Ciao ciao estate, è ricominciata la scuola. Ed eccola lì, la nostalgia. C’è uno strano fenomeno che ci prende in questo particolare periodo dell’anno, chissà perché.
Guardo bambini e ragazzi intorno a me, tutti entusiasti con le cartelle nuove e dentro astucci, libri, quaderni e tanti sogni. Li guardo e vorrei avere una macchina del tempo (come nel film Ritorno al futuro, presente?) che mi riporti ai primi giorni di settembre dei miei... otto anni. Ritornando a quando ero bambina e poi ragazzina, alla fatidica prima campanella dell’anno scolastico.
Se mentre leggete questo pezzo vi ritrovate ad annuire, allora benvenuti nel club. E se tanto mi dà tanto, questa nostalgia vi farà puntualmente pensare al primo giorno di scuola, un mix di eccitazione, ma anche paura, timidezza e ansia.
Vorrei ritrovare compagni, insegnanti e annotare ogni cosa sulla Smemoranda. Sono proprio un’inguaribile romantica. Mi consola, però, sapere di non essere sola. Anzi, c’era Bernardo Negro che ha persino scritto una poesia, rimembrando il ritorno tra i banchi di scuola.
Possiamo dire che i suoi versi siano la forma artistica della nostra nostalgia per il rientro in classe, i potenziatori di quella sensazione di beatitudine legata all’infanzia, quando eravamo felici e senza pensieri. Anche se non lo sapevamo.
Tutti a scuola
Si è fermata l’altalena
ed il gioco ha chiuso le sue carte.
Trilla la campanella mentre il mattino
ti riscalda ancora una volta per una corsa
nei corridoi e nelle aule spalancate.
Tutti a scuola. Lo zaino è ben farcito.
C’è Orazio con il suo “carpe diem”,
c’è Euclide col righello che misura le ampiezze,
c’è Shakespeare con Giulietta al verone della fantasia.
C’è il Preside contento e quello rassegnato.
“Ma ‘sto professore di Italiano scrive poesie?”
No, non ci sono tutti a scuola.
Il ragazzo che vive un lutto non è tornato.
Tanti banchi a Caivano sono vuoti.
Il professore di storia presenta i profughi.
C’è la ragazza etiope con gli occhi abbassati,
c’è lo studente ucraino tristemente fiero.
Non è la rassegnazione il dolore della giovinezza,
ma i pugni chiusi al destino.
Il registro di classe è vuoto e nessuno
ha posto mano al suo diario. Gli sguardi
furtivi tra la biondina di città ed il solido
campagnolo ci sono ancora come l’anno scorso.
Fuori è ancora estate. Verrebbe voglia
di scrivere col sibilare del vento vacanziero.
Ma oggi tutti a scuola! Ora è il silenzio
che precede la parola del Sapere.
Il primo appello è un po’ un rimpianto,
certo una promessa per chi sa ascoltare.
Ma la fantasia si alza dal banco di chi sta
sognando. Fa un giro tra le onde ed i monti.
Poi basta un nome per il risveglio. L’insegnante
legge i nomi con una storia dietro
che nessuno racconterà se non vivendo.
Poesia di Bernardo Negro e disegno di Manuela Fissore





