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Politica | 05 marzo 2020, 17:04

Fondazione Crc: perché quel "no" così affrettato all’offerta di Intesa?

La questione è complessa e interessa tutta la comunità cuneese. Il dibattito dovrebbe uscire dalla sede di via Roma e coinvolgere i vari ambiti istituzionali a partire dalle maggiori città interessate: Cuneo, Mondovì e Alba. Un “tesoretto” potrebbe tornare utile in questa situazione di emergenza, specie là dove il territorio soffre maggiormente

Fondazione Crc: perché quel "no" così affrettato all’offerta di Intesa?

Il Consiglio generale della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, organo cui competono le decisioni riguardanti le operazioni sulla banca conferitaria (Ubi), dopo l’ultima riunione tenutasi a Cuneo per valutare l’offerta di acquisto di Intesa-Unipol a Ubi Banca, ha ribadito la sua contrarietà all’operazione, in sintonia con quanto espresso dal Car (Comitato degli azionisti di riferimento) di Ubi.

Il Car controlla circa il 18% delle azioni Ubi ed è guidato proprio dalla Fondazione cuneese che detiene il 5,9% del capitale del gruppo bancario.

Il presidente della Fondazione CrC Giandomenico Genta, già all’indomani dell’offerta ha respinto con sdegno la proposta di Intesa definendola “ostile ed inaccettabile”.

Stupisce che la questione, che pure è di vasto interesse pubblico, resti al momento confinata entro la sede di via Roma, anche in considerazione del fatto che ad aprile la Fondazione CrC rinnoverà i propri vertici.

Nella nota stampa diffusa all’indomani del Consiglio generale, è detto che la Fondazione CrC  “ha sempre contribuito, da azionista, a porre le condizioni perché Ubi Banca raggiungesse l’attuale solidità e le ottime prospettive di sviluppo, come pienamente riconosciuto dagli analisti.

Come investitore istituzionale, ma soprattutto, come ente filantropico che si occupa dello sviluppo sociale ed economico del territorio pone grande attenzione alle ricadute locali delle proprie scelte”.

Già, ma in quale modo si può pensare di condizionare le ricadute sul sistema bancario locale, dal momento che in questi anni, in varie circostanze, ciò non è stato possibile?
Oggi la situazione nazionale e internazionale, acuita dall’emergenza sanitaria, complica ulteriormente la questione.

Forse sarebbe più chiaro dire che ci sono due aspetti distinti e diversi, non esattamente sovrapponibili, che riguardano uno la disponibilità delle risorse della Fondazione e l’altro gli aspetti della governance con i relativi annessi e connessi.  
Osservatori esterni, ferrati in materia, fanno notare che la proposta di Intesa sarebbe stata estremamente favorevole per la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo per almeno un paio di ragioni.

La prima è che Intesa è ritenuta oggettivamente la migliore banca italiana ed offre da anni buoni dividendi.

La seconda è che vuole acquistare con un premio del 28% sul valore corrente del titolo.

Nel bilancio 2018 della Fondazione il valore dell'azione Ubi risultava essere di 3,76 €.
Il giorno del lancio della Ops (Offerta pubblica di scambio)  arrivata da Intesa, il titolo Ubi valeva 3,31 € ragion per cui, almeno teoricamente, in quel frangente il valore totale della partecipazione avrebbe dovuto essere svalutato.

Intesa lo aveva valutato 4,254 € , quindi, aderendo alla proposta, la Fondazione avrebbe avuto una plusvalenza di 33,4 milioni di euro.

Oggi, a seguito dello stress subito dalla Borsa per l’emergenza Coronavirus, i numeri non sono più quelli, ma restano pur sempre degni di considerazione.

Perché, ci si chiede, i vertici della Fondazione si sono affrettati a respingere un’offerta che, finanziariamente, era allettante, viste le risorse che ne sarebbero derivate?
Su questo sarebbe interessante che la politica, il mondo delle associazioni, quello delle categorie produttive e le istituzioni ai vari livelli – a partire dai Comuni maggiori direttamente interessati, Cuneo, Mondovì e Alba – esprimessero il loro parere.

In una situazione oggettivamente difficile qual è l’attuale un “tesoretto” potrebbe tornare utile per dare una mano al territorio, specie laddove le “sofferenze” fanno sentire i loro effetti con maggior virulenza.

Giampaolo Testa

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