Car Diretur,
ho letto con piacere la risposta del signor Carlo O. da Mondovì. E se ora sono nuovamente qui è per ringraziare lei dello spazio concessomi e parimenti il signor Carlo per essersi preso la briga di impegnare un po’ del suo tempo per assecondare la richiesta d’uno sconosciuto nonno.
Voglio scusarmi con entrambe per una involontaria imprecisione, dovuta al fatto che da parecchio tempo nella cerchia famigliare e non solo, un po’ tutti mi chiamano nonno e tale io mi reputo, dimenticando che la vita mi ormai concesso l’onore di un grado superiore, avendo da qualche mese anche un pronipote. Qualcuno, nella cerchia degli amici, scherzosamente va dicendo che queste cose capitano a chi si dimentica di morire, boh! sarà, però a me non dispiacciono.
Concedo libertà assoluta di non credere alle mie parole, ma posso sinceramente assicurarvi di aver sentito con le mie orecchie il rumore degli spari dei “parabël” tedeschi echeggiare giù nel vallone, di aver visto con i miei occhi questi soldati rovistare in borgata alla ricerca di quei nostri connazionali che da mesi ci tiranneggiavano con ogni sorta di prepotenze e forse è proprio per questo non me la sento di chiamarli “cattivoni” perché a differenza dei nostri connazionali loro male non ne hanno proprio fatto qui in borgata, altrove può darsi qui no.
Nemmeno ci hanno rubato il pane e del bestiame (leggi tre vitelli poi venduti) minacciandoci con gli “sten” come purtroppo i nostri patrioti si sono permessi di fare troppe volte i quel triste periodo.
Quel che so è che questi personaggi, ispirati da quella dottrina venuta dall’est che nel secolo scorso affamò popoli interi, tanto da far sì che ancor oggi giovani ragazze si riversino nel nostro paese, come badanti nel migliore dei casi ma ben sovente come prostitute, mai hanno combattuto. Ogni volta che si prospettava un pur vago pericolo loro già avevano varcato il colle ed erano filati nell’altra valle. Insomma personaggi, poi autodefinitasi ‘patriotti’, che mal sopportavano la nostra radicatissima apatia verso tutte le dottrine che non fossero il rispetto per il prossimo. I miei occhi hanno visto un vecchio piangere il furto d’un vitellino, hanno visto lo stesso vecchio piangere perché gli portarono via la piccola infornata di pane appena cotto e fatto con l’ultima farina rimastagli.
Le mie orecchie in quei giorni e per qualche anno a seguire, hanno sentito molte cose , anche del vecchio ora citato, ma di ciò se ne potrà parlare al momento opportuno che non è sicuramente questo.
Di una cosa posso però rassicurarvi e d è questa: nonostante tutta l’angoscia di quei momenti io la fame per colpa di questi medagliati patrioti ladri non ricordo d’averla dovuta fare, perché l’allora mia tenera età da questo punto di vista m’ha aiutato a fregarli alla grande, naturalmente con la complicità delle poppe di mamma.
Ecco ora anche il sig Carlo O da Mondovì sa qualcosa in più di me, e potrà capire che le cose che dice nonno Mario son cose vissute sulla propria pelle e non conosciute da indirizzati testi scolastici, o perché qualcuno glie le ha ficcate in testa quando magari era ancor piccolo e non gli riusciva di discernere tra romanzo e realtà, furbizia e onestà. A proposito di guardare il film “Il bambino con il pigiama a righe” realizzato sull’omonimo romanzo scritto da Boyne.
Conosco questo scrittore che è nato negli anni settanta, cioè quando di acqua sotto ai ponti ne era ormai passata un po’ tanta. Questo per dire che il suo romanzo non può esser altro che il riporto del riportato.
Quindi a parte il consiglio del gentile lettore non avrei altra certezza che quel romanzo possa fornire la giusta risposta da dare al nipote? Sig Carlo lei non ci crederà ma suppongo di essere riuscito a fare di meglio di mia iniziativa, pur avendo avuto la stessa sua intuizione. Infatti, come anche da lei suggerito già da qualche settimana stiamo leggendo il libro, poi guarderemo anche il film, “Sopravvivere con i lupi” di Misha Defonseca, (spero di ricordare bene il nome perché non ho il libro sottomano e l’antenna della rete è in tilt in questo momento per via della neve che l’ha coperta, supera il metro sul tetto).
Almeno questa scrittura, se pur romanzata è una testimonianza diretta. Per giunta di una persona normale che pur avendo sofferto molto, a differenza di John Boyne che probabilmente è vissuto in ambienti molto ‘ovattati’ da essersi fatto venire persin dubbi sulla propria sessualità, resta di gran lunga più indicato e meno fuorviante considerando l’età del bimbo. E non per ultimo anche più orientante verso quella non dottrina nella quale, come la mia gente di cui ho fatto prima cenno, credo profondamente.
Caro Direttore lo sa che grazie alla gentile risposta del sig Carlo ne avrò per qualche settimana a documentarmi in modo da potermi levare tutte quelle ‘pulci’ che gentilmente mi ha messo nell’orecchio circa le “non colpe” degli ebrei? Non è un male, anzi mi aiuta ad occupare le nevose giornate di questo primo quarto di luna, già che così pare prospettarsi il meteo secondo gli studiosi delle nebbie. A me da bambino hanno insegnato solo cose pratiche, perché al vivere sperduti tra i monti quello serviva. Ma contrariamente a quel che qualcuno potrà immaginare la mia infanzia non è stata affatto grigia, anzi tutt’altro.
Il fatuo ha avuto pochissimo spazio nella mia vita, tranne qualcosa ma proprio solo di passaggio, se escludo queste moderne diavolerie che, nonostante l’ermo risiedere, mi permettono di contattarvi. Le dottrine, ad esempio, sono state del tutto ignorate nel contesto della mia formazione infantile e di conseguenza nella vita non sono più riuscite ad avere sul mio essere alcuna attrazione e tanto meno potere, pur avendo io vissuto in piena società e rivestito compiti di responsabilità fino a qualche annetto fa.
Questo l’ho messo giù più per chi si meraviglia del mio non essere schiavo, ma vedete ho imparato a credere in ciò che l’uomo fa e non in quello che dice, perché la differenza tra l’una e l’altra cosa è abissale. Forse lo sarà ancor più in futuro, perché sono ormai per fortuna nostra, un bel po’ di anni che riusciamo a vivere senza guerre, da permettere a troppa gente di dimenticarsi i ruoli avuti dai personaggi ai quali si ispira, senza però prendersi la briga di studiare veramente quali effetti hanno prodotto costoro sulla società nell’arco della storia anche solo leggermente remota.
Non è mia intenzione salire sull’ara dell’infallibilità, preferisco stare coi piedi per terra, però ciò non impedisce dall’esporre con sincerità e data l’età mia, anche con molta esperienza di vita una testimonianza sulle cose personalmente vissute se questa contribuisce a smascherare le faziosità. “Ma dove vive?” Oggi vivo dove son nato, perché qui nessuno ha voglia di venir rompere e quindi se qualcuno mi raggiunge è per affetto o per amicizia vera.
Tanto vi credevo dovuto, con sincera stima.
Nonno Mario












