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Attualità | 23 maggio 2024, 17:49

"Bisogna parlare con i nostri ragazzi, ascoltarli e cogliere i segnali del loro dolore mentale"

Il dottor Francesco Risso, psichiatra e direttore del Dipartimento di Salute Mentale, parla dei recenti drammatici fatti di cronaca che hanno avuto come protagonisti dei giovani ragazzi. Sui social: "Sono terrificanti, accrescono la solitudine e sono tossici"

"Bisogna parlare con i nostri ragazzi, ascoltarli e cogliere i segnali del loro dolore mentale"

Che cosa sta succedendo ai giovani di oggi?

Una sensazione di smarrimento collettivo accompagna sempre i tragici fatti di cronaca, ancor più quando riguardano dei giovani ragazzi che decidono di chiudere con la vita.

La comunità educante si interroga: genitori, insegnanti, allenatori, animatori... cosa abbiamo sbagliato? Che cosa possiamo fare?

Lo abbiamo chiesto al dottor Francesco Risso, primario di Psichiatria dell’ASL CN 1 e direttore del Dipartimento di Salute Mentale Interaziendale con l’Azienda Sanitaria Ospedaliera S. Croce e Carle di Cuneo.

Risso evidenzia subito come il tema del suicidio sia complesso e coinvolga aspetti sia biologici che sociali che ambientali. E che, dopo gli incidenti stradali, sia diventata la seconda causa di morte in età adolescenziale. Ma, nonostante cio, non si fa abbastanza. "La salute mentale è la principale forma di invalidità della società occidentale - sottolinea ancora. Eppure, non si investe abbastanza in questo ambito, soprattutto in Italia, dove solo il 3% della spesa sanitaria nazionale è destinato a questo capitolo. In Francia, per esempio, siamo al 10%".

Come a dire che si tratta di un'emergenza che non si vuole vedere, sulla quale c'è ancora lo stigma della vergogna. "Nei nostri reparti di Psichiatria abbiamo, ormai da tempo, sempre almeno due ragazzi ricoverati. Per problemi di depressione o per disturbi alimentari o per problemi psicotici, legati spesso all'uso delle sostanze con le quali si cerca di curare il proprio dolore mentale", continua.

Ma quali risposte si possono dare? Parlare con il dottor Risso non è mai indolore. Perché il quadro che presenta coinvolge tutti, nessuno escluso.

"La comunità che guarisce non c'è più. Sono crollati i basamenti della nostra società, a partire dalla famiglia. Ci sono solitudine, narcisismo e individualismo. Parlo da professionista ma anche da padre. Questi ragazzi vanno ascoltati. Nelle famiglie, nelle scuole... non si parla più. Potremmo parlare delle politiche a sostegno delle famiglie, che non ci sono mai state o dello scarso ruolo sociale degli insegnanti. Tutto vero. Ma, e so che può sembrare banale, basterebbe chiedere ai ragazzi come stanno, riuscire a cogliere i segnali di disagio, che ci sono sempre. Invece, siamo così concentrati su noi stessi che abbiamo perso l'empatia, non vediamo il dolore dell'altro. Bisogna dedicare del tempo ai ragazzi, bisogna capirli".

Non manca un cenno ai social. "Sono terrificanti, perché negano la parte relazionale dei ragazzi, accrescono la solitudine e sono tossici. Vedere questi influncer che guadagnano milioni senza fare niente, che sembrano sempre felici e perfetti, porta i ragazzi, soprattutto i più fragili, a scontrarsi con la frustrazione della quotidianità o di quella che vivono come propria inadeguatezza".

Che fare, dunque? "Investire sulle relazioni con i ragazzi, per quanto banale possa sembrare. Può farlo un insegnante o un allenatore, con cui spesso si aprono di più che con la propria famiglia. Ma serve attenzione ed empatia. La Psichiatria organizza dei corsi con chi segue i giovani nelle attività sportive, proprio perché quello può essere un contesto per cogliere le prime avvisaglie. Non solo, sul territorio ci sono dei centri di ascolto per ragazzi dai 14 ai 24 anni. Sono luoghi neutri, a bassa soglia, dove viene garantita la privacy. Ce ne sono a Cuneo, al Rondò dei Talenti (vedi locandina allegata), ma anche a Savigliano, Saluzzo e Mondovì".

Non vuole dare colpe, Risso. Non ne ha la famiglia, non ne ha la scuola. Ne ha, a suo avviso, la politica, quella che dovrebbe avere la P maiuscola. "Le famiglie andrebbero sostenute e aiutate, anche economicamente, così come bisognerebbe investire maggiormente nella scuola e nella cultura del bello. Invece è tutto basato su competizione, soldi, successo. Questi sono i valori da cui siamo bombardati. Ma la crisi che stiamo vivendo ci dice altro: che abbiamo bisogno di qualcuno che ci ascolti e ci capisca".

Files:
 Locandina A3 Al 34 (6.1 MB)

Barbara Simonelli

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