Si chiama “Computer quantistico” ed è uno dei concetti tecnologici più in voga fin dagli anni '80, quando Richard Feynman (newyorkese premio nobel per la Fisica nel 1965) l'ha teorizzato per la prima volta. Chi ne capisce davvero, e quindi sicuramente non il sottoscritto che in Fisica non è mai andato particolarmente forte, vi potrebbe spiegare che si tratta della nuova frontiera per l'informazione digitale, basata sulle meccaniche della Meccanica Quantistica: un computer capace di elaborare dati a una velocità enormemente superiore a quelli che ormai tutti possediamo a casa e/o al lavoro.
Questo Computer quantistico è al centro del dottorato di ricerca che Alessandro e Francesca, rispettivamente di Robilante e Cuneo, stanno seguendo alla National University of Singapore; insieme (non solo professionalmente) da quando frequentavano le aule del Liceo Scientifico “G.Peano” di Cuneo all'interno dell'ormai scomparso indirizzo “biologico sanitario”, hanno frequentato l'Università di Torino nei corsi di Fisica e Ingegneria Fisica, e dopo il conseguimento della laurea triennale ne hanno ottenuta una magistrale sperimentandola proprio a Singapore.
Un cambio, quindi, non solo di stato ma addirittura di continente, con le frontiere della Fisica moderna sempre all'orizzonte. Con Alessandro e Francesca, abbiamo fatto quattro chiacchiere.
- Da Cuneo a Singapore il salto non è immediato; come mai avete scelto l'Asia, come continente in cui andare a vivere e lavorare, e perché Singapore?
Entrambi abbiamo seguito corsi di informazione e computazione quantistica alla facoltà di Fisica dell'Università degli Studi di Torino, specializzazione in "Fisica dei Sistemi Complessi". Eravamo pochissimi studenti, sei per l'esattezza (tre piemontesi, un romano, un sardo e un campano), e dopo un anno e mezzo, ad esami finiti, abbiamo dovuto cercarci una tesi per poterci laureare. Torino è una delle pochissime Università in Italia ad offrire questo ramo di studi ma purtroppo la ricerca sperimentale non è ancora sviluppata (eccezion fatta per l'INRIM, Istituto Nazionale Ricerca Metrologica, dove Francesca ha conseguito la laurea in Ingegneria Fisica) in quanto richiede un costo tutt'altro che indifferente (si parla di milioni di dollari ad esperimento).
Giappone, Australia, Singapore, Stati Uniti e Germania sono alcune delle possibili mete dove il progresso è all'ordine del giorno. Dopo qualche scambio di mail e un colloquio informale su Skype siamo stati presi a Singapore nel dicembre 2014. Non ci abbiamo pensato due volte e ci siamo imbarcati in questa avventura.
Abbiamo iniziato con il trascorrere sei mesi come tesisti (internships). Il centro in cui lavoravamo e lavoriamo tutt'ora, il Centre for Quantum Technologies (National University of Singapore), è stato fondato nel 2007 come "Research Centre of Excellence" dal governo di Singapore (insieme a tanti altri in svariate discipline scientifiche). Il loro obbiettivo è chiaro fin da subito, avere una ricerca scientifica allo "state of the art" ed investire sui giovani studenti provenienti da tutto il mondo (Europa in primis). Dopo i primi tre mesi con questa "tigre asiatica" ci è stato proposto il dottorato di ricerca per quattro o cinque anni (ad ingresso diretto) e vista l'ottima esperienza abbiamo accettato nuovamente.
- Cosa vi sta dando l'esperienza personale e lavorativa a Singapore?
A livello lavorativo penso sia una delle migliori esperienze che potessimo fare, non passa un giorno che non ci si senta contenti e realizzati nel lavorare qui. Tutto quello che ci può offrire, questo centro di ricerca ce lo sta dando: si ha in continuazione la possibilità di arricchire le proprie conoscenze e incontrare persone nuove da tutto il mondo grazie alle molteplici conferenze, incontri, seminari che vengono continuamente svolti a Singapore.
In poco più di un anno abbiamo avuto l'opportunità di conoscere e scambiare opinioni con diversi Premi Nobel (per la Fisica e non) tra cui Carlo Rubbia (nostro connazionale), Steven Chu, Claude Cohen-Tannoudji, Gerardus 't Hooft, Anthony James Leggett, Serge Haroche. Inoltre la borsa di studio del CQT ti permette di viaggiare per conferenze all'estero, acquistare libri e software, frequentare i corsi universitari gratuitamente oltre che a provvedere ad un normale stipendio. Insomma non potremmo chiedere di più. E l'esperienza personale non è da meno.
Siamo arrivati in questa città senza conoscerla, una piccola isola a 100km dall'equatore racchiusa dall'Indonesia e collegata con due ponti alla Malaysia, e fin da subito abbiamo notato che non ha una vera e propria identità culturale. Qui vive ogni etnia e ogni religione, nessuna esclusa. Non è la classica città orientale immersa nel grigiore dello smog perenne, ma una città cresciuta in mezzo ad una foresta pluviale e che di essa ne mantiene ancora alcune enormi riserve nel centro città (senza parlare del fatto che non esiste strada senza alberi). Ovviamente mancano le famiglie e gli amici italiani, ma questo sforzo è tutt'altro che inutile per costruirsi un futuro.
Non solo l'ambiente lavorativo, la borsa di studio, l'internazionalità sono attraenti, ma Singapore è un posto perfetta per vivere tra sole, mare, foreste equatoriali (e spesso fin troppo caldo). Il cibo e i trasporti costano una miseria rispetto all'Italia e gli stipendi sono copiosi (secondo Wikipedia un abitante ogni sei è milionario), la città è pulita, criminalità e corruzione sono prossimi allo zero e le pene sono (forse) esagerate (importare chewing gum puo' costare 700 dollari di multa dal momento che sporcano le strade).
L'impatto con il mondo asiatico non è stato brusco in quanto molti occidentali vivono qui e la lingua principale è l'inglese, seguito dal cinese. Persone con culture e abitudini diverse vivono in armonia senza problemi e senza controversie; per esempio nel nostro gruppo siamo diciotto ragazzi e un professore delle seguenti nazioni: Cina, Malaysia, Myanmar, India, Spagna, Germania, Italia, Polonia, Canada, Vietnam, Grecia e Singapore ovviamente. Se poi interessa approfondire la cultura orientale al di fuori della metropoli, con pochi soldi si possono raggiungere tutte le altre mete asiatiche grazie all'enorme hub aeroportuale.
- Spesso, la nostra immaginazione "da occidentali" dipinge la cultura asiatica attraverso alcune particolari categorie e caratteristiche, ben precise e spesso per forza di cose poco aderenti alla realtà dei fatti. Quanti dei vostri "pregiudizi" (in senso buono) sono poi stati comprovati?
Effettivamente ci sono un po' di pregiudizi nei confronti dei paesi asiatici: il cibo di origine sospetta, milioni di persone che pensano esclusivamente al loro lavoro ammassati in case cubicolo... ma Singapore è nota per due cose alle persone che ci vivono e che imparano a conoscerla: il cibo e lo shopping. La gente qui ha una cultura del cibo e della cucina pazzesca e anche noi ormai ci siamo abituati e la prima cosa che consigliamo ai turisti sono i ristoranti in cui andare a mangiare; in generale cibo asiatico, e in particolare quello del sud-est, è buonissimo, ricco di sapori e molto speziato.
Effettivamente, però, eccettuati i centri di ricerca altamente internazionali, l'ambiente lavorativo (quello d'ufficio o industriale), ha orari e ritmi faticosi: vige la cultura cinese del lavorare sempre e comunque perché l'accumulo e il risparmio dei soldi è fondamentale. Se poi si pensa ai grattacieli, essi vengono spesso completati in sei mesi grazie ai ritmi estenuanti delle imprese di costruzioni.
Per quanto riguarda la popolazione locale, è fatta di persone molto disponibili e, nonostante siano più introversi rispetto ad un italiano medio, fare amicizie non è impossibile. Basta saper rispettare i loro tempi e le loro usanze.
- Il modo in cui siete approdati a questa esperienza è davvero uno spaccato di realtà. Credete che sia una deriva endemica, quella dell'Italia di formare l'eccellenza senza poi riuscire a coltivarla davvero, a "tenersela"? Quali soluzioni proponete, se ne avete?
Una cosa è certa: l'istruzione che l'Italia ci ha offerto (parliamo per l'ambito scientifico) è da invidiare. Non serve essere alla National University of Singapore (prima università in Asia e dodicesima al mondo) o all'MIT di Boston (prima università al mondo) per avere una preparazione fuori dal comune; siamo contenti di aver frequentato l'Università a Torino perché i risultati ci sono e spesso ci ritroviamo con conoscenze molto più approfondite rispetto ai compagni intercontinentali.
Il post-università, invece, non è quello che uno si aspetta, dottorato sicuro, borsa di studio sicura, posto di lavoro. Aprendo gli orizzonti al di fuori dei confini italiani si scoprono una varietà di offerte che in Italia purtroppo ci sogniamo solamente. Non ci sono fondi per costruire dei laboratori "top notch" e fare concorrenza ai grandi gruppi stranieri. Finché in Italia si continuerà a non riconoscere il giusto valore al progresso scientifico, potremmo non giungere mai a una soluzione.
Il nostro consiglio è che se siete studenti in prossimità della fine degli studi, non abbiate paura di chiedere: una email non costa nulla, e magari ti cambia la vita.



