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Schegge di Luce | 20 aprile 2025, 10:00

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi di don Max Lafia

Commento al Vangelo del 20 aprile 2025, Domenica di Pasqua

In foto don Max

In foto don Max

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. (Gv 20,1-9).

Oggi, 20 aprile 2025, la Chiesa celebra la Pasqua, Risurrezione del Signore (Anno C, colore liturgico bianco).

A commentare il Vangelo della Santa Messa è don Max Lafia, docente di Filosofia al Grand Seminaire Providentia De Gah Baka, della Diocesi di Parakou in Benin (Africa).

Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole per accendere le ragioni della speranza che è in noi.

Eccolo, il commento.

È giunta la Pasqua, festa più importante dell’anno liturgico dei cristiani. Festa che ricorda l’evento e il mistero fondatore del cristianesimo: la salvezza del mondo tramite la morte e risurrezione di Gesù Cristo. Questo fatto storico svoltosi all’incirca 2000 anni fa pone, in più del problema della sua storicità e singolarità, l’esigenza di afferarne il significato e le conseguenze esistenziali per l’umanità intera e particolarmente per questo miliardo e mezzo di persone che fondano la loro vita spirituale su tale evento. Per celebrare questo giorno così importante la liturgia fa leggere il racconto della prima constatazione del fatto attraverso la versione di san Giovanni, evangelista che si autodefinisce anche «Discepolo che Gesù amava».

Un fatto straordinario con quattro protagonisti

Prima di entrare nel commento di questo vangelo vorrei augurare una buona e santa Pasqua a tutti i cari lettori e a tutti i cristiani. Questa Pasqua sia veramente per tutti l’occasione giusta di sperimentare la forza della risurrezione nella vita di ogni giorno. Certo ho letto più volte questo brano del vangelo giovanile. Quest’anno lo Spirito mi spinge a volgere la mia attenzione sul particolare dei protagonisti: una donna chiamata Maria di Magdala, due discepoli importantissimi e intimissimi, una quarta persona assente. Abbiamo qui i principali personaggi della chiesa primitiva. I commentatori hanno spesso notato il trio dei discepoli più intimi (Pietro, Giacomo e Giovanni), ma hanno trascurato il gruppo delle pie donne, guidato da Maria di Magdala, che sostenevano il ministero di Gesù. Mi sembra fosse un gruppo parallelo a quello dei dodici apostoli. Da qualche anno il santo Padre, papa Francesco, ha dato un maggiore rilievo al ruolo di queste sante donne e particolarmente alla figura di Maria di Magdala nella vita della chiesa nascente. Di fatto è Maria di Magdala che prende l’iniziativa di andare al sepolcro mentre faceva ancora buio e nota l’assenza di Colui che cercava. Si reca poi dai discepoli più intimi (Pietro e Giovanni) per riferire questa assenza: «Hanno tolto il Signore». I due discepoli, interpellati da Maria di Magdala e inquieti, corrono per andare a verificare il racconto della donna, constatano il fatto e passano dalla perplessità alla fede. È l’inizio della fede cristiana. Questa fede che ha segnato la storia dell’umanità più di qualunque altro evento è nata proprio così come una luce che scaturisce da un buio. È la fede di ogni cristiano di oggi che «Pur non avendo visto, crede» (Gv 20,29; 1P 1,8). Giovanni entra nel sepolcro, vede il lenzuolo e le bende straordinariamente posati come un pallone sgonfio, vuoto del soffio. È un vuoto che riempie la mente e fa pensare. Il Corpo assente di Gesù fa pensare paradossalmente ad una sua presenza di tipo nuovo. È un vuoto che fa apparire un’evidenza. La fede ha sempre un qualcosa di paradossale.

Il significato meno probabile di un sepolcro vuoto

In realtà nessun uomo è stato testimone della risurrezione di Gesù Cristo. Non si può dire né quando né come sia avvenuta. I tre primi testimoni si sono trovati davanti ad un fatto compiuto. Hanno notato solo l’assenza di un corpo che doveva essere dentro un sepolcro. Di principio questa assenza del corpo di Gesù, questo sepolcro vuoto, non basterebbe per concludere la risurrezione di Cristo. Diverse altre spiegazioni potrebbero essere date (come si vede in Mt 28,13). Eppure, la spiegazione più difficile è quella che si è imposta e avverata. Cristo è veramente risorto dai morti. È un fatto nuovo nonché unico. Non si tratta di un semplice risveglio dal sonno della morte. Non consiste nella rianimazione di un cadavere, com’è avvenuto per Lazzaro o altre persone. La risurrezione non fa tornare alla vita di prima. Le numerose apparizioni di Cristo dopo la sua morte confermano che si tratta di qualcos’altro. La risurrezione denota una completa trasformazione dell’essere umano nella sua totalità psicosomatica (1Cor 15, 35-55). Con essa la morte cessa di essere un punto finale, una chiusura e diventa solo un passaggio. La risurrezione è l’ingresso in una dimensione nuova. Ecco perché i discepoli non potevano capire cosa diceva Gesù quando per diverse volte annunciava loro questa sua risurrezione dai morti. Era impossibile a chiunque afferrare il senso esatto di queste parole.

Una fede nata dall’amore

Giovanni è stato il primo a credere, forse perché si considerava il discepolo amato. Gli altri primi testimoni sono anche persone segnate dall’amore di Cristo. Maria di Magdala era la prima delle donne che hanno sempre seguito Gesù e lo hanno aiutato con i propri beni (Lc 8,1-3). Giovanni era il discepolo amato (Gv 13, 23) e Pietro colui al quale Cristo chiederà «Mi ami tu più di costoro?» (Gv 21,15). Tutto questo indica che c’è un legame tra l’amore e la fede nella risurrezione. I più intimi furono i primi a credere nella risurrezione di Gesù. L’amore profondo è forse una condizione necessaria per credere. È forse l’amore che porta a constatare la risurrezione. È anche un’indicazione che l’amore è forte come la morte (Cantico 8,6) e supera la morte.

Un evento che riguarda tutto il creato

La buona notizia è che questo evento diventa una vittoria di tutta l’umanità e di tutto il creato sulla morte. Insieme a tutti gli esseri viventi possiamo gridare con san Paolo «O morte dov’è la tua vittoria?» (1 Cor 15,55). Diventare cristiano è prima di tutto accettare questo fatto della risurrezione di Cristo come segno della vittoria sulla morte. Con questo l’orizzonte si apre sull’infinito di Dio. Il cristiano non vive più in un mondo chiuso e limitato dalla morte. Perciò san Paolo invita i cristiani a diventare creature nuove con lo sguardo fisso sulle realtà celesti (cf. La seconda lettura di oggi in Col 3, 1-4).

Questa è la conseguenza esistenziale della risurrezione: la vita del credente non deve più limitarsi alla ricerca dei beni terreni e temporali. La sua vita in questo mondo terreno è solo un’esperienza che prepara a una vita ulteriore più piena. Si diventa cristiano per partecipare a questa nuova vita sin da adesso tramite i sacramenti della Chiesa. Col battesimo si nasce alla nuova vita in Cristo e si cresce grazie agli altri sacramenti fino all’unione definitiva con Cristo nella morte-risurrezione di ogni cristiano fedele.

Il mio augurio è quindi che i cristiani si accorgano della ricchezza della fede pasquale e la vivano con pienezza, dando così al mondo intero una speranza nuova. Mi sembra che il mondo attuale abbia veramente bisogno di tale speranza. Provvidenzialmente viviamo l’anno di un Giubileo ordinario che invita ogni cristiano a farsi pellegrino di speranza.

Possiamo sentirci orgogliosi della nostra fede cristiana e proclamarla con gioia a tutti i nostri cari.

Buona e santa Pasqua a noi tutti.

Silvia Gullino

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