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Schegge di Luce | 22 gennaio 2023, 06:30

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi di don Marco Panero

Commento del Vangelo della Messa del 22 gennaio, III domenica del Tempo ordinario

Santuario nuovo della Madonna dei Fiori, a Bra

Santuario nuovo della Madonna dei Fiori, a Bra

Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti!Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. (Mt 4,12-23). Oggi, 22 gennaio, la Chiesa giunge alla III domenica del Tempo ordinario, detta anche domenica della Parola di Dio (Anno A, colore liturgico verde). A commentare il Vangelo della Santa Messa è il sacerdote salesiano don Marco Panero, professore straordinario di Filosofia Morale, presso l’Università Pontificia Salesiana, a Roma.

Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di Luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole nel perfetto stile di don Bosco per accendere le ragioni della speranza che è in noi.

Eccolo, il commento.

Gran bella cosa è l’anno liturgico! Nella trama del tempo, che si succede al ritmo ciclico delle stagioni, il cristiano ripercorre ogni anno i misteri della vita di Gesù: sempre gli stessi, eppure inesauribili, e per questo necessitano di essere ripresi ogni anno, in date stabilite e attese, che ritmano il cammino della Chiesa e lo orientano al suo compimento.

Sarà il Vangelo secondo Matteo ad accompagnarci nella liturgia domenicale di quest’anno. Da buon narratore, Matteo presenta con cura il contesto in cui prende avvio il ministero pubblico di Gesù in Galilea, tratteggiandone la geografia essenziale.

Trovo bello che il Vangelo parta da questi umili inizi. Una porzione periferica della terra d’Israele, assegnata un tempo alle tribù di Zàbulon e Neftali; un triangolo di pochi chilometri, che ha per estremi le cittadine di Cafarnao, Betsaida e Corazin, poco più che borgate di pescatori. Eppure è la terra che Gesù misurò passo passo con la sua peregrinazione, facendovi risuonare le primizie del suo Vangelo.

Su quelle rive del lago di Galilea ha preso avvio l’evento più importante della storia dell’umanità. Davvero, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta (Mt 4,16). Una luce che mai avevano visto prima, una luce che li illuminava dal di dentro e, rischiarandoli, li rassicurava e li orientava, una luce amabile. È bello che il Vangelo inizi proprio così, conducendoci in Galilea, là dove tutto è cominciato.

Ciascuno di noi ha la sua “Galilea”, alla quale, ogni tanto, si fa bene a tornare col cuore; non per lasciarci cullare da una nostalgia dolciastra, ma per fare memoria grata dell’inizio della nostra amicizia col Signore e, perché no, dell’inizio di quelle relazioni d’amore che tengono in piedi la nostra vita.

Per quanto ci fosse ancora da purificare, il primo amore conserva qualcosa di santo, che ci tiene sulla giusta rotta ed a questa ci riporta. Fare memoria del primo amore è la condizione per farlo nuovamente accendere in noi, qualora fosse sopito dalla delusione o dal rancore.

Com’è consolante scoprire che Dio già si preoccupava teneramente di noi, sin da quando noi ancora non pensavamo a Lui, presi magari dalle mille incombenze dell’età matura. Questo sguardo retrospettivo alla propria storia, fatto in compagnia di Dio, può diventare un vero esercizio di benedizione: di scoperta della benedizione divina sulla nostra vita e, dunque, di grata benedizione elevata a Dio per la sua presenza provvidente.

Chi di noi potrebbe immaginare che cosa sarebbe la nostra vita, chi saremmo noi, se fossimo rimasti all’oscuro della rivelazione divina? Se non ci fosse stata data la grazia di conoscere il Signore, perché, conoscendo Lui, imparassimo a conoscere noi stessi alla sua luce e scoprire così la meta ultima del nostro cammino?

Tornare con la memoria alla nostra piccola “Galilea”, là dove tutto è cominciato, è anche un grande incoraggiamento a perseverare fedelmente sulla strada intrapresa, anche quando lo sconforto o la disillusione potrebbero farci dubitare. Proprio quello è il momento di richiamare alla memoria i giorni memorabili della “Galilea”, degli inizi, in cui avevamo intravisto qualcosa di grande e sconfinatamente bello, tutto promettente. Sì, il Signore lo sta realizzando, proprio ora, magari attraverso un lavorio nascosto - e spesso sofferto - nell’anima. Non dubitiamone, il Signore sta preparando per noi una terra benedetta, sta realizzando la nostra salvezza, la nostra Galilea.

Silvia Gullino

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