Politica - 01 maggio 2024, 11:51

Cuneo, un accordo (al ribasso) tra Pd e Centro civico salva in extremis la maggioranza

I due maggiori gruppi consiliari escono entrambi scornati sul “caso Fondazione”. Le prospettive, dopo il Consiglio comunale di ieri sera, restano di un cammino incerto disseminato di ostacoli, a fronte di una crescente diffidenza reciproca

Cuneo, un accordo (al ribasso) tra Pd e Centro civico salva in extremis la maggioranza

Le verifiche di governo, specie se riguardano maggioranze eterogenee come quella del Comune di Cuneo, sono percorsi che quando si imboccano di rado portano a soluzioni risolutive e stabili.

L’arte della politica è da sempre il compromesso, ma quello che è stato raggiunto ieri pomeriggio per scongiurare il commissariamento nel municipio del capoluogo non può definirsi “atto politico” ma semmai una frettolosa “spartingaia” (per di più al ribasso) tra Pd e lista civica Centro per Cuneo.

Il Centro rinuncia alla richiesta di mandare il suo coordinatore Beppe Delfino nel Cda della Fondazione CRC a vantaggio di Federico Borgna.

Delfino si dovrà accontentare del posto in Consiglio generale lasciato libero da quest’ultimo.

Il Centro si fa piacere il premio di consolazione e il Pd, dal canto suo, non può  certo dirsi soddisfatto dal momento che l’ex sindaco non è un iscritto al partito.

Fin qui gli ingredienti del compromesso: tutti scontenti senza eccessi né per gli uni né per gli altri.

Ciò che non torna – e lo si percepiva dal tono deprimente degli interventi di ieri sera, tanto dai banchi di maggioranza che di opposizione – è il fatto che un’intesa politica vera e propria tra le due principali forze di maggioranza in Consiglio non la si intravede.

Non poteva scaturire dal fugace incontro di ieri pomeriggio, dove si trattava in fondo di mettere un rattoppo per evitare il precipitare degli eventi, ma nemmeno la si coglie in una prospettiva di medio e lungo termine.

La sindaca, visibilmente provata, ha ricordato che il programma amministrativo è l’elemento caratterizzante della maggioranza, omettendo di considerare che è invece il potere il vero collante tra due gruppi che nulla ormai hanno però in comune.

Sia chiaro, il potere è da sempre parte essenziale della politica, ma anche su questo aspetto si ha l’impressione che le idee non siano chiare né in casa centrista né nel gruppo Pd.

Vincenzo Pellegrino, capogruppo del Centro, ha letto un laconico “pizzino” per dire, in sostanza, che l’abbandono dell’aula della sera precedente non era un atto di sfiducia, ma soltanto un gesto per segnare il punto su alcune questioni.

Tradotto: “non ci piace per nulla ciò che è stato deciso, ma ingoiamo il rospo perché preferiamo stare seduti da questa parte piuttosto che dall’altra”.

Claudia Carli, capogruppo Pd, è apparsa poco convincente nel suo tentativo di chiamare in causa un’opposizione che “predica bene, ma razzola male”.

Anche per le lei le conclusioni sono state all’insegna del “restiamo insieme ma nessuno ci chieda prove d’amore perché non ve ne sono”.  

Per un paio di mesi – salvo imprevisti sempre dietro l’angolo – la maggioranza navigherà a vista.

Poi, a partire dal 10 giugno – dopo l’esito delle elezioni regionali – si capirà se il matrimonio potrà continuare oppure se altri elementi, ben più insidiosi del caso Fondazione, determineranno la separazione.

La morale della seduta consiliare di ieri sera può essere più o meno questa: … e vissero tutti infelici e scontenti.

Giampaolo Testa

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