Noi Donne in cammino per la pace pensiamo sia necessario sottolineare il binomio indissolubile fra guerra e migrazioni.
Non lo si può ignorare, se si vuole arrivare al suo superamento. Guarire dalla logica bellicista è la soluzione per ridare al fenomeno migratorio il suo aspetto umano: le persone, i gruppi si sono sempre spostati inducendo processi di scambio, conoscenza e trasformazione sociale positiva. Affrontare il tema della migrazione deve fare i conti anche con le guerre in corso: a questo proposito possono essere utili alcuni dati.
La cosiddetta emergenza migranti e rifugiati in Europa è scoppiata nel 2015, quando sono arrivate persone in fuga dalle guerre in Siria, Iraq e Aghanistan e da conflitti e povertà in Africa. Rifugiati e migranti sono arrivati dall’Africa lungo la rotta del Mediterraneo centrale, dalla Libia all’Italia. Un’altra rotta salita agli onori della cronaca per la violenza che l’ha caratterizzata è quella balcanica.
Nel 2017 cresce il dramma dei rifugiati e migranti nei centri di detenzione in Libia in fuga da guerre e povertà in Africa. Nel 2020 la pandemia colpisce i soggetti più vulnerabili, esclusi dal sistema di accoglienza. Degli oltre 25 milioni di profughi finora presenti nel mondo, la metà dei profughi proviene da Paesi in guerra. Si tratta della Siria, dove a causa della guerra civile 6.3 milioni di persone hanno lasciato le proprie case, e di Afghanistan e Sud Sudan, abbandonati da più di 2 milioni di abitanti.
L’altra metà dei profughi proviene soprattutto dal Corno d’Africa. I somali fuggono da uno Stato caduto in pezzi, devastato da una guerra civile che dura da oltre vent’anni, in preda dei criminali dal 1992.
Eritrei ed etiopi fuggono dalla dittatura di Isaias Afewerki e dalla guerra. Gli eritrei scappano perché il Paese, che non si è mai ripreso dal conflitto con l’Etiopia del 1998-2000, è alla fame e in mano a un regime sempre più autoritario. Oltre alla fame e alla necessità di cercare una via d’uscita a una situazione così pesante, il motivo fondamentale che spinge molte persone a fuggire è il servizio militare obbligatorio per tutti, uomini e donne, che di fatto si traduce in una sorta di leva a tempo indeterminato.
Le rotte delle migrazioni prevedono spesso la fuga verso il Sudan e la Libia, dove spesso finiscono in carcere perché considerati clandestini, o cadono nella rete dei trafficanti di esseri umani. Sempre guardando all’Africa, vi sono fughe dovute alla povertà o alle violazioni dei diritti umani, come in Nigeria, Senegal, Ghana, Guinea. Altri flussi sono legati a situazioni contingenti o a conflitti che si verificano nell’attualità, come testimonia l'intrico di popoli e sofferenze del Medio Oriente: Iraq, Afghanistan, Siria, Gaza, Pakistan.
I numeri sul massacro in corso da un anno a Gaza sono in continuo e inarrestabile aumento a cui, purtroppo, se ne aggiungeranno altri con l’invasione del Libano e la reazione dell’Iran. La guerra in corso fra Ucraina e Russia ci ha già portato un consistente numero di profughi ucraini. Secondo l’UNHCR, oltre 5 milioni di persone sarebbero fuggite dall’Ucraina, in aggiunta ai più di 7 milioni di sfollati interni stimati dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Questi numeri – e il desiderio di esprimere solidarietà con l’Ucraina – hanno spinto l’Unione europea ad adottare procedure semplificate per l’accoglienza delle tantissime persone che si stanno riversando verso i suoi confini. Sono numeri che chiedono di essere presi in considerazione per affiancare l’opera di solidarietà che le associazioni forniscono da sempre a migranti di ogni tipo. Costruire reti di protesta contro la guerra è un passo necessario per affrontare la questione migratoria, cominciando a chiedere concretamente a chi di dovere di favorire economie di pace, ad esempio riducendo progressivamente i settori produttivi che, invece, beneficiano dei conflitti armati.
Chiedere il Cessate il fuoco insieme a noi, dalle 11 alle 12, nei pressi della fontana dei bambini, nei flash mob dei seguenti sabati: 19 ottobre, 2, 16, 30 novembre.