Schegge di Luce - 16 novembre 2025, 08:16

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi delle Sorelle Clarisse di Bra

Commento al Vangelo del 16 novembre 2025, XXXIII Domenica del Tempo Ordinario

La distruzione del tempio di Gerusalemme, olio su tela di Francesco Hayez

La distruzione del tempio di Gerusalemme, olio su tela di Francesco Hayez

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita» (Lc 21,5-19).


Oggi, 16 novembre 2025, la Chiesa giunge alla XXXIII domenica del Tempo Ordinario (Anno C, colore liturgico verde).

A commentare il Vangelo della Santa Messa sono le Sorelle Clarisse di Bra. Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella loro riflessione per “Schegge di luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole per accendere le ragioni della speranza che è in noi.

Eccolo, il commento.

Ai primi cristiani che chiedevano con ansia «Quando verrà il Regno», l’evangelista Marco risponde “come” attenderlo. A quelli della generazione successiva che, come noi, rischiavano di non attenderlo più, l’evangelista Luca spiega che senso ha attenderlo ancora: l’attesa incammina la nostra storia presente verso la sua vera speranza che non può deludere.

QUANDO. L’angoscia del “quando” è la stessa della morte. Il tempo dell’uomo è limitato. L’uomo cerca di leggere in ciò che accade il presagio di ciò che gli sta a cuore: il quando della fine.

Per gli ascoltatori di Gesù, la distruzione del tempio significa la fine del mondo e il ritorno del Figlio dell’uomo. Per Luca è già avvenuta; Gesù è venuto ad insegnarci che il mondo ha nel Padre il suo inizio e il suo termine, e ci invita a vivere il presente in quest’ottica, l’unica che dà senso alla vita.

Gesù vuole togliere anche quelle ansie e allarmismi sulla fine del mondo, che prosperano ovunque e non fanno che danno. Gesù offre l’alternativa di una vita che si lascia guidare dalla fiducia nel Padre in un atteggiamento di dono e di amore che ha già vinto la morte.

Né le guerre, le rivolte e i grandi segni, né l’assedio e la distruzione di Gerusalemme preludono alla fine: sono solo l’inizio del “tempo dei pagani”, una nuova pagina nella storia della salvezza, aperta ora a tutti.

Il vero indizio che il Regno è vicino e che la vicenda umana va verso il suo compimento è invece la “testimonianza” dei discepoli, che seguono e annunciano il loro Signore in questo mondo di male, facendone il luogo della salvezza.

L’universo finirà, perché ciò che ha inizio ha fine. E finirà anche male, perché non accetta il suo fine. Se sono da evitare allarmismi, non c’è posto neanche per i millenarismi trionfalistici. Tuttavia la vittoria non sarà del male, bensì della fedeltà di Dio al suo amore per noi. La risurrezione del Crocifisso né dà la certezza.

La perseveranza è la virtù (intesa come forza) di chi si scopre dentro un amore che non può venire meno e proprio per questo può resistere, perseverare, rimanendo sotto ogni peso che gli eventi della storia presentano. Perseveranza è quindi caratteristica del discepolo in una comunione indissolubile con il suo maestro, che permette di attraversare le prove con una “forza” che viene da Lui: «Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove» (Lc 22,28), dice Gesù. «Tutto posso in Colui che mi dà la forza» (Fil 4,13), dice il discepolo.

E questo è possibile, perché è l’amore che «Tutto sopporta» (1Cor 13), cioè che rimane sotto il peso dei colpi che la vita ci procura per far emergere tutta la nostra verità e bellezza di figli nel Figlio e di discepoli fedeli di Lui.

Silvia Gullino

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