E’ saluzzese, il giovane ricercatore del Centro di Micro-BioRobotica del Sant'Anna di Pisa e dell’Istituto italiano Tecnologie di Pontedera, della cui ricerca stanno parlando le testate internazionali e nazionali oltre a quelle scientifiche come la ACS Nano, per le nuove strade che apre nel campo della medicina rigenerativa e neuroprotesica insieme alla potenzialità futura di essere impiegata nella cura di malattie come il Parkinson e non solo.
E’ Attilio Marino, 27 anni, diploma al liceo scientifico G.B. Bodoni della città, laureato in neurobiologia a Pisa. Fa parte del team internazionale che comprende il gruppo di giovanissimi scienziati italiani di Micro-BioRobotica, coordinato da Gianni Ciofani e che collabora con il laboratorio Wabios della Waseda University di Tokyo.
Quale la ricerca di cui si parla tanto? "Abbiamo sviluppato un nuovo approccio per stimolare a distanza i neuroni, ma potenzialmente anche altri tipi di cellule - spiega il giovane dottorando - utilizzando le nanoparticelle (di cui Marino si occupa da tempo) che hanno come caratteristica quella di essere piezoelettriche, di convertire cioè energia meccanica in energia elettrica. Una volta a contatto con i neuroni, le nanoparticelle si vanno ad incastonare sulla loro membrana esterna e quando vengono stimolate a distanza con gli ultrasuoni, si comprimono, convertendo questa energia meccanica in potenziale elettrico che eccita le cellule nervose".
Il meccanismo che si basa sulla stimolazione a distanza, wireless, potrà essere usato per il trattamento di patologie che richiedono la stimolazione neurale, risultando non invasiva e eliminando elettrodi connessi al paziente oltre al rischio di tossicità e di allergie. "La tecnica non è ristretta al sistema nervoso – continua Marino - ma potenzialmente può essere utilizzata su altri tessuti biologici eccitabili come quello cardiaco e potrà servire, ad esempio, per la stimolazione del nervo acustico in alcuni casi di sordità.”
Il ricercatore, già selezionato lo scorso anno dall’Esa, l’Agenzia spaziale europea, per sperimentare in condizioni di ipergravità (in una sorta di centrifuga il “Large Diameter Centrifuge” a Noordwijk) il trasferimento di geni, che potrebbe dimostrarsi utile nella lotta alle malattie genetiche, è nel team dell’IIT di Pondera, sempre coordinato da Ciofani, impegnato in un esperimento d’avanguardia che “salirà a bordo” della stazione spaziale internazionale, da cui è appena tornata Samantha Cristoforetti, per studiare le cellule in assenza di gravità.
L’esperimento scientifico riguarda l’azione di contrasto allo stress ossidativo e alla formazione di radicali liberi dannosi nelle cellule muscolari, da parte delle nanoparticelle in condizione di microgravità. Rispetto ai farmaci somministrati agli astronauti per sopportare l’assenza di gravità, le nanoparticelle sono autorigenerative e non devono, in tal senso, essere assunte in continuazione. Potrebbero perciò essere adottate come terapia anti-ossidante durante le prolungate missioni nello spazio. Nella ricerca entra anche lo studio delle patologie muscolari in cui lo stress ossidativo gioca un ruolo chiave.