Cronaca - 11 aprile 2024, 07:05

Botte e vessazioni alla compagna: 60enne dell’Albese condannato a 3 anni e dieci mesi di reclusione

La donna convinta ad allontanarsi dopo l’ennesima aggressione, i figlioletti involontari spettatori. La legale: "Denunce in aumento, sommerso che emerge per la maggiore consapevolezza del fenomeno"

Il palazzo di giustizia di Asti

Il palazzo di giustizia di Asti

Tre anni e dieci mesi di reclusione, con l’interdizione dai pubblici uffici per un periodo di anni cinque e la definizione di una provvisionale a favore della compagna costituita in giudizio come parte civile.  

E’ la condanna con la quale, nell’udienza tenuta martedì 9 aprile, il Tribunale di Asti in composizione collegiale ha chiuso il processo aperto nel novembre scorso nei confronti di un 60enne residente in un centro delle Langhe, rinviato a giudizio con le accuse di maltrattamenti in famiglia e lesioni, aggravati dall’aver commesso il fatto in danno della compagna convivente e alla presenza di figli minori.  

A denunciare l’uomo, la compagna, a lui unita da una convivenza iniziata nel 2000 e una quindicina di anni dopo coronata dalla nascita di due bambini, che sarebbero poi diventati loro malgrado involontari testimoni di parte delle violenze e vessazioni messe in atto dal padre nei confronti della donna.   

A carico dell’imputato un repertorio di maltrattamenti e umiliazioni da lui messe in atto anche di fronte a parenti e amici della coppia. Un regime di vita "doloroso e vessatorio", come ebbe a definirlo il pubblico ministero Davide Greco, con lui a denigrarla sistematicamente anche in pubblico dicendo che era "una pazza", che "soffriva di bipolarismo", che era "un’alcolizzata" cui augurava di "vaporizzarsi" e di "togliersi fuori dai coglioni", dicendole che se fosse morta si sarebbe "tolto un peso".  

Angherie in diverse occasioni sfociati anche in violenze fisiche che hanno costretto la compagna, di alcuni anni più giovane, a rivolgersi alle cure dei sanitari.  

E’ stato proprio in una di queste occasioni, complice il lockdown della primavera 2020, che la vittima di tali soprusi, sino ad allora reticente rispetto alla possibilità di denunciare il suo aguzzino interrompendo quell’unione tossica, si è convinta ad ascoltare il consiglio dei Carabinieri, che dopo l’ennesima aggressione le avevano suggerito di abbandonare la comune abitazione prima che la situazione potesse ulteriormente degenerare.  

Un passo al quale era seguito l’iter di separazione civile e un provvedimento di affido esclusivo rafforzato dei due figli minori, arrivato dopo che in giudizio si erano evidenziati i traumi subiti dai due bambini – uno dei quali in un’occasione era anche intervenuto a difesa della madre – in quanto vittime di quella che gli psicologi riconoscono con l’espressione di "violenza assistita".  

Assistita dall’avvocato albese Paola Coppa, nel febbraio 2021 la donna si era quindi decisa a presentare la denuncia penale alla base delle indagini sulle quali si è fondato il rinvio a giudizio e quindi il processo ora giunto a sentenza davanti al collegio presieduto dalla dottoressa Elisabetta Chinaglia.  

"La sentenza emessa dal Tribunale di Asti – commenta l’avvocato Paola Coppa – mette fine a una storia di sopraffazione e violenza nei confronti di una donna inerme e impossibilitata a difendersi, una vicenda come tante ne stiamo vedendo purtroppo emergere in questi mesi. C’è un sommerso, parlando di questo tipo di reati, che una maggiore consapevolezza del fenomeno sta aiutando a portare finalmente a galla. In casi come questo è peraltro fondamentale il lavoro di operatori quali l’educatrice Tiziana Soave e l’assistente Sonia Delfinetti, del Consorzio Socio Assistenziale Alba Langhe Roero, che tengo a ringraziare per il supporto importante che hanno saputo fornire alla mia assistita e ai suoi figlioletti".

Ezio Massucco

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