Per 38 anni è stati uno dei volti simbolo del bar Il Corso di Cuneo. Presenza carismatica, agile e impeccabile dietro il bancone del locale più famoso della città, di cui conosce letteralmente ogni centimetro quadrato.
Massimiliano Manes, per tutti Massimo o semplicemente Max, dal prossimo 1° gennaio andrà in pensione.
Lasciando tutti gli affezionati clienti del bar un po' orfani.
Tra loro ci siamo anche noi della redazione di Targatocn, che guardiamo alla fine dell'anno con una punta di malinconia. Sapevamo che quel momento sarebbe arrivato, ma non fino in fondo.
E invece eccoci qua, ad intervistarlo in vista della pensione.
Massimo tra qualche settimana non sarà più dietro quel bancone, a chiamare tutti con il proprio nome, a ricordare come ognuno prende il caffè: lungo o corto, macchiato freddo o caldo, d'orzo o decaffeinato. Con il bicchiere d'acqua, liscia o frizzante.
A lui non è mai sfuggito niente. Anche quando era girato di spalle, preparando i caffè con la macchina a leva, come se avesse gli occhi dietro.
E poi c'erano le barzellette, le battute, le confidenze con i clienti. Ma anche la capacità di stare al proprio posto, di capire i clienti e comportarsi di conseguenza, dosando simpatia e riservatezza.

Massimo Manes è stato il barista del Corso. Insostituibile, anche per i suoi colleghi.
Originario di Cosenza, è arrivato a Cuneo quando aveva vent'anni. Lavorava già come barista nella sua città, da quando ne aveva 15. La paga era di 450 euro, anche se sulla carta dovevano essere 600.
E' stato suo cognato Roberto Simeoni, che già lavorava al Corso, a farlo arrivare a Cuneo, dove viveva sua sorella Carla. Un incontro quasi da romanzo quello tra Carla e Roberto. Il loro amore ha cambiato la vita di Manes per sempre.
A Cuneo Massimo ha iniziato subito a lavorare per quel bar così esclusivo, frequentato dalla crema della città, dove non tutti, però, avevano rispetto per chi lavorava. Massimo se lo ricorda bene che c'era qualcuno che chiamava i baristi schioccando le dita.
C'era un'attenzione al servizio incredibile, come volevano il signor Piero Basso e la moglie Nina, per i quali tutto doveva sempre essere perfetto. Non si poteva sbagliare. Quando accadeva, accadeva anche di essere ripresi. Ma non mancava mai il chiedere scusa da parte dei due titolari, che sono stati anche famiglia.
Massimo, mentre ne parla, non riesce a trattenere la commozione.
"Mi hanno dato tantissimo. A loro devo tutto. Loro hanno dato a me e io ho dato a loro", sottolinea.
In quel bar passava la storia. Della città, dei suoi professionisti, dei comandanti delle Forze dell'ordine, delle sue celebrità. E passavano anche le celebrità vere, per Manes i calciatori e poco altro.
Perché il calcio è stato, con il lavoro dietro il bancone del Corso, l'altra grande passione della sua vita. Manes ricorda Dino Zoff, Alex Del Piero e poi, da sfegatato interista, Nicola Berti. Tutti di passaggio al Corso.
A Cuneo, oltre al lavoro, Massimo Manes ha trovato anche l'amore.
E' infatti sposato con Adriana, impiegata al Controllo di gestione dell'azienda ospedaliera Santa Croce e Carle di Cuneo. Si sono conosciuti grazie al suo dentista di Morozzo. Con lei Manes ha avuto due figli, Martina, 31 anni, laureata in Economia, e Simone, 27 anni, parrucchiere a Milano, dove lavora nell'atelier di Coppola.
E' molto orgoglioso di loro. E chissà, magari in pensione potrà fare il nonno.
Nel frattempo, continuerà a fare l'arbitro di calcio o inizierà ad allenare le squadre giovanili. A quel mondo non ha intenzione di rinunciare. E per capirlo basti dire che gioca ancora, nella difesa della Castellettese, in terza categoria. "Siamo primi in classifica", dice con orgoglio.
Avrebbe potuto anche giocare in Promozione con il Cavallermaggiore, se non avesse avuto l'impegno del lavoro domenicale. Una proposta, ricorda Massimo, arrivata quando aveva già 32 anni. Ma non accettata. Nel frattempo ha giocato un po' ovunque, in giro per la provincia: prima come punta, poi come centrocampista e ora in difesa.
I colleghi gli hanno sempre permesso di giocare, cambiando i turni per assecondarlo e permettergli di vivere la sua grande passione.

Torna a parlare del lavoro e di quel bar che, nel 2005, ha iniziato un nuovo capitolo, con il cambio di gestione e l'ingresso di cinque soci, tra i quali rimane il figlio di Piero e Nina, Marco Basso.
"Il bar è cambiato, diventando più dinamico e giovanile. Una nuova fase, più al passo con i cambiamenti sociali", sottolinea.
Si commuove nuovamente, nel voler ringraziare pubblicamente i suoi titolari e i suoi colleghi. E, ovviamente, le decine e decine di clienti che in 38 anni sono diventati anche amici. Tra risate, leggerezza, momenti di condivisione.
"Sono sempre stato benvoluto e rispettato, apprezzato per la mia simpatia ma anche per la mia attenzione a non andare mai oltre. Ho sempre saputo come comportarmi, in base a chi avevo di fronte. Questo è frutto di grande esperienza ma anche di indole. Certe cose le devi avere dentro".
E lui ce le aveva. Mai arrabbiato, mai fuori posto. Un sorriso a tutti. Lo dava e lo strappava, con la sua simpatia. "Sono soddisfatto di aver dato così tanto ai cuneesi. Nessuno ci crede che sto per andare in pensione, ma il momento è arrivato. Non sembra vero nemmeno a me. Dietro quel bancone ho visto passare la storia recente di Cuneo".
Resterà disponibile a chiamata, per quando ce ne sarà bisogno. Ma dopo 38 anni, non vedere più Massimo, non sentirlo più scherzare con i clienti e i colleghi, tra il rumore delle tazzine e dei cucchiaini, sarà davvero strano per tutti.














