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In Breve

| 12 ottobre 2019, 14:10

Censura e giochi di potere: Cannibal Holocaust

Qualcuno una volta ha detto che se non incontri mai nulla che ti dia fastidio, significa che non vivi in una società democratica

Censura e giochi di potere: Cannibal Holocaust

“Cannibal Holocaust” è un film italiano del 1980 scritto da Gianfranco Clerici e diretto da Ruggero Deodato, universalmente riconosciuto come una delle pellicole più disturbanti della storia della cinematografia mondiale (oltre a essere il primo mockumentary mai girato).

Il film vede come protagonista il professor Harold Monroe, che raggiunge la foresta amazzonica per indagare su una spedizione di reporter televisivi incaricata di realizzare un servizio sugli indigeni cannibali e di cui non si hanno più notizie. Monroe troverà i loro cadaveri e il materiale girato, ben più inquietante di quanto si sarebbe mai aspettato.

Magari l'avrete sentito o letto – prima che il centro del dibattito a livello mondiale si spostasse su neonazisti fuori tempo massimo e presidenti americani che decidono di condannare a morte i propri stessi alleati nella “guerra al terrore” - : la Cina sta chiudendo tutte le porte alle attività e alle iniziative, persino quelle benefiche, organizzate e marchiate National Basketball Association.

Un rapporto complesso ma fortemente cercato per spiccate e comprensibilissime ragioni economiche quello tra i colossi cinesi e la NBA, allo stesso modo in cui comincia adesso a funzionare quello tra il paese e le produzioni holywoodiane.

Un rapporto apparentemente inaspritosi in modo non risolvibile dopo alcune dichiarazioni da parte di Daryl Morey, general manager degli Houston Rockets (una delle squadre più in vista della lega e, curiosità, quella in cui ha militato la stella più riconoscibile e riconosciuta del basket cinese, il gigantesco e leggendario Yao Ming), realizzate via Twitter e a sostegno delle proteste pro-democrazia tenutesi negli scorsi giorni a Hong Kong.

Una presa di posizione che (molto) poco è piaciuta al governo cinese, che ha disposto la cancellazione dai palinsesti televisivi dei “China Games” - le partite di pre-campionato giocate proprio sul territorio dello stato – e ha recentemente cancellato anche gli incontri con i giocatori del programma di solidarietà “NBA Cares”. Adam Silver, leader maximo della lega, ha sottolineato però che nessuno dirà “alle squadre e agli staff che cosa possono dire o pensare”, schierandosi di fatto a sostegno di Morey.

Ovviamente è la reazione del governo che preoccupa. Una censura indiscriminata, un'interruzione di rapporti netta e (ripeto, apparentemente) senza possibilità di ritorno per il semplice fatto che uno degli ingranaggi della lega di basket più grande del mondo abbia espresso la propria opinione.

Detesto la censura, specie se comminata in questo modo. Perché è pura e semplice prepotenza: la Cina – che pure nel basket vede uno degli sport più seguiti, specie in quello di matrice americana – sa bene che il proprio bacino di utenti potenziale fa gola all'NBA, quindi vi fa leva senza alcuna remora, chiudendo i rubinetti dalla sera alla mattina.

Detesto la censura perché è il modo perfetto per soffocare l'altro senza cercare di comprendere nel merito il nocciolo della questione.

In questo senso “Cannibal Holocaust” è un esempio perfetto, più per la propria storia produttiva travagliata che per la qualità vera e propria del film (che comunque rimane davvero elevata, l'opera di Deodato è sinceramente un vero e proprio pezzo di storia se non altro perché ha dato l'avvio a un genere intero).

La pellicola infatti all'uscita è stata indicata come “opera contraria al buon costume e alla morale” a causa delle tante e davvero realistiche scene di violenza su persone e animali.

La produzione fu denunciata da un cittadino di Roma, alcuni vandali hanno imbrattato i manifesta della prima, addirittura Deodato, Clerici, i produttori e i distributori del film vennero condannati a quattro mesi di reclusione, 400mila lire di multa e un mese di arresto con la condizionale: nelle successive fasi del processo vennero chiamati addirittura i quattro attori protagonisti per dimostrare che fossero vivi e vegeti, e spiegati diversi passaggi tecnici relativi agli effetti speciali per dimostrare che le scene di violenza non fossero state realmente messe in atto, ma ricostruite.

La Corte di Cassazione ha poi permesso l'uscita del film nel 1984, riabilitando anche gli imputati.

Ma il danno ormai era stato fatto: in Italia la pellicola ha incassato 360 milioni di lire in totale e a fronte di un successo molto ampio all'estero (guarda caso, soprattutto in Giappone) “Cannibal Holocaust” è da considerarsi con ragionevolezza il film più censurato, bandito e tagliato della storia del cinema.

Isomma, abbiamo rischiato di perderci uno dei più importanti film della storia, un'allegoria di genere davvero convincente su quanto la società mediatica dell'occidente sia ben più insaziabile degli spietati cannibali amazzonici.

In nome, tra l'altro, di concetti come la moralità e il buon gusto, che non spesso non riusciamo a riconsiderare quando si parla di opere d'Arte. O, più semplicemente, quando si parla di vita concreta.

Qualcuno una volta ha detto che se non incontri mai nulla che ti dia fastidio, significa che non vivi in una società democratica.

simone giraudi

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