libera ancora mancante affinché Egea possa presentare in tribunale la richiesta di omologa dell’accordo stretto siglato con Iren alla vigilia di Pasqua è quindi quello atteso dalle banche.
Essendo coperti da garantire reali, circa la metà di tali crediti varranno agli istituti possessori il diritto a spartirsi il 50% del capitale azionario della new-co di cui Iren si intesterà l’altra metà mettendo sul piatto 85 milioni di euro, per poi venire rimborsate e uscire dalla società entro i cinque anni successivi.
Gli altri crediti delle banche saranno invece rimborsati al 30%, come per gli obbligazionisti, ma perché l’operazione si compia su almeno il 60% di tale crediti deve arrivare un via libera sul quale gli stessi istituti stanno deliberando in queste ore, in vista della scadenza fissata per domani, 10 aprile.
DAL FABBRO: "INVESTIMENTI SU TERRITORIO IMPORTANTE" [VIDEO]
Sull’intera operazione è tornato nel frattempo a esprimersi il presidente di Iren Luca Dal Fabbro, interpellato dai giornalisti in occasione dell'inaugurazione del Circular Plastic, il nuovo impianto di selezione e stoccaggio di plastica realizzato dal gruppo a a Borgaro Torinese, il più grande in Italia di Iren. "Il salvataggio di Egea – ha risposto Dal Fabbro – sperabilmente ci sarà. Io sono stato un grande sostenitore di questa operazione, insieme a tutta l’azienda. Per poter dire che l’azienda è salva dobbiamo però fare il 'closing', tra giugno e luglio. Noi – ha proseguito – stiamo lavorando pancia a terra, seriamente, per fare in modo che questo avvenga. Penso che sarà una di quelle operazioni che coniugano il business con una grande impronta sociale. Io dal primo giorno l’ho detto, anche a scapito della nostra offerta economica: preferisco guadagnare 100 lire in meno, ma garantire che tutti i 1.200 dipendenti rimangano dipendenti e che anzi si cresca. Niente macelleria sociale, ma investimenti su un territorio importante come quello di Alba".