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Politica | 15 aprile 2024, 14:19

Sanità, Marco Gallo, candidato nella lista Cirio: "Un tema chiave, il più importante"

Un tema che conosce bene, sia come professionista che come presidente dei sindaci dell'Asl Cn1

Sanità, Marco Gallo, candidato nella lista Cirio: "Un tema chiave, il più importante"

Sindaco Marco Gallo, nel programma con cui ha annunciato la sua candidatura a consigliere regionale alle elezioni dell’8 e 9 giugno, indica sei proposte. La prima è la sanità. Perché questa scelta?

«Innanzitutto perché è una materia che conosco bene. Lavoro nel campo della salute da quasi trent’anni, credo di poter dire che maneggio la materia con competenze. In più, negli ultimi anni mi sono occupato da vicino di programmazione sanitaria come presidente dei sindaci dell’Asl Cn1. Una bella esperienza. E poi perché la sanità è sempre di più un tema chiave nell’amministrazione di una Regione, complice l’invecchiamento della popolazione piemontese. E, in particolare, in una provincia come quella di Cuneo, dove un residente su quattro è over 65».

La parola sanità si lega subito a un problema: le liste d’attesa infinite. Come pensa si possa risolvere il problema?

«Credo che il recente accordo che la giunta Cirio ha sottoscritto con i sindacati vada nella direzione giusta, stanziando 25 milioni per ridurre i tempi di attesa nelle visite programmate. Soprattutto mi pare importante la svolta sui malati cronici, dedicando a loro percorsi dedicati. E poi decidere di recuperare i missing della sanità, quelli che hanno gettato la spugna magari perché la disponibilità per una visita o un esame è troppo lontana. Un aiuto verrà anche dalle duemila assunzioni che la Regione ha annunciato entro la fine dell’anno, perché permetteranno di aumentare la produttività delle aree ambulatoriali».

Cosa la rende ottimista?

«Innanzitutto un dato: la Regione conta quest’anno di garantire oltre 200 mila prestazioni in più rispetto al 2023. Un bel passo in avanti. E poi è già riuscita a recuperare sulle prestazioni urgenti dopo l’emergenza Covid, risultando secondo la Corte dei conti e l’Agenas la miglior regione in Italia; può quindi riuscire nell’impresa di garantire tempi accettabili anche per una visita o un esame non legati all’emergenza stretta ma altrettanto importanti. Credo che un peso decisivo lo avrà la riorganizzazione del Cup, che scatterà in autunno: il Centro unico di prenotazione ha un peso nei ritardi».

Quali altre misure il Piemonte dovrebbe varare per migliorare la sanità?

«Io credo che la strategia sanitaria nel prossimo quinquennio dovrebbe concentrarsi sull’espansione della telemedicina e sul miglioramento dell’assistenza territoriale. Due mosse particolarmente attese in una provincia ampia come la nostra, con tanti comuni sparsi tra vallate e colline. La telemedicina può offrire cure a distanza, riducendo le liste d’attesa e i carichi di lavoro sui Pronto soccorso soprattutto nei fine settimana. Di pari passo è fondamentale potenziare l’assistenza territoriale con l’istituzione di case di comunità per garantire un accesso più diretto e vicino ai cittadini per le cure di base e di prevenzione».

Ecco, c’è però chi storce il naso di fronte alla mappa delle strutture che dovranno essere realizzate in Piemonte entro i prossimi due anni con fondi del Pnrr, sostenendo che la scelta dei comuni di fondovalle per insediare case della salute e ospedali di comunità non aiuta chi vive in montagna. Cosa ne pensa?

«Concordo con l’amico Silvano Dovetta, sindaco di Venasca e presidente dell’Unione montana, quando chiede una posizione più baricentrica rispetto alla valle per certe strutture. Chi abita in alta montagna è spesso obbligato a sobbarcarsi viaggi di 100-120 chilometri tra andata e ritorno per una visita o un esame. Bisogna evitare certi disagi, altrimenti non solo sarà difficile ripopolare la montagna ma anche trattenere chi già ci vive. C’è un altro elemento da sottolineare: è fondamentale che sia garantito personale adeguato per queste nuove strutture che si andranno ad aprire. Penso soprattutto agli infermieri di famiglia e di comunità, vere sentinelle sul territorio».

Nelle ultime settimane si è occupato anche del disagio giovanile, che è in crescita nel Cuneese come nel resto d’Italia. Cosa crede si debba fare?

«Forse perché ho una figlia adolescente ma sono rimasto molto colpito dal dato che ogni tre giorni un ragazzo cuneese viene ricoverato per una forma di disagio. Servono più medici e posti letto in Neuropsichiatria infantile ma anche più centri per i disturbi alimentari. Ma possono offrire un valido aiuto anche iniziative come quello dello sportello di psicologici di comunità promosso a Busca dietro la spinta degli educatori che avevano intercettato il disagio dei ragazzi. Insomma, credo che si possa dare una risposta puntando su cinque mosse: dal potenziamento dei servizi di ascolto e supporto psicologico alla promozione di centri di aggregazione dove i giovani possano confrontarsi anche su ansie e paure, valorizzare iniziative di volontariato mirate agli under 18 e rafforzare la rete di sostegno. Ultimo, ma non  meno importante, credo sia facilitare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro».

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