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Cronaca | 28 marzo 2024, 14:19

Video e foto hard di bambini su chat: la segnalazione dagli USA manda un cuneese a processo

Il gruppo che condivideva materiale pedopornografico si chiamava "“Canção da Paz”. Tra i 226 partecipanti anche un uomo residente in Granda. Il 21 novembre prossimo, l'imputato parlerà davanti al giudice

Immagine di repertorio

Immagine di repertorio

Proseguirà il 21 novembre prossimo il procedimento in corso al tribunale di Cuneo per diffusione online di materiale pedopornografico.

Nell’agosto 2021 la Polizia postale di Torino ricevette una segnalazione da un’agenzia statunitense, la Homleand Security Agency, che riguardava un’indagine sotto copertura volta al contrasto alla pedopornografia online. L’attività portò ad un arresto e alle analisi di alcuni dispositivi in uso all’arrestato.

Sulla piattaforma Viber, un’applicazione di messaggistica istantanea i cui canali sono accessibili tramite invito, era stato scoperto un gruppo di 226 partecipanti, chiamato “Canção da Paz” (il canto della pace), amministrato da alcuni soggetti latinoamericani. Tra di loro c’erano anche 12 italiani e tra questi ci sarebbe stato anche un cittadino di origine romena residente in provincia di Cuneo. L’uomo si trova ora imputato di fronte al tribunale di Cuneo con l’accusa di detenzione di materiale pedopornografico.

L’ispettore che quell’anno aveva coordinato la squadra della Postale, che effettuò le indagini, aveva spiegato che l’attività si era concentrata sul controllo di tutti i partecipanti del gruppo e su chi avesse precedenti specifici: “C’erano utenti che chiedevano esplicitamente materiale pedopornografico – ha illustrato- e lo facevano con frasi tipo “hai pedo?” o vari acronimi. Risultava che l’utenza telefonica dell’imputato avesse postato un video pornografico a novembre 2020”.

Il contesto del gruppo “Canção fa Paz”, sarebbe stato dunque inequivocabile: “Molto spesso – ha proseguito - in questo tipo di canali la cessione di materiale pedopornografico è l’unica moneta di scambio utilizzata per ottenere altri materiali. Il video che l’imputato aveva inviato ritraeva una bambina di circa 6 anni che aveva un rapporto orale con alcuni adulti”.

La Polizia postale, nel corso delle indagini, aveva sequestrato e analizzato il cellulare dell’imputato. Il capo coordinatore della postale torinese ha spiegato di aver visionato il file system che raccoglieva immagini e video pedopornografici. “Abbiamo scaricato le cartelle di archiviazioni, ma non è stato possibile scaricare la chat”.

Potrebbe essere un caso che sul cellulare dell’imputato fossero arrivati quei contenuti perché involontariamente arrivati da banner pubblicitari o da link? “Quei contenuti hanno un percorso completamente diverso rispetto ai software di messaggistica - ha continuato il testimone -. Non riuscendo ad estrarre le chat non sappiamo i contesti delle conversazioni, quanti fossero i partecipanti e chi scrivesse. Non c’è alcun riferimento visivo. Sappiamo però che quelle immagini sono state visualizzate perché sono state create le miniature”.

CharB.

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