Attraverso Festival ha compiuto dieci anni e li ha celebrati come meglio sa fare: con un viaggio. Non una fuga, ma un ritorno. Quello di Odisseo - e, insieme a lui, di Andrea Pennacchi.
Mercoledì 30 luglio, sul palco dell’Arena Guido Sacerdote del Teatro Sociale “G. Busca” di Alba, Pennacchi ha portato in scena Una piccola Odissea, accompagnato dai musicisti Giorgio Gobbo (autore delle musiche, chitarra e voce), Annamaria Moro (violoncello) e Gianluca Segato (lap steel guitar). Uno spettacolo che fonde mito, racconto orale, autobiografia e memoria collettiva.
Prima che le luci si abbassassero, a prendere la parola è stata Paola Farinetti, direttore artistico, per i saluti istituzionali: «Di solito un festival dura pochi giorni, Attraverso dura mesi. Di solito un festival ha un genere, noi portiamo musica, talk, teatro. Forse la forza di Attraverso sta proprio nell’essere un’anomalia». A lei si è aggiunta l’assessora alla Cultura di Alba, Caterina Pasini, a testimoniare la continuità di un progetto culturale che da dieci anni attraversa territori, storie e linguaggi.
Poi, finalmente, la magia. Pennacchi non sale sul palco: ci entra, come chi torna a casa dopo un lungo viaggio.
Racconta di quando, ancora alle scuole medie, entrò in possesso della sua prima Odissea: «Mio padre gestiva lo stand libri alla Festa dell’Unità del mio quartiere, mentre mia madre regnava incontrastata sulle fumanti cucine». Una copia Garzanti in prosa, rovinata dalla pioggia. Fu la madre a salvarla, stirando pazientemente le pagine una ad una. Poi il regalo del papà, il primo contatto con il mito. Da lì, l’inizio del viaggio.
Ma dentro c’erano mostri, donne bellissime, avventure epiche. E c’era il suo quartiere. «Sembrava esotico, ma anche casalingo», dice. «Ogni tanto ti fermavi e ti chiedevi se stesse parlando di te».
Lo spettacolo diventa così una rilettura personale dell'opera di Omero: Una piccola Odissea parte dalla capanna di Eumeo, lì dove inizia davvero il ritorno di Odisseo a Itaca, e si intreccia con i ricordi di Pennacchi bambino. Le voci di una casa popolare si mescolano al canto epico, l'odore del brodo sul fuoco diventa profumo di ritorno a casa.
PENNACCHI NON RECITA: CONDIVIDE
Con gesti che riempiono il palco e una voce che sa farsi sussurro o tempesta, restituisce l'Odissea a quella dimensione orale da cui proviene. «L'Odissea è una cattedrale di racconti - spiega al pubblico -. La storia si svolge in pochi giorni, ma il resto è narrato da altri: aedi, compagni, Telemaco, Penelope».
Ed è proprio questa polifonia che l'attore sa rendere magistralmente. Ora è il fedele porcaro Eumeo che accoglie il mendicante sconosciuto, ora è Penelope che tesse e disfa la sua tela di attesa.
Il pubblico, ammutolito, si scopre parte di quel viaggio. Negli occhi di chi ascolta si leggono riconoscimenti improvvisi: anche loro hanno vissuto partenze dolorose, attese snervanti, ritorni agognati.
Quando le luci si riaccendono, l'arena esplode in un applauso lungo e sentito. Non è solo ammirazione per la bravura dell'attore: è gratitudine per un regalo. Pennacchi ha restituito al pubblico albese un pezzo della propria storia, ha mostrato come il mito possa abitare le nostre case, i nostri quartieri, le nostre vite.
Perché la cultura, quando è autentica, non intrattiene soltanto. Trasforma.









