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Curiosità | 12 agosto 2017, 11:45

Torinese di 34 anni entra nell'ordine delle Clarisse a Bra: sarà Suor Maria Gioia

Venerdì 11 agosto suggestiva cerimonia nella chiesa del Monastero di viale Madonna dei Fiori

Torinese di 34 anni entra nell'ordine delle Clarisse a Bra: sarà Suor Maria Gioia

“Io Suor Maria Gioia Beccio…faccio voto a Dio onnipotente di vivere per tutto il tempo della mia vita in castità, senza nulla di proprio, in obbedienza e in clausura, secondo la Regola delle Sorelle Povere di santa Chiara…”. Con queste parole, venerdì 11 agosto, memoria liturgica di Santa Chiara d’Assisi, Suor Maria Gioia del Crocifisso Risorto ha emesso la professione solenne definitiva, entrando così a far parte dell’ordine delle Clarisse.

La suggestiva cerimonia si è svolta nella chiesa del Monastero di viale Madonna dei Fiori in Bra alla presenza di Fra Stefano Dallarda, segretario della Provincia Sant’Antonio dei Frati Minori, del clero locale e di un’intera comunità che ha vissuto un momento di grande festa. Intense le emozioni davanti a numerosissimi fedeli presenti per applaudire la risposta alla chiamata della clarissa che, come richiede il rito, durante il momento della preghiera litanica, si è prostrata a terra, in segno di “abbandono confidente” (Is. 30,15) e di disponibilità totale all’azione ed alla guida dello Spirito Santo nella propria vita.

Molto folta la schiera degli amici, che ha accompagnato la famiglia di Suor Maria Gioia: da Torino è arrivata anche la catechista Rita che nel cuore conserva tanti ricordi e tutti belli: “Ho seguito il suo cammino in preparazione della Comunione e della Cresima quando frequentava la parrocchia di Maria Regina delle Missioni a Torino. È una ragazza stupenda, molto altruista e durante le lezioni aveva occhi di stupore di fronte al messaggio del Vangelo. Nei momenti di deserto, davanti al tabernacolo, recitava preghierine ricche di una spiritualità coltivata con il sostegno della famiglia e della grazia del Signore. Ogni volta che la venivo a trovare in questo Monastero, tornavo a casa avendo nei miei occhi il suo sguardo trasparente e pieno di gioia che mi edificava e mi donava serenità anche nei giorni successivi”.

Tutti hanno voluto stringersi accanto a Suor Maria Gioia, al secolo Luisa Beccio, 34 anni, una laurea in Chimica che ha scelto di lasciare il mondo e una vita “normale” per dedicarsi completamente alla meditazione ed alla preghiera, unendosi totalmente a Dio nel silenzio della clausura. Una risposta importante, meditata a lungo e culmine di un percorso di fede sempre radicato che l’ha accompagnata durante la sua vita, dalle prime esperienze come animatrice nel Gruppo Scout 18 della parrocchia San Pellegrino di Torino, passando attraverso la partecipazione alle attività estive della famiglia francescana negli anni scolastici, fino al viaggio a Taizè, tappa fondamentale e miliare, come ha spiegato don Mario Forandini, parroco di San Secondo e padre spirituale: “Dio è festa senza fine e come Taizè, questo Monastero è sorgente da cui attingere la grazia e far gustare il cielo”.

Il brano evangelico presentato dall’apostolo Giovanni è stato un invito a rimanere uniti a Cristo come il tralcio è unito alla vite, perché solamente così si porta frutto.“Il discepolo - ha detto Fra Stefano Dallarda durante l’omelia - deve mettere continuamente al centro la relazione con il Signore Gesù. Il portare frutto è un effetto secondario del rimanere uniti a Cristo. Il valore della nostra vita e del nostro essere cristiani non viene misurato dalla quantità di frutti che portiamo. Il Vangelo ci chiede di rimanere uniti a Cristo, quindi ci deve importare di rimanere nel fondo del cuore uniti a Lui”. Ed ha poi aggiunto: “Il tesoro che sta nel cuore ci è stato donato da Dio non per merito, ma per misericordia ed è più importante del vaso che siamo noi”, come a dire che è più importante il fiore del vaso. “Ce lo insegna Chiara con la sua forza mite, tenace e quel “rimanere” che l’ha fatta attendere tanti anni i frutti della sua vita, sperando contro ogni speranza. Ed è così che la sua esistenza è diventata luce della Chiesa e dal piccolo chiostro di San Damiano la sua voce gridava il Vangelo. La vita consacrata ha sempre una funzione profetica, è come un dito puntato che indica il Signore e testimonia che hai trovato lo sposo. I poveri avevano bisogno di Chiara per incontrare uno sguardo di amore e Chiara aveva bisogno dei poveri per incontrare Cristo vivo e perseverare nella sua povertà. Per questo i monasteri sono sempre stati luoghi vivi dove la gente va affidando i pesi della propria vita, sapendo di trovare donne di fede che aiutano a vivere nella speranza”, ha poi concluso.Il cuore della cerimonia, preceduta dall’accensione di una lampada al cero pasquale per mano dei genitori, è stata la professione religiosa di Suor Maria Gioia che ha avuto più momenti.

Anzitutto la richiesta della giovane, che così ha risposto alle domande formulate da Fra Stefano: “Illuminata dallo Spirito Santo, chiedo di professare solennemente la Forma di vita delle Sorelle Povere di santa Chiara, che è vivere il santo Vangelo e di seguire il Signore nostro Gesù Cristo in santa umiltà, altissima povertà e unità di spiriti con questa fraternità”.

Successivamente la scelta di professare i voti di povertà, obbedienza, castità e clausura, ancora affidata al Padre provinciale francescano. Ed infine la professione vera e propria, letta da Suor Maria Gioia dalle mani della Madre Abbadessa: Maria Amata Capretti. Quindi, si è tenuta la consegna dell’anello, insegna della Professione e simbolo dell’amore totale verso Dio.Suor Maria Gioia ha poi abbracciato le sue consorelle, come segno dell’accoglienza nella fraternità delle sorelle povere di Santa Chiara.

Durante la celebrazione, la neo professa ha espresso il proprio rendimento di grazie suonando un pezzo musicale riadattato che non è voluto essere un’esecuzione, ma un momento fraterno il cui significato è stato spiegato da lei stessa: “Talvolta la musica, come la scrittura, arriva ad esprimere l’indicibile. Questo brano mi richiama il passo di Dio fedele e costante, su cui si appoggia il mio, il nostro. Poco importa se è lento o veloce, affaticato o gioioso, imprevedibile o paziente. Tutto di noi è affidato a Lui. Questo conduce allo stupore. Perché il Signore non dice mai basta, non mette mai il punto, non scrive mai fine. Grazie a quanti, anche senza saperlo, hanno fatta strada con me, lasciando risplendere il suo amore”. Profonda commozione da parte del papà Roberto e della mamma Tiziana che spiega così l’orgoglio per la scelta dell’unica figlia: “Non è una scelta, ma una chiamata e sono molto felice per lei, perché era veramente convinta, i suoi occhi manifestavano la gioia, non potevamo opporci. Oltretutto, ha portato a termine il suo corso di studi ed ha frequentato per anni la scuola di inglese. Il nome “Maria Gioia” lo ha scelto in onore della Madre di Gesù e per indicare la gioia interiore: lei è felice con la Madonna, poiché il Figlio è risorto. Come clarissa voleva manifestare, oltre alla gioia che aveva negli occhi, anche quella che è nel cuore per Gesù che è risorto. È una ragazza che ha sempre amato la concordia e la portava laddove non c’era. Se non fosse diventata suora, avrebbe continuato la specializzazione in chimica forense e medicina dello sport per collaborare con la magistratura e la Polizia Giudiziaria a trovare la verità in tutto. Inoltre, con noi ha sempre condiviso ogni cosa e ricordo un episodio che mi ha colpito particolarmente: ad una festa dei capi scout hanno tagliato una torta e hanno distribuito le fette; ne aveva ricevuta una anche lei, ma non l’ha mangiata, l’ha messa in tasca, l’ha portata a casa e la sera, quando eravamo tutti riuniti attorno al tavolo, abbiamo diviso quella fetta in tre, perché era giusto così. L’augurio che faccio a mia figlia è che sia sempre felice come oggi. Io sono contenta per lei!”.

Al termine della cerimonia, ci si è spostati nel chiostro del monastero di Santa Chiara, dove è stato possibile salutare la neo professa e vivere un momento di fraternità e condivisione con le religiose. Le Suore Clarisse sono una comunità di monache di vita contemplativa che vivono in clausura secondo la regola di Santa Chiara d’Assisi, dedicandosi alla preghiera, al lavoro manuale ed alla meditazione della Parola di Dio. Il Monastero dedicato alla Santa Assisiate in Bra, Viale Madonna dei Fiori 3, concede la possibilità di partecipare alla preghiera liturgica nei seguenti orari: dal lunedì al sabato alle ore 5.45 avvengono le celebrazioni delle Lodi, seguite alle ore 7 dalla Santa Messa, mentre alle ore 17.20 si prega con il rosario ed alle ore 17.40 con il Vespro. Ogni domenica e giorni festivi alle ore 8.10 si officia l’ora terza, seguita alle ore 8.30 dalla Santa Messa. Sempre la domenica, a partire dalle 15.30, viene esposto il Santissimo Sacramento per l’adorazione silenziosa ed alle 17 c’è “Vocainsieme”, un momento guidato di adorazione per le vocazioni e per intenzioni specifiche, che vengono depositate dai fedeli in un’apposita cassettina ubicata in chiesa e poi raccolte e presentate al Signore. La chiesa del Monastero è aperta tutti i giorni, ininterrottamente, dalle 6 alle 19 e tante persone la varcano per una sosta ristoratrice alle radici del silenzio e dell’incontro con Dio. Ora, Suor Maria Gioia ha coronato il suo sogno con il rito della professione solenne definitiva, condividendo la sua esperienza con la cittadinanza, che l’ha idealmente abbracciata attraverso la Sindaca Bruna Sibille e con le altre dieci consorelle presenti all’interno del Monastero braidese. Lei è una delle più giovani con i suoi 34 anni. La più anziana, Suor Anna Teresa ha 87 anni. Tutte insieme operano in comunione e letizia, per una testimonianza di unità e fratellanza nel nome di San Francesco e Santa Chiara.

Si.Gu.

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