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Attualità | 08 luglio 2024, 18:26

Alba, nuovi passi per Ho Cura: il timone dell’associazione passa da Mavi Oddero a Luciana Saglietti

Il sodalizio si occupa di cure palliative e assistenza ai malati terminali. La neo presidente: "Abbiamo bisogno di volontari, riuscire a essere di conforto a qualcuno è una sensazione impagabile, che migliora le mie giornate"

A sinistra il presidente di "Ho Cura" Luciana Saglietti con l'ex dirigente Maria Vittoria Oddero

A sinistra il presidente di "Ho Cura" Luciana Saglietti con l'ex dirigente Maria Vittoria Oddero

Un cambio solo formale, non sostanziale ha riguardato l'associazione albese "Ho cura" che si occupa di cure palliative e dell'assistenza ai malati terminali. La nuova presidente è Luciana Saglietti che prende il posto di Maria Vittoria Oddero. Un passaggio di testimone, in una realtà che affronta ogni giorno un vaggio simbolico, filosofico tra i confini della paura, del tabù, della malattia, del fine vita e della speranza da infondere in noi e negli altri.

Da dove partirà?
"Continuerò a percorrere la strada tracciata da Mavi Oddero, lei continuerà a essere nel direttivo, come vicepresidente e io non smetterò mai di ringraziarla. Le nostre attività hanno innanzitutto come finalità la diffusione sempre più su larga scala delle cure palliative: mai come oggi c'è bisogno di questo. La conoscenza delle cure palliative è scarsa e bisogna agire ad ampio raggio".

Partendo dalla scuole.
"Abbiamo portato 'Ho cura' nelle scuole, da quella primaria ai licei, partendo dai bambini fino ai giovani adulti, per fare conoscere il concetto sia di cura che di cure palliative. Si deve partire a diffondere il concetto di cura, perché noi tutti dobbiamo avere cura di noi stessi per prenderci cura degli altri. Da qui posso parlare delle cure palliative e di conseguenza anche di fine vita a tutti quelli che posso, perché prendere coscienza di questo tema renderà sempre la nostra vita migliore".

La consapevolezza parte dai giovani
"La nostra associazione sta diventando sempre più importante, ormai abbiamo 120 soci, ma vogliamo anche abbassare l'età, quindi stanno arrivando dei giovani. Vorrei veramente fare conoscere questa associazione, far conoscere le idee che noi stiamo diffondendo, perché come hanno cambiato la vita a me e a molti di noi in questi anni credo che possano fare del bene a tutti".

Come l'hanno cambiata?
"Da sempre sono stata interessata alle tematiche di fine vita, sarà per la formazione o per indole. Quando ho scoperto "Ho cura" nel 2016 e ho fatto il corso, le confesso che affrontare questa tematica da così vicino, mi ha cambiata. Ho perso mia mamma in giovane età, ho avuto tante persone malate, alcune morte di cancro, ma la prospettiva che mi hanno insegnato i volontari è stata uno spiraglio di luce. Non c'era solo tristezza, ma consapevolezza e da lì è nato il mio percorso".

Voi vi occupate anche di assistenza.
"Intesa come accompagnamento ai malati terminali di cancro. Questa è una cosa che io faccio da anni e che, ripeto, rende la mia vita preziosissima. Non si può pretendere che tutte le persone con cui parli abbraccino questo ruolo, perché è una cosa particolare, profonda e pesante. Però farlo conoscere è importante".

Si tratta anche di una questione culturale.
"Non c'è da noi la cultura delle cure palliative o del fine vita, noi viviamo con l'idea di essere belli, sempre in forma, sempre giovani, perché la società ci vuole così. E la morte non dobbiamo guardarla: invece dobbiamo avvicinarci a lei senza tristezza, senza pesantezza, ma con consapevolezza".

Lei è diventata consapevole?
"Non avrei mai pensato di andare in un hospice e di riuscire a tenere la mano di una persona morente, di riuscire a dire una parola gentile e di conforto per lei e per i suoi familiari, senza tentennamenti e non perché io sia particolarmente speciale".

Che cosa le lascia questa esperienza?
"Quando esco dall'hospice, non sono mai triste, sento una forma di gioia dentro di me che mi fa apprezzare più la vita, mi fa lamentare meno dei problemi quotidiani, una sensazione che mi impreziosisce. E poi il fatto di essere stata utile anche solo un'ora, due ore, tre ore a qualcuno, mi ripaga mille volte tanto di quel poco che gli ho potuto dare. E questo cambia la mia vita ogni giorno, ogni settimana. Ed è una sensazione che mi fa bene, come un germoglio interiore che cresce continuamente. Se io riuscissi a trasmettere questo agli altri, sarebbe il successo migliore della mia vita".

Daniele Vaira

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