L'Italia. Il paese della pizza, della pasta, e del caffè. Uno stereotipo, certo, che però contiene del vero. Il turista italiano che all'estero va alla ricerca del bar dove fanno un caffè “decente”, che setaccia i locali ad uno ad uno, per poi comparare e alla fine scegliere quello che più si avvicina alla sua bevanda preferita, è un classico delle vacanze. Perché come il caffè italiano, non ce n'è per nessuno.
Può essere. Sta di fatto che ogni paese ha il suo tipo di bevanda tradizionale, che può essere il caffè, o qualcos'altro. E, in questo caso, vedi la Gran Bretagna, dove il tè ha di gran lunga la meglio su tutte le altre bevande, il caffè finisce per diventare un intruglio obiettivamente imbevibile. Sarà anche per questo, che Starbucks, il gigante delle catene di caffè sparsi per il mondo, ha così facilmente attecchito ovunque, tranne che in Italia.
Recentemente ci sono state voci che fra le centinaia di nuovi punti vendita in Europa che Starbucks starebbe per aprire, potrebbero essercene alcuni anche da noi. Finora il gigante del caffè aveva esitato ad espandersi nel nostro paese perché lo considerava il "regno" della suddetta bevanda: "È possibile per un marchio internazionale rigenerare una tradizione locale presso il popolo che l'ha creata?", si chiede un giornalista americano. Commento del blog americano Jaunted: "Naturalmente siamo tutti dell'idea di preservare la cultura del caffè di altri paesi, ma la maggior parte degli Starbucks all'estero può offrire qualcosa di irresistibile: la combinazione del WiFi gratuito e dell'aria condizionata".
Per noi italiani sarebbe una ragione sufficiente? Ne dubito. Tra l'altro, chiediamo il caffè in cento modi diversi: ristretto, lungo, con latte (caldo o freddo in tazza o a parte...), macchiato, col cioccolato, al gingseng, decaffeinato, mentre all'estero è praticamente uno solo, e nelle loro pubblicità lo reclamizzano sempre come caffè all'italiana, garanzia di migliore qualità.
Pur essendo fermamente convinta del primato del caffè italiano, tempo fa mi sono comprata una caffettiera per preparare il caffè americano. Era un pallino che avevo da circa vent'anni, da quando, cioè, avevo visto "Twin Peaks" alla tv dove spesso l'agente Dale Cooper (Kyle MacLachlan) si prendeva una tazza di caffè nel bar della omonima cittadina. Al che mi veniva da pensare : "Uhm, me lo berrei anch'io volentieri un bel caffè lungo americano". L'aggeggio l'ho acquistato a Nizza, dove se ne possono trovare di tantissime marche ed a tutti i prezzi, accanto alle nostre macchinette della moka. Che sembrerebbe un oggetto sconosciuto per i non italiani.
Mi trovavo infatti in un negozio di elettrodomestici a Cannes quando sono stata avvicinata da una signora, che dopo avermi chiesto se ero italiana, mi ha pregato di spiegarle il funzionamento della moka e quale modello facesse il caffè migliore. Le ho spiegato il tutto, sentendomi molto fiera come divulgatrice di italianità verace all'estero. La tizia, convinta, se l'è poi comprata.
Tornando alla caffettiera, l'uso è molto semplice: serbatoio con acqua, filtri monouso e comune caffè macinato. Si sceglie il numero di tazze, si accende e dopo qualche minuto ecco scendere goccia a goccia il caffè nella caraffa (proprio come quella dell'agente Cooper), che rimane al caldo sulla base termica per un bel po'. Tant'è che si può anche programmare, in modo da avere un bel caffè caldo pronto per colazione. Non sono peraltro d'accordo con chi dice che il caffè americano è imbevibile. A me piacciono tutti i tipi di caffè, e cambio spesso: dal Nescafè liofilizzato, a quello di George (Clooney), all'espresso da bar.
Perché nella vita bisogna provare un po' di tutto, o no ?



