Attualità - 09 maggio 2024, 17:07

Si riscopre Vigna Ariaudo, l’antico ciabot dell’ortolano, a difesa di ortaggi e frutta dei marchesi di Saluzzo

Lo racconta Aldo Molinengo nel suo ultimo libro “Il giardino della Castiglia e l’antica casa dell’ortolano dei marchesi di Saluzzo”. Il nuovo parco di Saluzzo è stato aperto in anteprima per “La Città svelata” con un boom di partecipazione nella due giorni a questo e agli altri siti. Sarà inaugurato in autunno dopo la fine lavori nell’ex complesso delle Carmelitane

Vigna Ariaudo, il nuovo parco di Saluzzo. visita in anteprima guidati dall'agronomo paesaggista Aldo Molinengo

Vigna Ariaudo, il nuovo parco di Saluzzo. visita in anteprima guidati dall'agronomo paesaggista Aldo Molinengo

Camminate in anteprima in quello che sarà il nuovo parco di Saluzzo nella cosiddetta "vigna Ariaudo", che sarà aperta al pubblico in autunno, dopo la fine dei lavori di recupero e riqualificazione dell'ex complesso delle Carmelitane in via Valoria. 

Il parco, con un’estensione di quasi tre ettari, è identificato come "l'Orto-Giardino dei Marchesi di Saluzzo". Acquistato dal Comune nel 2020, ha mantenuto la conformazione originaria e le testimonianze agronomiche del suo originale utilizzo.  “E’ un grande spazio verde che racchiude un pezzo della quasi millenaria storia di Saluzzo”.  

Durante l’apertura della due giorni, il grande prato sotto la Castiglia, recintato da mura medioevali originali, ha svelato molte curiosità legate alla sua storia, non sempre conosciuta dai saluzzesi.

L’agronomo paesaggista Aldo Molinengo le ha raccolte nel suo ultimo lavoro editoriale “Il giardino della Castiglia e l’antica casa dell’ortolano dei marchesi di Saluzzo” (edito da Mirabolano), frutto dei suoi studi e ricerche e corredato di fotografie unite a documenti storici.

L'esteso prato nel Medioevo rappresentava il terreno utilizzato per farvi crescere piante alimentari come ortaggi e alberi da frutto per la corte.

Il giardino di cui si parla in un documento del 1481, ma che potrebbe essere coevo alla edificazione del castello avviata nel 1270 da Tommaso I, trova una rappresentazione figurativa nel quadro di Pasquale Oddone, custodito nella cappella del Rosario della vicina chiesa di San Giovanni. Un quadro votivo, scrive Molinengo, commissionato nel 1535 come ringraziamento della città per aver resistito all’assedio nel 1487, da parte di Carlo I di Savoia.

“Ed è quasi come se fosse un immagine di oggi”. Così come la sua conformazione è visualizzata nella stampa del Theatrum Sabaudiae del 1682. Appare circondato da mura medioevali, le stesse che ora conserva, delle quali la cinta che corre lungo via Valoria, con l’annessa torre medioevale è stata ristrutturata in base alla convenzione con il Comune, quale opera di urbanizzazione del cantiere privato, relativo alla ex proprietà delle Carmelitane. Recupero che ha restituito un suggestivo angolo inedito della città.

Durante i secoli l’appezzamento di terreno ebbe una lunga serie di passaggi di proprietà con la sostituzione a campo, prato e vigna delle varie tipologie di colture che venivano effettuate nel Marchesato.

L’ultimo passaggio avvenne nel 1971, continua Molinengo, quando il saluzzese Giuseppe Ariaudo acquisì l’area delimitata dalle mura che prese il nome di vigna Ariaudo, essendo allora coltivata con piante di vite, che furono poi estirpate e l’area trasformata in prato stabile, con querce disposte in filari.  

"La più datata traccia medioevale del giardino del castello rimane lo storico fabbricato posto centralmente tra due suoi terrazzamenti". E’ oggi in uno stato di conservazione molto precario ed è riemerso, dopo i lavori di pulitura dell’area, essendo prima totalmente coperto da vegetazione.

Alla base, una pozza d’acqua di sorgente motivo per il quale fu individuata come fonte abbeveratoio degli animali utilizzata durante il Marchesato. "Funzione che sicuramente ebbe - sottolinea l’autore - ma che non fu la preminente dell’antico fabbricato. Secondo lo studioso infatti  fu un casotto di sorveglianza dell’intero terreno, ma sopratutto di sorveglianza dell’orto per evitare furti dei prodotti: ortaggi, ma anche frutti.

Due finestre su ogni lato al piano superiore dell’edificio (erano 8 in tutto) consentivano un costante controllo a 360 gradi e il grande camino di cui rimangono segni di struttura “confermano fosse l’abitazione permanente dell’ortolano e della sua famiglia che vivevano in un’unica stanza. Oggi il fabbricato rimane un importante segno storico e culturale del paesaggio anche se fa sorridere pensarlo come edificio di prevenzione o difesa dal furto di qualche mela o ortaggi".

“Il pregio di questo ciabot, probabilmente il più antico realizzato in muratura non solamente nel Saluzzese, è di essere rimasto testimone della storia di Saluzzo e dell’agricoltura e consuetudini di un tempo”. 

Vilma Brignone

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