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In Breve

| 02 dicembre 2015, 07:16

Il bello del quartiere

Disegno di Monica Bruna

Disegno di Monica Bruna

Buongiorno, mi chiamo Osvaldo. E' probabile che qualcuno di voi mi abbia incontrato a Cuneo nel perimetro fra viale Angeli, corso Garibaldi, fin quasi a corso Dante. Nelle mie passeggiate evito corso Nizza perché la trovo troppo caotica, e va bene che ci sono i negozi, ma non mi interessano.

Adoro il mio quartiere. Frequento molto la Camera di Commercio. Mi piace soprattutto il suo giardinetto, un posto che trovo piuttosto tranquillo, con le palme, una rarità in centro città, e pure gli zampilli d'acqua. Di sera s'illumina di luci discrete e, non so perché (non c'entra niente, lo so) mi ricorda un po' il casinò di Sanremo. Anche se io a Sanremo non ci sono mai stato, né credo ci andrò mai.

Anche la dependance della Provincia, dove ci sono gli uffici della Protezione Civile, non mi dispiace affatto. Ultimamente è un po' meno “giungla” di una volta, però trovo che ci sia un certo affollamento. Io preferisco stare per conto mio, gironzolare senza incontrare altri miei simili, che magari ti squadrano diffidenti, ti annusano perfino, e la cosa mi dà un certo fastidio. Ancora mi ricordo di quella volta che un tipo tutto nero mi ha guardato di brutto, dicendomi con atteggiamento da guappo di togliermi dai piedi, che quello era il “suo territorio”. Eh no, bello – gli ho risposto, facendogli lo sguardo cattivo. Questo posto è tuo quanto mio, cioè di nessuno (e poi tanto il mio giardino esclusivo già ce l'ho, quello della Camera di Commercio, che è molto più chic, ho pensato). Difatti l'altro da allora mi ha lasciato in pace.

Cammino molto, non ho di quei gadget moderni, contapassi si chiamano, ma di sicuro ogni giorno macino chilometri. Difatti sono proprio in forma, non un filo di grasso, muscoli tonici, fisichetto scattante (non sono molto alto, ma faccio la mia bella figura lo stesso).

Sono fortunato perché posso permettermelo, di bighellonare così, senza scopo. Mi considero un vero flaneur. Gironzolo, guardo la gente, ogni tanto seguo qualcuno, così, tanto per fare. Ma non do fastidio, a volte neanche se ne accorgono, che gli vado dietro. Con quelli che mi sembrano più simpatici, però, mi faccio notare. Persone che fino ad un attimo prima erano frettolose, perse nei loro pensieri, quando si accorgono di me cambiano espressione. Un sorriso si allarga sulla faccia, iniziano a parlarmi, mi dicono cose molto carine.

Tuttavia una volta ho creato, mio malgrado, un certo scompiglio. Vicino a dove abito c'è un cortiletto di un'altra casa. Non era la prima volta che andavo a farci un salto, né è stata l'ultima. Una tizia mi ha visto lì, preoccupandosi. Non conoscendomi, pensava che mi fossi perso. A me la cosa all'inizio ha dato un po' fastidio. Sono stato sulle mie, non mi andava di dare delle spiegazioni. D'altronde non stavo facendo proprio niente di male. Controllavo che fosse tutto a posto, come mio solito, senza disturbare, quatto quatto. E invece questa tipa qui era proprio un po' troppo insistente ed è arrivata perfino a mettermi le mani addosso. Tanto ha fatto, che alla fine è riuscita a prendere il numero di telefono di dove abito io. Appena si è messa al cellulare, ho colto l'attimo e me ne sono andato.

Ho poi saputo, quella sera, di aver fatto scomodare un po' di persone. La tizia aveva chiamato il signore che sta a casa mia, e lui le aveva spiegato che era normale per me andare anche nei cortili degli altri. E poi la signora, l'altra che sta a casa mia e che mi prepara anche da mangiare, cosicché di ritorno dalla mie passeggiate mi trovo già tutto bello pronto, si era dovuta pure scomodare per andarci a parlare con quella là che si era preoccupata per niente.

Ogni tanto mi capita di incontrarla, e per farle capire che non ce l'ho affatto con lei, le miagolo suadente, mi butto a pancia in su e mi faccio accarezzare. Lei mi sorride, dice “ciao Osvaldo”, perché ha capito che sono “il gatto” del quartiere.

Monica Bruna

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