Una forte passione è ciò che spinge tantissimi ragazzi a compiere diversi sacrifici, rinunciare a serate fuori con gli amici o la fidanzata il sabato sera, ad andare a sciare, allo stadio o al cinema la domenica, magari anche stare attenti a tavola, per presentarsi in forma la domenica pomeriggio sui campi dell’Eccellenza o delle altre categorie dilettantistiche del calcio. Una passione che non li fa tirare indietro nemmeno quando, al termine di una lunga giornata di lavoro, magari dopo aver anche avuto discussioni e problemi, sono pronti a presentarsi all’allenamento di mercoledì sera, mentre i loro amici stanno guardando Juventus-Barcellona o Napoli-Manchester City di Champions, e fuori il termometro è almeno 5 gradi sotto lo zero. Ragazzi che vivono da calciatori, pur avendo ormai accantonato il sogno di giocare un giorno in Serie A. Lo fanno per pura passione, quella che alimenta il calcio.
Mirko Costa è uno di loro, una vita con la maglia del Corneliano Roero, la grande soddisfazione del playoff di Promozione vinto con la squadra allora guidata da mister Brovia, che ha poi deciso di portarselo con sé alla Cheraschese. Quindi le partite in maglia nerostellata, lì a combattere come sempre a centrocampo, la lotta per un posto ai playoff e d’improvviso quel forte bruciore al petto, i controlli medici, il lungo stop e la rabbia di dover vedere i compagni da fuori, anche se, grazie alla Cheraschese, almeno nel ruolo attivo di team manager, per continuare a vivere il gruppo in attesa del tanto agognato rientro. Ma lasciamo che sia il centrocampista a raccontarci questa storia che presto dovrebbe finalmente avere il suo lieto fine.
Ciao Mirko. Domenica scorsa hai seguito la Cheraschese impegnata sul campo del Corneliano Roero, tua ex squadra. Che impressioni hai avuto dal match?
«Sto vedendo una Cheraschese che ha trovato continuità di risultati e rendimento. Domenica ha colto un ottimo pareggio sul campo di una candidata a vincere il campionato. Paragonando la partita a un incontro di boxe, diciamo che ci siamo dati un colpo a testa, è stato un match equilibrato, nel quale il Corneliano ha giocato meglio nel primo tempo e noi nella ripresa. Il pareggio è stato giusto, perché loro sono partiti forte e noi forse eravamo troppo timorosi, ma una volta preso coraggio li abbiamo messi in difficoltà e forse avremmo anche potuto vincere. Visti, però, i risultati arrivati dagli altri campi, possiamo dire che questo pari è stato molto positivo».
Anche domenica hai seguito da vicino la tua squadra, nonostante il problema fisico che non ti permette di giocare ormai da mesi.
«Si, per me è molto difficile stare totalmente distante da quello che ho sempre fatto solo per piacere, non per soldi o altro. Sai, quando giochi ogni domenica, a volte ti capita anche di chiederti perché fare tanti sacrifici, anziché uscire con la fidanzata o gli amici. Non puoi immaginare quante volte ho litigato per il calcio, nel corso degli anni, con le ragazze che ho avuto. In questi mesi però, posso assicurarti, che ho capito bene quanto sia importante questo sport per me, mi manca tantissimo, e quei sacrifici, posso dirlo con certezza, li ho fatti volentieri».
Quanta voglia hai di tornare a giocare?
«Non riesco nemmeno a quantificarla, perché ho una voglia pazzesca di ricominciare. Ho avuto questo infortunio sul finire della passata stagione, quando stavamo per prenderci i playoff e già ho saltato l’ultima gara dello scorso campionato. Speravo di tornare già settembre o ottobre, al massimo per la sosta natalizia, invece ancora non posso ottenere l’idoneità. Sostanzialmente sono guarito, ma ancora non posso sostenere uno sforzo agonistico come quello di chi gioca nella nostra categoria. Ho una voglia incredibile di tornare a mettere gli scarpini, a maggior ragione vedendo i miei compagni in una situazione del genere, perché noi giocatori viviamo per delle stagioni così. Con Brovia in panchina ne ho già vissute alcune, come a Corneliano quando vincemmo i playoff. Quando vivi queste stagioni provi sensazioni bellissime, perché ovviamente non è una cosa che capita tutti gli anni».
Facciamo il punto della situazione: quanto dovrebbe mancare al tuo rientro?
«Tra un paio di mesi ho una nuova risonanza, l’ultima credo e spero, perché dovrebbero dirmi che sono completamente guarito, dandomi il via libera per l’attività. Non so, comunque, se ce la farei a tornare per fine stagione, perché dovrei trovare la forma migliore e non voglio mettermi fretta, in quanto voglio essere utile alla squadra. Il campionato di Eccellenza è competitivo, bisogna essere allenati e in buone condizioni fisiche. Io qualcosa ho fatto, sia chiaro, perché posso tranquillamente praticare sport, ma senza esagerare. A fine agosto avevo iniziato a far qualcosa, perché le prime visite erano state positive, poi un esame più approfondito mi ha riscontrato ancora questa infiammazione, che non permette di fare sport agonistico per un tempo prolungato, come facciamo noi. Però la partitella con gli amici potrei farla, come i giri in bici o tutto il resto, ma io voglio solo tornare a calcare i campi di Eccellenza».
Nello specifico quale problema hai avuto?
«Ho avuto la miocardite, un’infiammazione del muscolo cardiaco, le cui cause possono essere attribuite a varie cose. Molto probabilmente, nel mio caso, a un virus che avevo avuto i giorni precedenti, quando ero stato influenzato, scendendo ugualmente in campo il mercoledì contro il Tortona. Nei giorni successivi non mi sono allenato, andando però al lavoro, poi il sabato sono tornato al campo, perché stavo meglio. Quella mattina, però, mentre correvo ho sentito qualcosa che non andava, un forte bruciore al petto, come se avessi una palla di fuoco dentro al corpo. Siamo andati subito in ospedale e lì mi hanno riscontrato questo problema. La beffa è che posso andare in bici, nuotare, non rischio nulla, ma non posso avere l’idoneità. Ciò rende tutto più complicato, in quanto, quando ti rompi la caviglia sai di star male, di non poterti muovere, mentre ora io mi sento bene, ma ahimè non posso giocare. Sono malato, senza avere la percezione di esserlo, una cosa difficile da accettare, ma devo».
La Cheraschese, però, non ha rinunciato a te, dandoti nel frattempo il ruolo di team manager, per farti continuare a vivere la quotidianità del campo.
«Si e li ringrazio, perché in questa maniera, anche se non posso giocare, mi sento ancora un calciatore. A volte, dopo un lungo infortunio, può capitare di non sentirsi più parte di un gruppo, invece grazie a Roman, a mister Brovia, ai compagni e alla società, mi sento pienamente coinvolto. Venivo da una vita al Corneliano, non era facile cambiare squadra, ma qui mi sono sentito subito a casa, sono stato sempre trattato benissimo da tutti. Non appena ho avuto questo problema, Saverio (Roman, ndr) mi ha subito detto di non preoccuparmi e prendermi tutto il tempo necessario, perché, una volta guarito, le porte saranno aperte. Sono state parole che mi hanno riempito di gioia e mi hanno fatto comprendere di avere intono a me delle grandi persone, le quali, a loro volta, mi stimano come giocatore e uomo».
Immagino che questo ti metta ulteriore voglia di aiutare la Cheraschese da calciatore?
«Si, è immensa, farei di tutto, in questo momento, per giocare anche solo cinque minuti una domenica. Ma non affrettiamo le cose, facciamo tutto con calma, quando mi daranno l’ok mi impegnerò al massimo per rimettermi in carreggiata. Io voglio solo tornare a giocare ed essere utile alla mia squadra».