L’autunno è alle porte e, se non piove, è ancora una bella stagione per fare escursioni in montagna che in autunno regala paesaggi e colori mozzafiato con lo spettacolo del foliage. Sempre con la finalità di prevenire incidenti e affrontare la montagna in sicurezza, chiediamo qualche suggerimento a Luca Giraudo, esperta guida escursionistica con brevetto internazionale.
L’autunno è una stagione adatta alle escursioni in montagna?
Certamente, è anche una delle stagioni che preferisco, perché c’è meno gente, maggiore silenzio e così gli animali come camosci e stambecchi sono maggiormente visibili, arrivano inoltre molte specie di uccelli dal Nord Europa, come le gru e molti passeriformi. E poi i colori della vegetazione sono eccezionali, soprattutto dalla seconda settimana di ottobre in poi.
Di quali elementi bisogna tener conto nel programmare un’escursione in autunno?
Come sempre occorre valutare le proprie capacità e considerare le ridotte ore di luce. Gli effetti del caldo non si fanno più sentire, di conseguenza è meno marcato il calo di prestazione associato alla fatica. Le condizioni meteo sono più stabili e prevedibili, ma è pur vero che in presenza di pioggia il freddo può essere un problema, così come la neve, che può scendere anche a bassa quota. Considerando queste variabili è bene programmare escursioni non troppo lunghe per prevedere un rientro all’auto con abbondante anticipo rispetto all’imbrunire.
Alcuni escursionisti hanno la tendenza a non seguire la traccia del sentiero e si avventurano in percorsi non segnalati: quali sono i rischi di questi comportamenti?
Sì, ci sono sentieri più battuti e altri meno e c’è chi preferisce cercare la wilderness, la solitudine e il silenzio, anche solo per scoprire nuove aree. Il rischio della scoperta in autunno può essere legato a passaggi ghiacciati o scivolosi, che non si possono prevedere in anticipo. Programmare l’itinerario su una carta dettagliata ci può aiutare a valutare eventuali pericoli in anticipo. Certamente andare in montagna da soli, anche in autunno, presenta dei rischi, meglio sarebbe scoprire nuovi percorsi in compagnia.
C’è poi il fattore meteo locale. L’inversione termica è un fenomeno tipicamente autunnale nelle nostre zone e la fascia di nuvole copre sovente i pendii, arrivando dal basso e “bloccandoci” la strada del ritorno. Consultare le previsioni meteo e interpretare ciò che sta avvenendo intorno a noi sono due cose importanti da tenere a mente. La nebbia è una infida compagna e chi conosce bene la montagna sa che anche in zone abituali chiunque può perdere l’orientamento. Meglio quindi seguire percorsi segnalati con segnaletica orizzontale a terra ed essere almeno in due persone.
Cosa fare per non perdersi e quindi di mobilitare le squadre di soccorso di tutta la provincia?
L’essere in due o più persone, in caso di nebbia ha una grande utilità: mentre uno va avanti a cercare il sentiero, una tacca o un cartello, gli altri “mantengono la posizione” e a voce ci si tiene in contatto. A volte è sufficiente attendere che la nebbia si diradi e la compagnia serve anche a farci prendere le decisioni con più calma e ponderatezza. Da soli, una volta perso il sentiero, la situazione può diventare problematica e sovente si chiude con un incidente: si scivola, ci si trova al bordo di un salto roccioso, si viene presi dal panico, etc…
Ritorno poi sul discorso dei dispositivi di autosoccorso. Esiste una Rete Radio Montana https://www.reteradiomontana.it/ , iniziativa volontaria che utilizza la presenza di radioamatori o semplici possessori di radio PMR/LPD, i cosiddetti walkie talkie, a cui agganciarsi in caso di necessità. Sebbene sia una rete strutturata con un elenco degli iscritti e un gruppo di lavoro, non si può prevedere in anticipo e ovunque la presenza di un appoggio nella zona in cui si farà l’escursione, ma può essere un aiuto in certi casi. E’ possibile seguire l’attività della RMM anche su https://www.facebook.com/ReteRadioMontana/ .
Altro discorso è l’utilizzo di dispositivi individuali GPS a doppio canale in/out, con i quali si inviano anche messaggi di aiuto ai centri di soccorso ufficiali. Sono dispositivi relativamente costosi che prevedono un abbonamento mensile o annuale e sono sempre più diffusi fra i professionisti e fra chi va molto in montagna, proprio perché permettono di essere reperibili quasi ovunque sul globo terrestre e di inviare una richiesta di aiuto, per sé o per altri, anche da soli.
Il GPS portatile, utile per tracciare un sentiero o per geolocalizzarsi, può essere un valido appoggio qualora si sia in aree con copertura telefonica. Anche per gli smartphone esistono molte applicazioni di georeferenziazione che vi forniscono in breve tempo la posizione in coordinate geografiche, utili in caso di richiesta di soccorso.
Banale dirlo, ma in montagna conviene impostare lo smartphone su “aereo”: meglio risparmiare le batterie in caso di necessità, piuttosto che trovarsi il telefono scarico nel momento del bisogno.
Come tutti gli strumenti questi dispositivi vanno usati con buon senso, non affidandosi ciecamente alla loro tecnologia. Esperienza e competenza rimangono sempre le prime doti da sviluppare e utilizzare.
Rispetto degli altri escursionisti: alla luce della tua esperienza quali sono i comportamenti che possono mettere in pericolo la vita di altre persone?
In alcune situazioni, quando si transita su sentieri tortuosi e in zone impervie, può capitare di far rotolare pietre o blocchi. Prima di percorrere questi tratti sarebbe buona norma assicurarsi che non ci sia nessuno che transita nel tratto di sentiero sottostante. In caso di escursione di gruppo occorre valutare se è meglio distanziarsi a sufficienza per evitare di essere colpiti, oppure camminare compatti, riducendo il rischio che le pietre smosse prendano velocità. Dipende dal terreno, ovviamente, e dal numero delle persone in escursione.
C’è poi il rischio di camminare in foresta o zone arbustive e prendersi un ramo negli occhi. È sufficiente distanziarsi e mai lasciar andare di colpo i rami spostati con il nostro passaggio. Occorre cioè mantenere l’attenzione anche su chi ci segue. Sembra banale ricordarlo, ma gli incidenti di questo tipo sono frequenti, quanto banale la loro prevenzione.
Ultimo suggerimento autunnale: se non conoscete la “baucia”, termine generico per definire le praterie alpine a graminacee, dalle foglie lunghe e coriacee, è bene che impariate presto: quando è umida diventa molto scivolosa e anche gli scarponi più artigliati hanno poca presa. Attenti quindi se uscite dai sentieri per prendere una scorciatoia.
Il mese di settembre coincide con l’apertura della stagione venatoria: cosa suggerisci agli escursionisti per non essere vittime di un incidente di caccia durante un’escursione?
In collina e nelle zone di foresta è effettivamente un rischio e non sempre le squadre di cacciatori, soprattutto al cinghiale, segnalano la loro presenza. Nei giorni di attività venatoria è perciò bene vestirsi con colori sgargianti e non preoccuparsi di fare rumore, anzi, meglio non vedere animali che essere scambiati per un cinghiale, no? Se vi trovate in mezzo ad una battuta di caccia è importante farsi notare, anche a voce alta, e poi allontanarsi al più presto.
Hai altri suggerimenti per fare un’escursione in sicurezza?
Come ho già scritto, programmazione dell’escursione, attrezzatura in buono stato e adeguata al terreno e al clima, saggezza e competenza, che si acquisiscono sia con l’età e il tempo ma anche con la curiosità di imparare. Andare in compagnia e lasciare sempre detto a qualcuno dove si va sono altri elementi da tenere a mente. E poi adeguare gli itinerari ai partecipanti e non viceversa. Se siete inesperti e volete affidarvi a qualcuno, cercate un amico veramente affidabile, che è disposto a prendersi la responsabilità, oppure un professionista della montagna, che lo fa di mestiere.
Quali regole di comportamento per non infastidire gli animali selvatici?
Molte persone si meravigliano quando hanno l’occasione di vedere un animale selvatico a poca distanza. Dipende dalla specie e dall’individuo, ma anche dal luogo e dalle circostanze. In genere, soprattutto gli ungulati, sono più confidenti in aree dove non sono cacciati, mentre le marmotte conoscono le nostre abitudini e dove la gente non esce dal sentiero sono maggiormente tolleranti. Certamente ogni individuo è differente e di solito i giovani sono più confidenti, perché meno esperti.
Lasciare che un animale selvatico rimanga selvatico è una sfida sempre più attuale sulle Alpi. La nostra onnipresente presenza e il desiderio di “conquistarne” la fiducia ci rende a volte patetici e pericolosi per loro. Lasciamoli vivere la loro vita selvatica, la maggior parte degli animali non ha bisogno di noi, l’abbiamo ben visto la scorsa primavera, quando eravamo chiusi in casa.
E se portiamo il nostro cane?
L’aumento esponenziale dei cani in Italia è ormai un’evidenza. Non lascia stupiti che anche alcune aree protette abbiano allargato la maglia delle regole, permettendo l’accesso ai cani, sempre al guinzaglio, su tutti i sentieri segnalati. In teoria un cane insieme al suo padrone non disturba più di tanto gli animali. Ma sappiamo tutti per esperienza vissuta che molti, o pochi non importa, dopo aver camminato per un po’ con il cane al guinzaglio, lo liberano. E così il disturbo alla fauna alpina diventa realtà anche in aree dove dovrebbe essere protetta e in zone di rifugio.
Teniamo ben presente che il cane non è un animale selvatico e non è sottoposto alla pressione del suo ambiente, anzi, è ben protetto dalle nostre cure. Rispettiamo le vite di chi, camosci o marmotte che siano, lotta ogni giorno per sopravvivere.
È poi importante evitare il disturbo in autunno, perché molte specie si stanno preparando all’inverno e non hanno bisogno di sprecare energie per fuggire alla nostra presenza. I pericoli della montagna e del clima sono già sufficienti per selezionare i più forti e i più fortunati. Come ho detto, gli animali non hanno bisogno di noi, men che meno del nostro disturbo.
Vogliamo ricordare che anche piante, fiori e funghi non devo essere portati a casa e possono rappresentare un rischio per la propria salute?
La raccolta di alcune specie di flora è consentita, secondo certe quantità, mentre per quanto riguarda i funghi occorre essere in regola con il tesserino regionale e rispettare la proprietà privata. Detto questo, se non si conoscono le piante e i funghi, meglio non rischiare, la sorpresa potrebbe essere per lo meno fastidiosa, se non mortale.
Rispetto della natura e dell’ambiente: come possiamo motivare gli escursionisti a non lasciare tracce del loro passaggio e magari essere multati?
Quando sono in un ambiente naturale penso sempre a questo: quanto durerà la traccia del mio passaggio? Quanto rimarrà la buccia di banana che lascio oggi? Quante persone la vedranno e saranno “stimolate” a fare altrettanto? E’ ovvio che se sono in fondo ad un vallone sperduto, i miei scarti di frutta non saranno notati da nessuno e nel giro di qualche giorno o settimana scompariranno. Ma al bordo di un lago frequentato o di una cima ambita, quando durerà la buccia d’arancia che lascio oggi? Un mese, in inverno due? E quanti la vedranno e ne rimarranno infastiditi? Se lascio come ho trovato, nessuno si accorgerà del mio passaggio. Ma se ho visto rifiuti nell’ambiente, potrei essere tentato di fare altrettanto.
Dopodiché c’è il discorso normativo, ma è talmente aleatorio venir multati per aver abbandonato dei rifiuti in montagna che credo sia meglio insistere su altre leve: quelle del rispetto per la natura e per gli altri. Filosofia che, a mio parere, paga sempre e porta lontano, nel tempo e nello spazio e ha presa sul pensiero delle persone.
Preserviamo gli ultimi ambienti naturali europei: le Alpi sono ormai uno dei rari baluardi naturali rimasti quasi intatti, in mezzo a enormi territori modificati dalle nostre attività. Preserviamo la nostra libertà di stupirci di fronte all'ambiente “selvaggio”, ne abbiamo sempre di più bisogno.