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Attualità | 12 settembre 2020, 18:02

Escursioni in montagna? Sì, ma in sicurezza e con prudenza

Ecco alcuni consigli da Luca Giraudo per vivere in tranquillità l’escursionismo valutando i rischi ed evitando insidie e pericoli spesso sottovalutati

Escursioni in montagna? Sì, ma in sicurezza e con prudenza

Nel corso del 2020, causa la pandemia da coronavirus, molti hanno rinunciato alle vacanze all’estero o alle crociere e hanno scelto di trascorrere il periodo di ferie o i fine settimana nelle vallate cuneesi, dove gli ampi spazi non pongono quasi mai problemi di assembramenti e consentono normalmente il distanziamento sociale. Quest’estate, infatti, le montagne cuneesi hanno visto un boom di visitatori tra cui molti escursionisti, ma non sono purtroppo mancati incidenti, in alcuni casi anche gravi. Con la finalità di prevenire e non di creare inutili allarmismi, chiediamo qualche suggerimento a Luca Giraudo, esperta guida escursionistica con brevetto internazionale, che conosce bene le nostre montagne.

Luca, confermi che quest’anno le nostre vallate hanno avuto più visitatori rispetto agli anni passati?

Sì, in effetti, come è capitato ad esempio in Francia, la montagna ha ricevuto molto interesse e si sono avvicinate ad essa molte persone che prima non l’avevano mai considerata. Questo fenomeno ha certamente aspetti positivi perché la montagna è natura e benessere, ma anche negativi, perché alcune persone non sono arrivate preparate alla nuova esperienza. L’ambiente di montagna è comunque un ambiente potenzialmente pericoloso, che va affrontato con un minimo di competenza, allenamento e attrezzatura. E quando parlo di montagna ci metto dentro anche le colline che formano il paesaggio cuneese.

Cosa fare prima di partire

Esiste una classificazione dei percorsi in montagna secondo vari livelli di difficoltà tecnica: ce ne puoi parlare e dirci se può essere utile fare riferimento a questa scala prima di scegliere un sentiero?

Su internet è possibile trovare moltissimi itinerari commentati o anche solo pubblicati sinteticamente. Dai primi è possibile ottenere informazioni molto utili sul percorso e sovente gli autori esperti e competenti indicano anche un livello di difficoltà, che si rifà alla classificazione europea.

Ad esempio a questo link  http://www.montagnapertutti.it/pag_info/difficolta.html#top è possibile capire quali sono le difficoltà di ogni itinerario e adattare la scelta dell’escursione alle proprie capacità.

Rimane il problema dell’essere consapevoli della propria preparazione e delle proprie capacità, certo.

Solitamente ad esempio gli itinerari collinari sono classificati come T, turistici, anche se in alcune situazioni posso presentare tratti esposti, attraversamento di valloni o di balze rocciose.

Sovente gli incidenti avvengono su brevissimi tratti difficili, a volte lunghi qualche metro, a fronte di itinerari complessivamente facili. E’ qui che bisogna valutare le proprie capacità e non lasciarsi tentare dalla “sorte”. E poi la stagione fa la sua parte: l’attraversamento di un vallone in luglio può essere molto facile, ma diventa pericolosissimo in ottobre, se il tratto diviene ghiacciato.

La scala di difficoltà tiene anche conto del dislivello complessivo, ovviamente in crescendo. Le tabelle di marcia ufficiali indicano in 300 m in salita e in 500 m in discesa il dislivello percorribile mediamente in un’ora, ma questo dipende dal nostro allenamento, dalla temperatura, dalle condizioni meteo locali: lo stesso tratto di salita percorso alle 6 del mattino o alle 13 è molto più faticoso; con la pioggia anche i tempi si allungano, soprattutto in discesa, quando il terreno diventa scivoloso.

Anche la lunghezza del percorso incide sui tempi medi: se nella prima ora posso salire anche di 400 m, nella seconda e terza ora non riesco normalmente e tenere questo passo e quindi il dislivello medio effettivo si riduce.

Sarebbe bene tenere conto di queste variabili, nel momento in cui si pianifica un’escursione. Più si arriva preparati più la gita sarà piacevole un bel ricordo da rivivere e da condividere.

Di quali altri aspetti bisogna tenere conto nella scelta di un sentiero da percorrere?

Certamente l’orario di partenza è fondamentale, soprattutto per itinerari assolati e fuori bosco. Se si parte alle 8 si avrà tutta la mattinata per raggiungere la meta, scendendo poi nel primo pomeriggio. Se invece si parte alle 12, come troppo sovente accade soprattutto fra chi non è frequentatore assiduo, si raggiunge con più fatica la meta e si arriva in un momento della giornata in cui è più probabile la formazione di temporali.

La discesa rischia quindi di avvenire in condizioni di pericolo per via dei fulmini e del fondo scivoloso ma anche del rischio di ipotermia, se non adeguatamente attrezzati.

In autunno poi le giornate si accorciano e il rischio di rientrare all’imbrunire comporta la possibilità, in caso di incidente o infortunio, di richiedere aiuto troppo tardi. Dormire all'addiaccio non è proprio consigliabile e muoversi di notte ancor meno, anche i soccorsi diventano più difficili.

È necessario fare un’autovalutazione delle proprie condizioni psico-fisiche, delle proprie capacità e limiti?

In tutte le attività, non solo all’aria aperta, occorrerebbe iniziare per gradi, per comprendere quali sono le nostre condizioni psichico-fisiche. In questo modo si minimizzano i rischi, per sé e per gli altri. Presa confidenza con le proprie capacità allora si può progredire su itinerari più impegnativi come dislivello e difficoltà del terreno. Certamente l’aiuto di amici affidabili e realmente più esperti o di professionisti della montagna può essere molto utile per vivere delle belle esperienze e non mettersi in pericolo. Quando parlo di amici affidabili ed esperti parlo di persone che sanno valutare le vostre capacità e adeguare l’itinerario di conseguenza, non di persone di cui vi fidate ma che a tutti i costi vogliono portarvi dove fa piacere a loro.

In montagna da soli o in compagnia?

Eterno enigma. La montagna è anche silenzio, contemplazione, pace. Ma è anche convivialità, condivisione e socialità.

A livello pratico è ovvio che da soli il rischio di non raggiungere i soccorsi è più alto, fermo restando che il pericolo di farsi male rimane in genere lo stesso, salvo effetti collaterali. Quindi le domande da porsi sono: “Se vado da solo, chi potrà soccorrermi?” “Se avessi un incidente, come reagirei, andrei in panico e rimarrei lucido?” “E’ lecito mettersi in pericolo senza pensare che altri dovranno attivarsi per soccorrermi?” Il discorso sulla responsabilità individuale è fondamentale e il valutare il livello di rischio lo è altrettanto.

E’ vero che esistono oggi strumenti GPS in grado di inviare messaggi di allarme, sono un mezzo per ridurre i rischi legati ad un incidente, certo. Ma sono a pagamento e quasi mai l’escursionista occasionale è disposto a spendere tali cifre. In ogni caso la tecnologia non ci salva di per sé, non va quindi usata senza buon senso e senza pensare che altri si metteranno in pericolo per soccorrere noi.

Andando invece in compagnia si avrà quasi sempre la possibilità di ricevere i primi soccorsi, riducendo quindi anche gli effetti collaterali di un banale incidente, e si raggiungeranno i soccorsi in genere in maniera più efficiente.

Buona norma, anche in compagnia, è di lasciare detto o scritto ad altri quale sarà la nostra meta e il nostro orario di ritorno previsto. Non è raro venir sorpresi da un temporale ed essere in zone senza campo telefonico. Il gruppo qui è fondamentale anche per tenere su il morale.

Rispetto ai fattori esterni, ovvero le condizioni meteo, cosa suggerisci?

La nostra epoca è caratterizzata da informazioni veloci e capillari e anche la meteorologia non sfugge a questo aspetto. Ma incappa in un’ignoranza di fondo: non esiste il meteo “perfetto” perché la meteorologia non è una scienza esatta, ma probabilistica, si basa su fenomeni troppo variabili e complessi per essere previsti con certezza. Ne consegue che può solo avvicinarsi a ciò che effettivamente avverrà a livello meteorologico. Ma non lo potrà fare sempre e soprattutto non ogni dove in montagna, dove le condizioni locali legate all’orografia e alla posizione geografica possono influire moltissimo sui fenomeni atmosferici locali, che non possono essere previsti con certezza.

Capita spesso che il temporale si arresti sulla cresta fra due valloni: da una parte scende il finimondo, dall’altra non piove nemmeno. Non esiste insomma il meteo che “indovina sempre”, perché i meteorologi non sono indovini, sono scienziati. Per gli sciamani occorre rivolgersi altrove.

Detto questo io sono solito confrontare più fonti di previsione, soprattutto in condizioni di forte variabilità: se le varie fonti convergono su un’ipotesi meteorologica significa che le probabilità che siano corrette è alta. Diffidare quindi dalla semplice iconetta del “mio meteo preferito” che ci azzecca sovente e che ci dice che pioverà/non pioverà se non alle 14: se ciò va bene mentre siamo in città, in montagna potremmo esserne, come dire, delusi e colti impreparati.

E’ opinione comune che in montagna il tempo cambi velocemente. Ciò è vero solo in parte e solo raramente. Le condizioni meteo vanno valutate sin dal mattino e seguite lungo tutto il corso della nostra escursione, solo così potremmo comprendere che una nuvola innocua alle nove del mattino potrebbe in realtà evolvere in un cumulonembo.

Se la nostra attenzione è invece concentrata solo sui nostri discorsi fra amici, sulle cose da raccontare, su cosa mangeremo e su dove fare la siesta, allora sì, il rischio di venir sorpresi da un temporale diventa elevato. Ricordiamoci ogni tanto che siamo in montagna, in un ambiente che ci avverte se sappiamo interpretarlo ma che in poche ore potrebbe diventare ostile, soprattutto nei pomeriggi estivi. D’autunno le condizioni meteorologiche tendono a diventare più stabili, con maggior probabilità di ampie perturbazioni lente e prevedibili e meno rischio di temporali locali. Ma è anche una stagione in cui avremo più freddo, in caso di difficoltà. Preveniamo e ci godremo delle belle escursioni.

Abbigliamento, calze e scarpe: cosa bisogna indossare?

Qui si apre un mondo, ma è pur vero che un buon equipaggiamento limita in partenza i rischi. Un esempio? Vecchi scarponcini mai usati, lasciati in un armadio per anni, alla prima uscita possono sciogliersi come neve al sole, le gomme si sbriciolano o la colla ci abbandona sul più bello.

Quante volte ho aggiustato alla bell’e meglio scarponcini come nuovi! Quindi se si intende affrontare un’escursione mediamente impegnativa, meglio comprarsi qualcosa di nuovo ed efficiente.

Scarpa alta o bassa? Dipende molto dal nostro allenamento, dal nostro peso (e sovrappeso), dallo zaino che porteremo con noi, dalla nostra età, infine. Un giovane sportivo di vent’anni può correre e saltare con dieci chili sulla schiena, ma un altro ragazzo della sua età in sovrappeso e senza allenamento potrebbe farsi male semplicemente scivolando sull’erba.

Considerando che l’età media di chi fa escursioni in montagna supera i quarant’anni abbiamo un’idea di quale siano le capacità medie, anche a livello di riflessi e di efficienza muscolare. Basta una scivolata banale e la nostra gita si riverbererà sulle nostre abitudini per giorni o settimane.

Quindi non si sbaglia mai con uno scarponcino alto alla caviglia, esistono modelli leggeri e performanti senza spendere un capitale.

Utili poi i bastoncini, sempre e comunque, soprattutto da una certa età in poi: ci aiutano in salita, riducendo il peso dello zaino sulla schiena, ci danno maggior equilibrio in discesa, quando il sentiero diventa ripido o pietroso. Importante: per ridurre il rischio di farsi male cadendo in avanti, in discesa non andrebbe calzato il lacciolo. Lo sapevate?

Cosa non deve mancare nello zaino di un escursionista e perché?

Bisogna considerare innanzitutto una cosa: in montagna, ma anche in collina, il tempo potrebbe cambiare e noi potremmo essere distanti da un rifugio o dalla nostra auto. Prevedere quindi sempre un capo adatto al freddo, una giacca anti pioggia, un cappello e gli occhiali da sole. Pesano, è vero, ma non si sa mai: il freddo gelido potrebbe farci cambiare punto di vista e farci dire “se...”.

La crema solare è d’ordinanza, anche i veri uomini si possono scottare e i danni degli UV sulla nostra pelle sono ormai noti. Prevenite e ne avrete giovamento. Ricordiamoci che il vento, sempre presente in quota, toglie la sensazione di calore provocata dai raggi solari, ma alla sera ce ne accorgiamo eccome del sole preso! E poi, il sole dei duemila metri non è quello del mare, anche l’abbronzatura da spiaggia potrebbe non proteggerci.

Utile, anzi, indispensabile poi un pronto soccorso completo, che preveda anche bende elastiche. Ce ne sono molti in commercio e il maggior peso nello zaino potrebbe rivelarsi ininfluente in caso di infortunio. Ricordiamoci che il rischio zero non esiste: nel momento in cui iniziamo a camminare su un sentiero dobbiamo esserne consapevoli. Pensiamo anche che non siamo soli e gli altri non hanno le stesse nostre capacità.

Ci sono poi un’infinità di altre piccole cose da portare, ma dipende molto da quanto accettiamo il peso dello zaino. Che in ogni caso deve essere rapportato al nostro peso e al nostro allenamento.

L’escursione, a differenza del trekking, viene effettuata nell’arco di una giornata: quali suggerimenti per cibo e bevande?

Ognuno ha le proprie abitudini ed esigenze, ma normalmente una buona e abbondante colazione prepara all’escursione. Il caffè all’italiana è una pessima abitudine se si vuole fare un’escursione di alcune ore in montagna.

Occorre inoltre prevedere di mangiare qualcosa di facilmente assimilabile ogni ora di cammino: una barretta, un fruttino, della frutta secca, mentre bere con costanza ci evita il rischio di disidratazione e riduce la fatica.

Poi ogni due ore un po’ di carboidrati, un piccolo panino ad esempio, sono l’ideale. A pranzo non esageriamo con pane e salame, ma certo cibi salati ci reintegrano in parte i sali perduti con la sudorazione. Il cioccolato dopo pranzo, poi, è per me un “must”.

Chi non è molto allenato, o lo è per nulla, deve sapere che necessita ancora di più di assimilare energia con continuità e che arriva alla crisi di fame molto prima di una persona allenata: eppure sono proprio queste persone le più testarde nel non voler mangiare quando glielo si consiglia, perché dicono “non sono abituato”. È vero, non si è abituati, nemmeno a camminare. Meglio quindi cambiare abitudini contemporaneamente: si cammina e ci si nutre adeguatamente! Teniamo presente che una semplice crisi di fame può mettere a rischio la stessa escursione, anche quella degli altri compagni di avventura: con la fatica si è meno reattivi, si sopporta meno il caldo, ogni metro diventa una montagna da scalare.

Grazie Luca per averci dato questi preziosi suggerimenti da leggere attentamente prima di fare un’escursione in montagna! Ci servono ancora altri consigli per affrontare il percorso e tornare a casa con la soddisfazione di aver trascorso una bella giornata, ma ne parliamo la prossima volta.

Foto tratta da www.facebook.com/lookingaround.it

Bruna Aimar

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