Senza entrare nel centro abitato di Peveragno si imbocca strada Canet, che conduce alla frazione di Montefallonio. All’incrocio con via Gavotto si percorre quest’ultima per quasi un chilometro. Poi, a sinistra, dopo 200 metri di un tragitto sterrato, c’è Tetto Isabella: un complesso rurale di fine 1800, ora rimesso a nuovo e molto accogliente.
Lì, a 580 metri di quota, dove respiri la Natura a pieni polmoni, si trova la sede dell’azienda agricola di cui è titolare, dal 2017, Danilo Ellena, nato nel 1985, diploma alla scuola dell’obbligo. Gli danno un mano, a livello famigliare, papà Stefano e mamma Maria Angela, 70 e 65 anni. Quando può lo aiuta la moglie Ilenia, 29 anni, che, però, è impiegata in un’impresa della zona. Hanno una figlia: Angelica di due anni. Della famiglia Ellena fa parte anche la sorella Cristina, 41 anni, impegnata in un altro lavoro.
Danilo coltiva 10 ettari di terreno, tutti nel Comune di Peveragno, a fragole, mirtilli, nergi e mais: quest’ultimo serve ad alimentare i polli nostrani da carne allevati a terra in due strutture prefabbricate di 400 metri quadrati ciascuna e costruite seguendo tutte le norme imposte dalle leggi in materia. Inoltre, produce orzo e grano di cui per gli animali utilizza la paglia come lettiera. Terminata la raccolta delle due colture, vengono poi piantate le zucche e le rape.
“La scuola - racconta Danilo - non è mai stato il mio forte. Quando la frequentavo ho sempre avuto in testa di fare questo mestiere, perché mi piaceva. Fin da piccolo aiutavo i genitori. Questa è stata ed è la mia passione. Sono soddisfatto della scelta: non tornerei più indietro per cercare altre occupazioni. Anche se, certamente, serve molto impegno per rendere l’azienda sostenibile a livello economico”.
Chiediamo ai genitori se sono contenti della decisione di Danilo. “Se non avesse continuato - dicono - forse, ora, saremmo più tranquilli. Però vedere che l’attività di famiglia, iniziata più di cento anni fa, prosegue, ci lascia felici”.
Aggiunge Stefano: “Quando Danilo ha preso in mano l’azienda gli ho raccomandato: io e i tuoi nonni l’abbiamo costruita, se tu la modifichi troppo o la smonti a pezzi non la rimetti più in piedi. A tirare su un’attività ci vanno diverse generazioni, a distruggerla basta poco o nulla. Soprattutto adesso che è tutto più difficile rispetto a quando abbiamo iniziato noi”.
LA STORIA DELL’AZIENDA E DELLE COLTIVAZIONI
Tetto Isabella risale a fine 1800. Il nome compare anche adesso sulla facciata dell’abitazione rimessa a nuovo durante i decenni. In quel periodo si occupano della struttura rurale i bisnonni di Danilo, Guglielmo e Maddalena. A loro dà un mano il figlio Antonio che subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale si sposa con Maria. Tutti insieme portano avanti l’azienda.
Durante gli Anni Sessanta si aggiunge il papà di Danilo, Stefano. “Anche io - spiega - ho sempre lavorato a Tetto Isabella. Nel 1976 mi sono sposato con Maria Angela e i miei genitori ci hanno ceduto l’azienda. Allora avevamo una decina di giornate di terreno e qualche bovino di Razza Piemontese. Ma, da qualche anno, d’accordo con papà e mamma, avevamo provato ad allevare i polli da carne: pochi, più o meno cinquecento. Per i tempi, era un’innovazione. Poi, passo dopo passo, abbiamo acquistato altra terra e iniziato a coltivare le fragole. Le cose andavano bene. Certo, se avessi fatto l’operaio in fabbrica avrei avuto meno grattacapi ma, tutto sommato, sono soddisfatto del cammino percorso”.
Sottolinea Maria Angela: “Abbiamo sempre lavorato con molto impegno e dedicando tante ore all’attività, però siamo riusciti a tirare avanti”.
Con il passare degli anni la famiglia abbandona l’allevamento dei bovini piemontesi per dedicarsi a quello dei polli. E nei campi la coltivazione viene arricchita da altri piccoli frutti.
Adesso Danilo, diventato titolare dell’azienda nel 2017, gestisce 10 ettari di terreno. Principalmente coltiva il mais che viene raccolto, defogliato e sistemato nei grandi contenitori all’aperto a fine ottobre, per consentirne l’essiccazione naturale. Poi, a giugno dell’anno dopo, procede alla trebbiatura delle pannocchie da cui escono i chicchi che, in seguito, vengono macinati per diventare farina. Quest’ultima, miscelata direttamente in azienda con altri prodotti controllati e certificati diventa l’alimento di qualità destinato ai polli. “Siamo autosufficienti per cibare gli animali - precisa Danilo - e questa rappresenta già un bel traguardo”.
Un’altra parte di terreni viene dedicata alla coltivazione del grano e dell’orzo. I cereali sono venduti ai grossisti. In azienda rimane la paglia utilizzata come lettiera per i polli. Dopo la produzione di grano e di orzo nei campi si mettono a dimora le rape e le zucche.
La restante superficie viene utilizzata per produrre alcune varietà di frutta. A partire dalle fragole: 10 mila piante di rifiorenti fuori suolo nelle canaline raccolte da maggio a ottobre e 5 mila a terra unifere pronte nel periodo maggio-giugno. Tutte, però, sono sotto serra. A queste si aggiungono i mirtilli (2.000 metri quadrati di terreno) e due colture sperimentali: una giornata di nergi impiantata nel 2016 che, lo scorso anno, ha iniziato a dare i primi frutti e un’altra giornata di uva fragola messa a dimora nel 2019 che entrerà nella fase di piena produzione tra un paio di anni. “I nergi - afferma Danilo - promettono bene. L’uva fragola speriamo che ci dia le soddisfazioni attese”.
L’intera quantità di ortofrutta - anche le rape e le zucche - Danilo la vende alla cooperativa Agrifrutta di Peveragno di cui erano già soci i genitori.
LA QUALITA’ E LA SICUREZZA ALIMENTARE NELLE COLTURE
Danilo: “Il mais, soprattutto, e gli altri cereali sono biologici: non facciamo alcun tipo di trattamento. Effettuiamo la rotazione delle colture, applicando l’antico sistema contadino che continua a essere il migliore. Così, a ogni stagione, si disinfetta naturalmente la terra e si debellano le malattie, evitandone l’insorgenza. Il metodo viene utilizzato anche per i piccoli frutti in campo. Per le fragole fuori suolo si cambia il terriccio nelle canaline. Anche in questo caso però maturano nel modo più naturale possibile. Nella coltivazione delle fragole sono alcuni anni che per sconfiggere la drosophila - il moscerino della frutta che costituisce una vera piaga - abbiamo coperto tutte le serre delle produzioni fuori suolo e a terra con le reti protettive. In questo modo riusciamo a contrastare l’insetto. Poi, per favorire lo svilupparsi degli insetti utili che combattono quelli dannosi lasciamo crescere l’erba nei prati attorno alle colture. Usiamo dei preparati per sconfiggere le malattie proprio solo quando sono assolutamente indispensabili, ma in misura molto, molto limitata”.
L’ALLEVAMENTO DI POLLI NOSTRANI CHE CRESCONO LIBERI DI MUOVERSI
I polli da carne di Danilo, pur crescendo in due prefabbricati di 400 metri ciascuno, ma a terra, si possono definire ruspanti. Nostrani. Da cortile. Infatti, con l’arrivo dell’aviaria le norme lo hanno obbligato a tenerli al chiuso. Ma le condizioni in cui vengono curati e l’ottimo cibo fornito garantiscono sotto tutti gli aspetti la loro qualità e la loro sicurezza alimentare. Come vivessero all’aperto.
Ne alleva ventimila all’anno di due razze diverse: la Livornese e la Golden Comet che sono quelle attualmente più richieste dal mercato per la bontà e il sapore. La produzione avviene in due cicli da 5000 polli per ogni specie.
“I due cicli - sostiene Danilo - si sviluppano allo stesso modo. Nel primo acquistiamo i pulcini certificati e selezionati a inizio febbraio, li facciamo crescere in una parte di capannone riscaldata a 25 gradi e dopo un mese di vita vanno a occupare l’intera struttura. Vengono venduti a giugno. Il secondo ciclo segue le stesse modalità, ma con l’acquisto dei pulcini a inizio agosto e lo smercio a dicembre. I mesi di gennaio e luglio servono per fare il vuoto, come si dice usando il termine tecnico. In sostanza servono per pulire e disinfettare i capannoni, così da mantenere a posto le loro condizioni sanitarie”.
Perché si possono considerare ruspanti? “Sono liberi di muoversi sulla lettiera coperta con abbondante paglia e hanno disponibile, attraverso l’impianto di alimentazione automatico, tutto il cibo che vogliono. Il nutrimento lo prepariamo noi, con l’utilizzo in buona parte del nostro mais biologico. Gli spazi all’interno del capannone sono molti ampi, così da garantire il benessere animale. E poi c’è la questione più importante: negli allevamenti intensivi i polli vengono venduti dopo due mesi. Noi li smerciamo dopo cinque mesi. E la loro carne è rossa come quella bovina, non bianca. Questo perché crescono lentamente, senza forzature. Il Livornese, alla vendita, pesa al massimo un chilo e mezzo, il Golden Comet due chili e mezzo. Ci costa di più allevarli, perché durante il periodo dello sviluppo arrivano anche a mangiare una dozzina di chili di cibo. Ma la maggiore spesa è ampiamente compensata dalla soddisfazione di avere un prodotto di grande qualità e dal sapore unico. Alla nostra attenzione nel produrli, controllando la filiera dall’inizio alla fine, si aggiungono i controlli costanti e frequenti dell’Asl che anche per noi rappresentano la garanzia di aver rispettato le norme e, soprattutto, di aver lavorato bene”.
La scelta di queste due razze potrebbe comportare delle difficoltà? “Speriamo che continuino a comprarli perché non si vendono a pezzi, ma interi. E ci auguriamo che non si perda la tradizione di cucinarli in questo modo”.
I polli vengono totalmente venduti al macello dei fratelli Pussetto di Torino, che ha fatto la scelta di acquistare solo animali dalla qualità garantita.
PROBLEMI E SODDISFAZIONI
Danilo: “I problemi maggiori sono legati alla parte frutticola. Siamo troppo condizionati dai cambiamenti climatici. I temporali, la grandine, il vento improvviso ti possono devastare i raccolti. E rimani a bocca asciutta senza poterci fare nulla. A tutto ciò si aggiungono gli insetti dannosi, ma su questo aspetto stiamo intervenendo con le reti protettive. L’allevamento di polli, invece, per fortuna, fino a ora non ha dato grandi difficoltà. Certo se arrivasse l’aviaria devi distruggere tutto. Ma è imprevedibile perché la portano gli uccelli migratori. E dalle nostre parti ci sono pochi allevamenti, per cui siamo un poco più tranquilli. Le soddisfazioni sono tante. Quando lavori e vedi che le colture e gli animali crescono bene sei profondamente contento. E quando poi rendono l’azienda sostenibile a livello economico hai raggiunto i tuoi obiettivi”.
LE PROSPETTIVE FUTURE DELL’AZIENDA
“Non ho intenzione di ampliare l’azienda - afferma Danilo - ma di rimanere delle attuali dimensioni. Perché se ti ingrandisci, poi devi far lavorare altre persone. Io, invece, preferisco avere una struttura piccola nella quale, però, riesco a gestire e controllare tutta la filiera. Inoltre, da queste parti abbiamo il problema di non avere sufficiente acqua per irrigare. Di conseguenza, dobbiamo utilizzarla con molta cura”.
DUE RICHIESTE ALLE LE ISTITUZIONI
Danilo: “Vorrei chiedere meno burocrazia e maggiori aiuti alle aziende piccole costituite da giovani”.
Alla domanda finale sul perché dovrebbero comprare i prodotti della sua azienda, Danilo risponde subito e spontaneamente: “Perché sono buoni e curati con tanto impegno e sacrificio”.
Dopo la visita a Tetto Isabella e aver ascoltato la passione con cui papà Stefano, mamma Maria Angela e Danilo raccontano la lunga storia del lavorare in quella cascina ci pare di aver colto l’essenza del loro mestiere: produrre, con amore e attenzione, ortofrutta e polli prelibati. Portando nel cuore gli insegnamenti antichi della tradizione contadina dei bisnonni Guglielmo e Maddalena. Come dimostrano quei contenitori in cui il mais viene ancora lasciato essiccare in modo naturale. Come si faceva un tempo.