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In Breve

| 13 marzo 2013, 07:21

Questo pezzo non è una "pizza", anche se riguarda proprio il delizioso alimento

Questo pezzo non è una "pizza", anche se riguarda proprio il delizioso alimento

Alzi la mano chi non ha mai detto: ci andiamo a mangiare una pizza? Impossibile che esista anche un solo italiano che non abbia mai nemmeno assaggiato uno dei cibi più buoni e famosi sulla faccia della Terra. Che poi il soggetto sia impossibilitato anche solo ad assaggiarla a causa di particolari intolleranze alimentari, è un altro discorso. Ma non si tratta solo di un discorso culinario. La pizza, fa allegria, fa uscita con gli amici per fare due chiacchiere, fa un pranzo veloce ma soddisfacente, fa serata completa, fa divertimento con i bambini.

Per quanto mi riguarda, la adoro. Mi è sufficiente guardare anche solo una fotografia con una pizza, per farmi venire l'acquolina in bocca. La mangerei tutti i giorni, se fosse possibile, e non me ne potrei mai stufare. Purtroppo, per il momento, mi manca l'esperienza della pizza napoletana verace, quella che fanno proprio lì, a Napoli, e che si mangia piegata “ a libretto”. Abitudine nata dalle sue origini.

La pizza nasce infatti come cibo da strada, ed era quindi impossibile mangiarla in altra maniera. Le pizzerie, cioè luoghi dove ci si siede e la si ingurgita con forchetta e coltello, si sono diffuse a Napoli solo a partire dagli anni Cinquanta. Ieri, si potrebbe dire. E si è dovuto aspettare ancora qualche anno per vederne la diffusione a tappeto anche nel resto d'Italia. A Torino, per esempio, le prime pizze che mangiavo da piccola non assomigliavano per niente a quelle che conosciamo adesso. Erano piccole, poco croccanti, molto più simili a quelle che siamo abituati a prepararci in casa. Comunque, buone, erano buone ugualmente.

Quindi, dagli anni Settanta/Ottanta in poi, c'è stato un proliferare di pizzerie, praticamente in tutto il mondo. Tanto che i trasvolatori d’oceano, in direzione New York, quando l’aereo comincia ad abbassarsi su Long Island per atterrare al J.F. Kennedy, la prima parola che leggono dall’oblò dell’apparecchio all’arrivo nel nuovo continente è la gigantesca insegna di una famosa pizza di marca americana.

Per rimanere invece alla diffusione dei locali nelle nostre zone, tanto per rendere l'idea, qui a Cuneo, nel giro di poche centinaia di metri, fra Corso Dante e Piazza Galimberti, il numero dei locali supera la decina, fra ristoranti veri e propri, e punti vendita di pizza al taglio. Fra cui spicca, giusto dal punto di vista della curiosità, un distributore automatico di pizze. Penso che si tratti di preparati precotti, che poi vengano riscaldati al momento. Presumibilmente il target dei possibili mangiatori-di pizze-da-macchinette si dovrebbe ricercare fra i ragazzetti che escono e gironzolano con lattine di energizzante in mano alle tre o quattro del mattino, quando è tutto chiuso. Il prezzo delle suddette è allineato a quelli dei ristoranti, il gusto non lo so. Non ho ancora sentito nessuno che le abbia assaggiate ed io, francamente, non trovo il motivo per comprarne una.

Con una tale varietà di locali, poi, ogni cuneese ha la sua pizzeria preferita. E' un dato molto soggettivo, non credo che esista “la pizzeria più buona di tutta la città” in senso assoluto. Quasi sempre, infatti, quando mi si consiglia di andare a mangiare in un determinato posto, perché “come la fanno lì non la fanno da nessuna altra parte”, mi capita di uscirne delusa. O perché è difficile da digerire, o perché troppo parca negli ingredienti, o perché troppo insipida, o perché troppo sapida. Analogamente, se propongo io la mia pizzeria preferita, non tutti sono poi sono della stessa opinione.

All’origine, di tipi di pizze ce n'erano pochissimi. Marinara, margherita, napoletana. E poi si è iniziato con quelle più arzigogolate. A partire dalla prosciutto, con o senza funghi, alla diavola, quattro stagioni, fino ad arrivare alle aberrazioni del tipo americano. Dove ci mettono di tutto, anche l'ananas e gli smarties. Ma noi cuneesi dobbiamo andare fieri della “pizza dell'Uomo di Mondo”, ovvero la pizza nella quale la napoletanità sposa la cuneesità. Gli “Uomini di Mondo” infatti qualche anno fa commissionarono ad un noto pizzaiolo di Cuneo l'omonima pizza, che dopo innumerevoli esperimenti per trovare il giusto dosaggio affinché fosse squisita e delicata al punto giusto, la confezionò con il rinomato formaggio Castelmagno, tipico delle nostre zone, al posto della tradizionale mozzarella.

Un’autentica delizia da mangiare rigorosamente tagliata a … “cuneo”.

Monica Bruna

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