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| 15 dicembre 2018, 08:52

Food XXX Contest (seconda parte)

“Siamo arrivati ai titoli di coda amico mio, lo scontrino sul piatto d’argento e l’inquadratura stretta sul viso dell’attrice dopo l’eiaculazione facciale, termine ultimo della performance e prodotto finale del vertice consumistico.”

Food XXX Contest (seconda parte)

“Immagini originate nel porno stanno diventando parti integranti delle nostre vite quotidiane, di conseguenza stiamo ascendendo a una “pornografizzazione” della nostra società”

 

[S. Levêque, The Guardian)

 

“[tale industria] ha trasformato il porno da una sottocultura di minore importanza, relegata ai margini della società, in una delle maggiori componenti della cultura popolare americana.”

 

[E. Schlosser, “America Sommersa. Sesso, droga e nuovi schiavi negli Stati Uniti”]

 

“L’industria del porno si qualifica, dunque, come l’industria culturale dell’osceno”

 

[E. Biasin, “Oscenità di brand”]

 

 

Tuffando il cucchiaino in una generosa porzione di tiramisù al Guaranà, mentre il nostro vicino di tavolo gusta una (presumibilmente illegale) creme caramel al Cialis, gettare un’occhiata grandangolare all’interno del “Gola Profonda”, primo e unico porn restaurant per cultori del genere, col suo labirinto d’espositori gremiti di dvd hard come un alveare per fuchi sessuali ad una sola dimensione.

Rincoglioniti dal terzo blowjob (cocktail a base di Kahlùa, Baileys, crema di latte più gin, l’unico cocktail al mondo da bere “senza usare le mani”) immaginare il giusto intreccio semantico fra pornografia e cibo:

 

…lollipop e lolite, big cock and Big Mac, double hamburger and double penetration, white chicks and Black angus, apple pie and creampie, cup cake and cum cake, ice cream and cream on eyes, Blackzilla and Burritozilla, cheese cake and cheese fake, fish and chips and fish on chips, triple sandwich and threesome, once you porn you can’t stop until the end of the whores…

 

“Vedo la concupiscenza nei suoi occhi”, sentir dire al giornalista corretto al Cialis mentre l’incipiente adipe ne gonfia la camicia sgualcita come una nidiata di tassi addormentati.

“Era ebbrezza fino a poco fa. Ora è il gerundio d’una sbronza”.

“Il normale Blowjob non prevede gin ma il proprietario del Gola voleva guadagnare punti. Punti gin.”

“C’è una cosa che non ho capito della sua delirante tirata sul food porn …”

“Sono tutto orecchi …”

“… l’unico attributo anatomico che non affresca queste pareti. Lei ha parlato di piatti creati ad arte e di cucina ornamentale, in un certo senso di trionfo della superficie sulla sostanza, ma la pornografia (alimentare e non) non è fondata sulla spazzatura?”

Occhi come formiche sotto lenti a fondo di bottiglia ci fissano divertiti.

“Nell’iniziale definizione della Cowards e secondo la teoria di Barthes, antecedente di qualche anno, la rappresentazione ornamentale del cibo era una sorta di camuffamento ma anche di status symbol per classi meno abbienti.”

“Per la serie mangiate con gli occhi e solo con quelli.”

“Esatto. Poi gli anni Novanta e il nuovo Millennio hanno cambiato le carte in tavola e il food porn ha finito per identificarsi con immagini close up di cibi saturi di grassi o zuccheri: il cosiddetto junk food. Naturalmente questa metamorfosi è stata aiutata dalla vera rivoluzione dei nostri tempi …”

“Il grunge maledetto di Seattle?”

“Ah ah. No. Internet e i social. Per gentile concessione di Google, la mente di Dio.”

“Nel senso?”

“La parola chiave “food porn” si traduce attualmente in più di venti milioni di risultati su Google, quattro milioni di post su Istagram e quasi altrettanti su Facebook. Solo un’altra cosa è cresciuta in modo così virale grazie alle nuove tecnologie.”

“La pornografia?”

“… ςa va sans dire. Si calcola che gli introiti complessivi dell’industria dell’intrattenimento per adulti uguaglino o addirittura superino il mercato interno hollywoodiano. Non si può più certo parlare di prodotti di nicchia …”

“… di minchia semmai.”

“Un tempo riviste patinate esibivano foto di cibo extralusso che l’uomo medio sognava come le curve cromate della pornostar prediletta. Le nuove tecnologie hanno democraticizzato cibo e sesso ed ora ogni idiota con un telefonino d’ultima generazione posta immagini di panini o gira un video amatoriale con la propria ragazza correndo il rischio (o sperando) d’essere craccato.”

“È la profezia di Wharol: “in futuro tutti  saranno famosi per almeno quindici minuti”.

“Torniamo al marxismo. La rivoluzione prevede che i proletari posseggano i mezzi di produzione. Pornograficamente di riproduzione. La Rete ha ridefinito i rapporti di potere e le nuove tecnologie trasformato i consumatori in produttori. E viceversa.”

“Ho bisogno di bere. Linda!!!” Osservare la cameriera avanzare verso di noi con la lista dei distillati dimenando la clessidra del corpo come una pin-up anni Cinquanta. Ma il flusso del nostro amico giornalista è irrefrenabile: “ al tempo stesso ogni consumatore, sebbene più informato (basta pensare alla catechizzazione di Tripadvisor), avverte una crescente insicurezza socio-economica sui bisogni più complessi e quindi ripara su cibo e sesso il cui baricentro è cupamente inchiodato al presente.”

“Io non ho ancora capito una cosa.”

“Beato lei. Io più cresco meno capisco. A volte penso che la vita sia come infilare l’indice nel buco d’un tessuto, negli anni il dito diventa un pugno.”

“Ogni sua metafora ha sempre una matrice sessuale, ci ha fatto caso? Comunque non ho ancora capito se a lei piaccia questa pornografizzazione del cibo. O il suo contrario.”

“Sento che socialmente parlando sia una deriva e moralmente una metastasi ma ne sono affascinato come da tutte le forme di devianza. Lei sa cos’è un “superstimolo”?”

“No ma aspetti a dirmelo, prima ho bisogno d’un endovena di grappa. Lascia pure la bottiglia tesoro, io e i miei postumi siamo ormai ottimi amici.”

Osservare il culo di Linda allontanarsi sotto lo sguardo polluttorio del nostro amico, già pronto a incamerare immagini per l’onanistico repertorio del proprio “I Porn”.

“Il superstimolo?”

“Ahem, mi scusi. Linda era una delle mie starlette preferite. Negli anni Cinquanta l’etologo Tinbergen scoprì che alcuni animali preferivano versioni più vistose e attraenti degli elementi naturali dei propri ambienti. Uccelli covavano uova finte e più sgargianti rispetto alle loro, pesci attaccavano rivali di plastica con pinne più vivaci del reale e altri uccelli alimentavano pulcini fittizi dal becco brillante. Mi segue?”

“Si. Anche se non ho capito dove voglia arrivare.”

“Sia paziente. Esistono dei food stylist che realizzano foto accattivanti di piatti usando colla al posto del latte, rossetto al posto della marmellata di more o semi di sesamo incollati  a strati di cartone pressato. È lo stesso principio delle porno riviste anni Ottanta/Novanta, ma anche delle immagini su Internet o delle cover dei dvd che ci circondano. Photoshop, latte al posto del seme e via dicendo …”

“… il fascino della finzione.”

“Secondo lo psichiatra Barnett il superstimolo è un’imitazione esagerata del reale che provoca una reazione di maggiore intensità. Le lascio immaginare le implicazioni di marketing legate a questo fenomeno Perché sorride?”

“Sto ripensando a una puntata dei Griffin. La moglie di Peter gli regala un vhs erotico di lei in pose seducenti per risvegliare l’intorpidito rapporto di coppia e c’è una scena in cui fa irruzione in camera da letto vestita in modo provocante per stuzzicarlo e lui le dice, mentre guarda il famoso video: “togliti di lì, mi stai coprendo lo schermo”.

“Ah ah ah. Vedo che ha capito il concetto”.

“La rappresentazione del reale è sempre più godibile, soprattutto se alterata.”

“Secondo uno studio della rivista “Physiology and Behaviour”, risalente al 2012, fissare immagini appetitose di cibo può alterare la percezione del gusto e dell’olfatto aumentando la produzione di grelina, l’ormone che stimola la fame.”

“C’è un dettaglio che però non torna.”

“Quale?”

“Il potere delusivo, e masturbatorio, di quest’immenso apparato superstimolante. Se io mi nutro simbolicamente di food porn e hardcore quando mangerò il mio panino o farò l’amore con la mia ragazza non potrò che restare insoddisfatto.”

“È vero. Difatti lo stesso studio concludeva che i soggetti a campione intervistati parlavano di minore apprezzamento dei cibi precedentemente ammirati in video o in foto. Mentre un altro studio più recente dimostra che fotografare un piatto prima di mangiarlo ne aumenta l’appetibilità, anche in caso di clean food.”

“Va sempre considerato il condizionamento mentale però. Milioni di post non sono soltanto un superstimolo ma un massiccio mutamento culturale.”

“Siamo arrivati ai titoli di coda amico mio, lo scontrino sul piatto d’argento e l’inquadratura stretta sul viso dell’attrice dopo l’eiaculazione facciale, termine ultimo della performance e prodotto finale del vertice consumistico.”

“È stato un piacere conoscerla. Ci vedremo ancora. D’altronde la ripetizione infernale è la cifra pornografica d’ogni ossessione. Anche alimentare. Se volessimo cambiare genere c’è un ristorante giapponese qui vicino. La categoria “sushi” è in fin dei conti meno rischiosa: invece dell’ HIV si rischia “solo” una salmonellosi.

 

                                

Germano Innocenti

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