"Cosa ne sarebbe della Ferrero se nei sessant’anni dalla sua invenzione non avesse difeso il nome commerciale che contraddistingue la Nutella? Ecco, un’analoga scelta deve fare la capitale delle Langhe, evitando che il nome Tartufo Bianco d’Alba diventi volgare sinonimo di Tuber Magnatum Pico, potendo venire utilizzato anche per identificare esemplari raccolti in altre zone d’Italia o del mondo".
Così l’avvocato albese Roberto Ponzio, promotore del museo dedicato al padre, il commendator Roberto Ponzio, figura celebrata come il "re dei tartufi", per ragioni familiari e professionali da sempre attento quindi a questo singolare universo e alle sue implicazioni, interviene nel dibattito in corso tra gli operatori del settore in merito alle proposte di legge in campo per dare nuove regole all’ambito riguardante questo pregiato frutto della terra. Un’eccellenza la cui rarità e prelibatezza hanno fatto la fortuna delle Langhe e della loro gastronomia.
Le proposte di legge depositate in Parlamento per mettere mano a una normativa che risale al 1985 sono tre. Una prima, la numero 1612, era stata presentata il 14 dicembre 2023 dalla parlamentare Antonella Forattini insieme ad alcuni altri esponenti del Partito Democratico. Una seconda, la 2310, era stata presentata il 16 marzo scorso con la firma di alcuni rappresentanti di Fratelli d’Italia. L’ultima in ordine di tempo, ora al centro di attenzioni e un vivace dibattito da parte di enti e associazioni del settore, è il disegno di legge 1412, presentato nelle scorse settimane dal senatore Giorgio Maria Bergesio e da alcuni parlamentari della Lega Salvini Premier (leggi qui).
"Nella normativa del 1985 – spiega l’avvocato Ponzio, mettendo sull’avviso anche in vista della discussione parlamentare – la denominazione Tartufo Bianco d’Alba compare soltanto nell’allegato. Abroga quanto detto dalla legge Salari, parlando all’articolo 2 di 'Tuber Magnatum Pico', mentre il toponimo 'Alba' non figura nel testo principale. In questo modo, allo stato attuale, non si consente di fatto che tale denominazione possa essere utilizzata per tutti gli esemplari di quella varietà raccolti sul territorio nazionale. Se tale distinzione dovesse venire meno, come parrebbe scorrendo le diverse formulazioni depositate in Parlamento, si arriverebbe invece a tale paradossale situazione. E’ un nodo da sciogliere. Così facendo il toponimo non indicherebbe l’origine, si volgarizzerebbe il nome di Alba. Si arriverebbe allo stesso paradosso per il quale la varietà 'Langhe' identificava una tipologia di nocciola pregiata, ma senza difenderne in alcun modo la denominazione d’origine. Al quel danno si rimediò combattendo una complessa battaglia legale. Ora si rischia di incorrere nella stessa situazione. Sarebbe una grossa sconfitta per il nostro territorio e finirebbe per creare confusione nel consumatore, alimentando una concorrenza sleale".
"Io non ho interesse economici da difendere, ma la memoria dei miei genitori, che ritenevano questo prodotto migliore e si sono specializzati nella vendita di un prodotto made in Alba – prosegue il legale –. Si guardi al mondo del vino, per un raffronto: il Barolo si produce in 11 comuni, il Barbaresco in 4, il Brunello di Montalcino in uno soltanto. Ecco, il Tartufo Bianco d’Alba si dovrebbe produrre in un particolare territorio, identificabile col Basso Piemonte. Se fosse uguale a quello umbro, marchigiano o emiliano, per quale ragione i turisti dovrebbero venire a consumarlo sulle nostre colline? Davvero non intendo entrare in polemica con alcuno, ma se Recco tutela la sua focaccia, Aosta la sua fontina, Modena il suo aceto balsamico, perché Alba dovrebbe invece svendere il proprio nome. Ci sono la castagna di Cuneo, il carciofo di Paestum, il pomodoro Pachino ha addirittura una sua Igp, perché noi dovremmo consegnare questo questo brand al libero utilizzo di tutti?".
[Con una delle scolaresche che periodicamente visitano lo spazio museale dedicato alla memoria del padre]