L’ex parlamentare Jonckheer: “Bisogna costruire il consenso politico fra gli Stati membri” “Unione Europea: dentro e/o fuori”. Era il titolo provocatorio del convegno organizzato dall’Associazione Per l’Incontro delle Culture in Europa (Apice) nella Sala conferenze del settimanale “La Guida” di Cuneo.
Dopo i saluti introduttivi del direttore del giornale, Ezio Bernardi, l’iniziativa è stata seguita, con molto interesse, da un’ottantina di persone, tra le quali il sindaco del capoluogo, Federico Borgna.
A introdurre l’argomento è stato il presidente di Apice, Franco Chittolina. “E’ un momento storico - ha detto - in cui non è molto chiaro chi, nell’Unione Europea,intende stare dentro o fuori. Una questione da ricondurre, soprattutto, a due problemi. Il primo: la popolazione migrante, se va bene, riesce a raggiungere le coste, ma l’Europa non è preparata ad accoglierla. I flussi, però, sono strutturali e non si fermeranno. Quindi, serve una strategia politica comune. Il secondo: la disoccupazione troppo alta. Prepariamoci a convivere, in futuro, con una percentuale stabile del 10% di persone senza lavoro”.
Poi, ha concluso: “Adesso, per tutti i 28 Paesi membri, è venuto il momento di non stare più sulla soglia e di procedere con delle scelte chiare. La vera sfida è l’unione politica che, purtroppo, è ancora molto lontana e non è stata aiutata dalla crisi economica degli ultimi anni. E, forse, allora, non ci sono più le condizioni per andare avanti tutti insieme”.
Un’analisi controcorrente, ma reale, condivisa da Pierre Jonckheer, ex parlamentare a Strasburgo, presidente della Fondazione dei Verdi europei, insegnante universitario ed economista.
“Abbiamo - ha sottolineato - troppe frammentazioni. Devono cambiare le modalità di governo e bisogna costruire il consenso politico tra gli Stati membri”. Una situazione che, dalle riflessioni di Jonckheer, si è complicata per tre motivi: la mancanza di una politica estera; il futuro istituzionale dell’Unione e le regole come il Patto di Stabilità, voluto fortemente da alcuni Stati e “osteggiato” da altri.
“Tutto ciò- ha affermato - rende il sistema fragile, in quanto, al suo interno, ci sono Paesi creditori e Paesi debitori. Sarei favorevole a un’Unione di tipo federale”. Adriana Longoni, vicepresidente di Apice, nel suo intervento si è soffermata su quanto succede alle frontiere dell’Europa. “I confini - ha spiegato - sono quasi tutti in fiamme. A Est c’è il problema irrisolto dell’Ucraina, con un cessate il fuoco a rischio tutti i giorni. A Sud abbiamo la questione dei migranti, alla quale l’ultimo Consiglio Europeo non ha dato certo risposte concrete. Stiamo navigando malissimo e ogni Paese ha la tendenza a ripiegarsi su se stesso. Bisogna almeno definire un percorso comune di politica estera e di sicurezza”.
E’ seguito un breve dibattito con il pubblico presente, ma il convincimento di chi è uscito dall’incontro è stato quello di avere un’Unione che non è ancora per nulla Europea.












