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Economia | 19 settembre 2024, 11:35

Se non è nuova, la riparo. Ecco perché l'aftermarket gode della crisi dell'auto

Ricambi, riparazioni e manutenzione prendono il posto dei nuovi acquisti. E il Piemonte recita la parte del leone. Intanto l'elettrico non sfonda neanche qui

Immagine di repertorio

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Se Atene piange, a Sparta - questa volta - scappa un sorriso anche piuttosto marcato. È il mondo dell'auto, che se da un lato vede senza dubbio in sofferenza la produzione e la vendita di nuovi modelli, dall'altro genera inevitabilmente un miglioramento per il settore dell'usato. E, di conseguenza, dei pezzi di ricambio: il cosiddetto "aftermarket", che rappresenta il mondo delle riparazioni, del recupero di quel che ancora può viaggiare. Tagliandi, revisioni, sostituzioni: dalle gomme ai pezzi del motore, fino alle semplici lampadine.

Il circolante come motore

"Siamo partecipi del settore aftermarket - dice il presidente della Camera di Commercio di Torino, Dario Gallina -. Qui abbiamo circa il 35% del settore della componentistica e i ricambi viaggia all'interno di questo mondo con tutte le sue specificità. Un settore che vive un momento migliore, lavorando sul parco auto circolante".

Piemonte e Torino ai vertici

I numeri elaborati dall'istituto Tagliacarne fotografa bene questo momento, con il Piemonte che è primo tra le regioni per quota di valore aggiunto della filiera aftermarket sull'economia locale (2,8% per un valore di 3,6 miliardi), con 47.383 occupati. In termini assoluti, solo Lombardia e la coppia Veneto-Emilia Romagna fanno meglio (rispettivamente con 8 e 3,7 miliardi).

Torino, dal canto suo, è terza tra le province, alle spalle solo di Pesaro-Urbino e alla pari con Modena e Vicenza (3,4%). Sotto la Mole, gli addetti sono poco meno di 30mila (29.965).

Asti è 12esima, Alessandria 14esima, Novara 19esima. Cuneo è subito fuori la top20 e via via tutte le altre province piemontesi.

Auto vecchie da riparare

"Il settore aftermarket va un po' meglio rispetto al resto dell'automotive - aggiunge Gianmarco Giorda, direttore generale di Anfia -, anche perché abbiamo un parco circolante piuttosto vecchio e che ha bisogno di manutenzione. In 5 anni è cambiato l'ecosistema in cui si muove il settore e ora ci troviamo con crisi come quella del mercato tedesco. Noi esportiamo 5,2 miliardi in Germania: se la flessione di quel mercato si accompagna alla debolezza in Italia potrebbe portare a un mix letale con molte crisi aziendali. Inoltre l'auto elettrica non sta andando come si immaginava: serve apportare qualche modifica al percorso pensato dall'Europa. Non si può fare una transizione per legge: serve sano pragmatismo e soluzioni percorribili da 2035 in avanti. Si devono anche rivedere i calcoli sulle metriche della CO2, altrimenti non si arriverà mai alle zero emissioni".

L'elettrico non sfonda

Di certo, oltre a godere della difficoltà del mercato del nuovo, il settore aftermarket fornisce alcune indicazioni anche su altri elementi. Per esempio, il fatto che l'elettrico non sfondi è confermato dal fatto che solo il 5,4% del comparto sta riconvetendosi alla nuova tecnologia. Il 77,4% - addirittura - proprio non intende muoversi.

Operai cercasi

Resiste però anche qui una certa difficoltà nel trovare profili professionali al passo coi tempi. Mancano soprattutto operai specializzati,  ma anche ingegneri e progettisti. Ed è piuttosto complesso trovarli (60,3% di difficoltà per gli operai, 44% per ingegneri e progettisti).

Massimiliano Sciullo

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