Spoiler: questo pezzo non rivela segreti legati a Banca d’Alba. Il titolo, ironico, richiama ai Segreti di Fatima rimasti tali per decenni per sottolineare la perfetta azione di intelligence compiuta dall’istituto di credito cooperativo con più soci in Italia.
Da marzo a maggio, lo sanno tutti, c’è una sola domanda che aleggia sulla città: “Cosa regalerà quest’anno Banca d’Alba?”.
Come nel famoso Italia-Inghilterra di fantozziana memoria le voci si rincorrono per mesi: “Si diceva che l’Italia stava vincendo [sull’Inghilterra] per 20 a 0 e che aveva segnato anche Zoff di testa, su calcio d’angolo”. E così ogni settimana uscivano indiscrezioni sullo spremiagrumi dato per sicuro da un cugino che lavora in Banca d’Alba o sul Forno a microonde, fino a bestialità come il Frigo a legna o il Forno a ghiaccio.
Le ultime davano per certo in arrivo un camion di phon in arrivo sul ponte Albertino, peccato che ormai i regali, da anni, li spedisca e non li consegni.
I segreti sono, invece, rimasti tali fino alla mattinata di oggi, quando alle 8 hanno iniziato a girare le prime foto sui social tra commenti entusiastici o “No” di delusione, come è sempre stato e sempre sarà.
Già dalle sette i primi avventurieri avevano tentato il colpo per poter essere i primi a “spoilerare” nei gruppi i regali, ma l’organizzazione è stata impeccabile anche in questo senso perché dall’esterno nulla poteva essere visto o intuito e persino i dipendenti sono stati tenuti all’oscuro da tutto, fino alla mattinata di oggi.
Non mi stupirei se i vertici di Banca d’Alba venissero contattati dai servizi segreti o dal Mossad perché raramente un segreto era stato così ben tenuto. Bravi!
Alla fine, sono stati i bicchieri e il decanter
Ogni anno ci si divide tra scontenti ed entusiasti, tra chi sperava in qualcosa di diverso e chi gioisce per aver atteso a comprare qualcosa che ora riceverà comodamente a casa.
Una volta svelato il segreto l’assemblea non perde del proprio fascino. Per un giorno, Alba, le Langhe e il Roero si fermano e non esiste altro argomento rispetto all’assemblea.
L’arrivo in piazza Medford è un vero e proprio rito, prima alla spicciolata e poi a frotte. C’è chi è partito di buon’ora dalla Liguria in pullman, chi è arrivato dalla Langa in bici, chi come il direttore Cazzullo arriva a piedi, nonni con nipoti, coppie di giovani, tanti bambini.
Si va dalla giacca e cravatta per gli uomini e splendidi tailleurs comprati per l’occasione per le donne a mise meno ricercate, con qualche immancabile caduta di stile, comunque in un contesto di diffusa eleganza, perché l’assemblea di Banca d’Alba è da sempre l’occasione per sfoggiare quel vestito rimasto in naftalina tutto l’anno.
Comincia l’assemblea, ma per i più continua il momento di incontro, per migliaia di persone l’appuntamento di Piazza Medford rappresenta un’occasione per incontrare l’amico o l’amica che non si vede da tempo, il parente che vive lontano o anche quello che ha fatto un torto, sperando non finire seduti a fianco.
È un rito, come dicevo, e come tutti i riti nasconde qualcosa di magico più nel contesto che si viene a creare che nell’assemblea vera e propria.
20.000 persone che transitano in una piazza in poche ore, in una città di 30 mila abitanti, sono qualcosa di mostruosamente affascinante. È una fiumana di volti, di vite, di storie.
Ad aprire le danze è il presidente Ernesto Cornaglia, raggiante. Per tutti è semplicemente Tino, perché Banca d’Alba è così, l’istituto di credito della porta accanto divenuto un colosso rimanendo nella porta accanto, in cui la lingua ufficiale, più che l’inglese, rimane il piemontese.
Dopo l’assemblea tutti al pranzo, fianco a fianco, il contadino, il dipendente della Banca, il professore, l’operaio. L’organizzazione di Fly Food è straordinaria, migliaia e migliaia di persone ricevono la loro scatola con gli antipasti, i formaggi e il dolce mentre sui tavoli vengono serviti i ravioli.
Ci si parla, ci si conosce, i problemi per un giorno sono confinati altrove. Incontro amici perduti da tempo e scambio un sorriso con tutti. Dopo il lauto pranzo è ora di tornare a casa, come già successo l’anno scorso una signora mi saluta e mi chiede: “Su cosa scriverai il Farinél di oggi”. Rispondo “E’ un segreto”.