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Alba e Langhe | 27 maggio 2019, 10:23

A tu per tu con lo scrittore albese Mauro Rivetti che ci presenta “Alba di un delitto”

Altro che romanzi rosa tutti sentimento, cuore e shopping, ma un giallo in piena regola!

A tu per tu con lo scrittore albese Mauro Rivetti che ci presenta “Alba di un delitto”

 

Donne e giallo. Un binomio da brivido! Altro che romanzi rosa tutti sentimento, cuore e shopping. Sembra che il gentil sesso abbia una spiccata vocazione a risolvere misteri, omicidi e assassini. Lo sa bene Mauro Rivetti, che ha dato vita al personaggio della dottoressa Teresa Bianco, protagonista di “Alba di un delitto”. Curiosa ed accattivante la storia che sta dietro il libro. Un bancario di successo, Adalberto Pace, dottore in economia, brillante e un po’ guascone, muore improvvisamente in un sabato mattina di frenetica attività di mercato nella cittadina di Alba. Appare subito chiaro che le cause della morte non sono naturali. È un delitto? Sì, e in piena regola. La lussuosa sede dell’antica banca, nel cuore di una città da alcuni anni in piena espansione turistica, ne è il teatro. Intorno, una serie di luoghi noti: lo storico caffè, i vicini paesi che si snodano sulle colline tra vigneti e noccioleti. I personaggi principali e gli attori secondari, con volti e caratteristiche teatrali, si compenetrano l’un l’altro nella vicenda, man mano che essa si snoda e si complica. Accanto al fatto principale, s’inserisce un nuovo mistero che esula dal sonnacchioso ambiente provinciale e travalica i limiti della condizione umana. Compare una misteriosa pergamena che diventa fonte di peccati mortali. Giallo sì, secondo il consolidato schema vittima/indagine/assassino (che nella fattispecie non è il maggiordomo, solo perché nessun maggiordomo entra nella vicenda), ma con l’aggiunta di toni noir, rosa e anche qualche sfumatura di grigio, mescolati con una buona dose di ironia che ne stempera la pretenziosità. Se il finale è tutto da scoprire, Mauro Rivetti suggerisce un paio di cose. Primo: alcuni personaggi, fortemente pittoreschi, si esprimono in dialetto. Pur non essendo un esperto della forma grafica e letterale di quella che è una vera e propria lingua, lo scrittore ha cercato di riprodurne il suono e confida nell’indulgenza dei puristi (comunque, a piè di pagina è presente la traduzione in nota). Secondo: optando per una formula cinematografica, viene da dire: «Ogni riferimento a luoghi e persone reali o realmente esistiti è puramente casuale». O quasi.


Tante vicende intrecciate tra loro che la domanda viene spontanea: com’è nata l’idea di questo giallo?


“Scrivo per passione, nella memoria del mio PC trovo uno spazio infinito nel quale raccontare quello che mi piace. Solo per caso questo racconto è stato pubblicato e devo dire grazie a due miei vicini di casa: la professoressa Giamello e suo marito Elio Rancoita. Loro hanno già pubblicato diversi libri ispirandosi alla vita di Elio e, parlando con mia moglie, sono venuti a conoscenza della mia passione. Così, hanno chiesto di visionare i miei racconti e, a mia insaputa, hanno presentato alcuni file all’editore, dottor Roberto Cerrato, che lo ha apprezzato talmente da pubblicarlo. Per quanto riguarda l’intreccio, mi sono divertito a seminare gli indizi tra varie storie che convergono sulla risoluzione del caso, ma spaziano nella mente umana e si rivelano, grazie alla chiave di lettura della vita dei nostri giorni”.


Chi è Teresa Bianco, la protagonista del romanzo?


“Innanzitutto, Teresa Bianco è una donna con la D maiuscola, bella, affascinante, sempre puntuale nell’abbinare i capi d’abbigliamento con gli opportuni accessori. È una donna che è anche moglie e desidera diventare mamma. Ha un marito totalmente diverso: lei è seria ed attenta, lui un po’ meno. La dottoressa Bianco è un magistrato che, con impegno lavorativo e capacità logica, ha conquistato un posto di rilievo all’interno della struttura legislativa in cui opera. Si farà apprezzare dal popolo rosa per la sua forte femminilità e conquisterà anche il lettore maschile al quale si manifesterà nella mente in tutta la sua sensualità e bellezza. Inoltre, la dottoressa Bianco è una donna che lavora, fa da mangiare, governa la casa e alcune ore del sabato le dedica allo shopping con le amiche, per poi fare tappa in alcuni bar di Alba”.


I personaggi hanno nomi di fantasia, ma il DNA è quello di persone che conosci. Com’è andato il casting?


“Il casting, mi piace come definizione! Devo dire che i personaggi sono nati con il racconto e si sono rafforzati capitolo dopo capitolo. Grazie a loro sono presenti diverse storie. Chi ha letto il libro mi parla di essi come se esistessero realmente e forse è proprio così, perché nascono e si incarnano nella mente del lettore, affascinandolo ed incuriosendolo”.


C’è qualche episodio autobiografico?


“Tutti e nessuno! Chi legge il libro non può far a meno di immedesimarsi nei luoghi in cui sono ambientati i vari capitoli e pensare: “Ma io lì ci sono già stato, quel signore lì mi pare di conoscerlo!”. Tra finzione e realtà tutto prende forma”.


I capitoli viaggiano in coppia con luoghi reali. A quale sei più affezionato?


“Sulla copertina del libro c’è la foto di piazza Risorgimento, meglio nota come piazza del Duomo. Per riuscire ad ottenere il risultato desiderato, ho fatto diversi scatti e mi piacevano tutti, perché adoro la mia città. Contestualmente, ho voluto raccontare i paesaggi di Langa e Roero, oggi celebri agli occhi del mondo, grazie al riconoscimento UNESCO. Vi invito a cercare i giusti indizi celati nel libro per poterli scoprire”.


Quanto l’ambientazione aiuta a creare emozioni?


“Tantissimo, anche se le emozioni sono molto soggettive: il bello piace a tutti. In un giallo, riuscire a costruire un connubio tra mistero, paura e bellezza, non è facile. Ma dovreste giudicarlo voi stessi alla fine della lettura”.


Che cosa ti piace e che cosa non ti piace di Alba?


“Alba è una città che crea moda e profuma di buona cucina, di ottimi vini, di tartufo e di cioccolato, ovvero di tutte quelle cose che ci fanno pensare ad un posto dove, tra virgolette, “si vive ancora bene”. Perciò, ho voluto trasformare questa cittadina, ponendola nel libro in “chiave noir”. Alba è una città ancora a misura d’uomo e si spera che lo rimanga. Cosa non mi piace? Forse, l’abbandono di alcune zone del centro città, ma spero che la prossima Amministrazione comunale sappia porvi rimedio”.


Come sono stati i feedback degli albesi dopo l’uscita del libro?


“Inaspettati. Già dalle prime settimane che il volume era nelle librerie di Alba, alcuni conoscenti, incontrando mia moglie, le chiedevano se fossi io l’autore del libro e, tra la sua incredulità, si complimentavano per la bellezza del racconto”.


Dov’è il confine tra realtà e fantasia nel libro “Alba di un delitto”?


“Non esiste un confine. Posso dire che viene raccontata la realtà, è quasi una fotografia dei nostri giorni. Infatti, si parla anche di economia e di usi e costumi della gente contemporanea. E poi c’è questo giallo tutto da scoprire, anzi più di uno!”.


Ad un certo punto le pagine diventano incandescenti e misteriose. Perché?


“Nel libro andrete alla ricerca di una vecchia pergamena che vi porterà a scoprire un antico mistero. Essa rappresenta il lato alchemico del racconto e mi ha fornito l’alibi per parlare di arte e pittura, citando il Giorgione, pittore del 1500, celebre per la “Venere dormiente”. L’arte mi piace ed il mio libro trae alcuni passi da un quadro che mia moglie ha acquistato dalla pittrice Feny Parasole di Cherasco dal titolo l’Alchimista, che è tutto un programma!”.


Quali difficoltà hai incontrato nella stesura di questo libro?


“Tante ed inaspettate, dal capire come viene gestito il file del testo a come avviene la composizione dei capitoli con titoli e paragrafi. Ho scoperto figure come l’editor ed il correttore di bozze oltre a tutta un’altra serie di difficoltà. Ad esempio, non immaginate come sia difficile trovare un’anima pia che sia disposta a fare la quarta di copertina. Per fortuna, ho incontrato alcuni eccelsi personaggi che mi hanno aiutato, come il professor Beppe Ghisolfi che mi ha dispensato preziosi consigli per caratterizzare il personaggio di Adalberto Pace. O Bruno Murialdo che ha apprezzato la descrizione dei luoghi e mi ha accompagnato a Radio Alba. Qui Marcello Paquero mi ha ospitato nella sua trasmissione con la dottoressa Elena Marcolin di Edizioni San Giuseppe. Poi c’è Gian Maria Aliberti Gerbotto che mi ha seguito nella revisione della storia e lo sta facendo tuttora aiutandomi nelle varie promozioni. Un’altra spina sono le presentazioni. A differenza dei grandi scrittori, le cui case editrici organizzano eventi e conferenze stampa, i piccoli autori sono abbandonati a loro stessi e devono far fede alla sensibilità dell’interlocutore. Non potete immaginare come sia difficoltoso per un piccolo scrittore, proporre la propria opera al pubblico e quanti chiudano le porte in faccia. Ma poi incontro persone che mi accolgono e apprezzano il libro e ciò mi dà la forza di proseguire il cammino”.


Acquistare il tuo libro fa bene due volte: alla mente e soprattutto al cuore, visto che è possibile contribuire al sostegno dell’Associazione La collina degli Elfi.


“Parliamo di un Ente che si occupa del recupero e del ritorno alla vita normale dei bambini colpiti da gravi malattie. Valorosi volontari si occupano di questi piccoli e delle loro famiglie, restituendo un po’ di serenità ed il piacere di vivere in un ambiente accogliente e mite. Credo di non riuscire neanche vagamente a descrivere quanto si percepisce dallo sguardo di quei bimbi! Un loro sorriso vale più di mille parole!”.


Com’è nato l’amore per la scrittura?


“È una sfida con me stesso, di quel ragazzo che a scuola ha lasciato il segno, “dietro la lavagna”. La fotografia, di cui sono appassionato, ha fatto da traino. Infatti, ho iniziato a commentare alcuni scatti più belli con delle piccole frasi e poi, frase dopo frase, sono diventati dei piccoli racconti”.


Che cosa ti piace leggere?


“Romanzi rosa, giammai! Libri gialli!”.


Chi sono i tuoi autori preferiti e perché?


“Essendo amante del territorio non posso che omaggiare Beppe Fenoglio con “Il mestiere di vivere”. Per non distaccarmi troppo dai miei luoghi, ho letto Cesare Pavese, mentre, per rimanere ad Alba, ho apprezzato Giovanni Ferrero. Sono andato anche fuori provincia, da Giorgio Faletti, passando da Bra, con Gianni Farinetti, per poi spostarmi nell’assolata Spagna di Ildefonso Falcones, per rinfrescarmi nella tenebrosa Oslo di Jo Nesbo. Quindi, mi sono riscaldato con un tè, grazie all’inglese Don Brown e ho finito con un piatto di pesce in riva al mare con Montalbano ed il suo grande creatore, Andrea Camilleri. Non mancano i libri dei miei nuovi amici come Gian Maria Aliberti Gerbotto, Beppe Ghisolfi, Biagio Fabio Carillo e molti altri ancora”.


Qual è il luogo nel quale ti rifugi per scrivere?


“Il mio rifugio inviolabile è la mente, dove tutto prende forma amplificato dall’ascolto di musica di grandi compositori classici come Rossini, Bach e autori contemporanei, come Ludovico Einaudi, che sfortunatamente non sono riuscito ad incontrare. Pazienza, mi rifarò con il più affabile Ezio Bosso o il simpatico Giovanni Allevi. E poi ci sono le canzoni di Lorenzo Jovanotti e di Giorgia che sono una vera ispirazione, così come le note della violinista Lidsey Stirling. Adoro la musica dal vivo degli amici Paolo Paglia e Giuseppe Nova”.


In quale casa vorresti finisse il tuo libro?


“Vorrei che entrasse nelle vostre case ma, soprattutto, nei vostri cuori e nei vostri pensieri”.


La visione del lato oscuro della società piace, perché la gente riscopre la paura ed i brividi. E tu di che cosa hai paura?


“La società fa paura all’individuo o è l’individuo a far paura alla società, fatto è che ci stiamo addentrando in un nuovo periodo storico. Globalità e profili mediatici disallineano la realtà della persona e ne sminuiscono la sua esistenza in nome del progresso. Ho paura? Forse del tempo, che il pianeta sia stufo di essere sfruttato e maltrattato e sia pronto ad un imminente reset! Percepisco l’economia che sta mutando, con un disfattismo dell’eccellente produzione italiana a causa delle mani bianche che gestiscono importanti realtà economiche”.


Hai già in mente un nuovo progetto?


“Naturalmente. In ambito letterario ho il libro “La notte nera del tartufo bianco” che è in fase di revisione. Vi invito anche ad accedere alla piattaforma Facebook alla voce Yellowinabottle Rivetti ed aggiungere il vostro contributo alla creazione del mio libro multimediale. Inoltre, mi piacerebbe far conoscere il mio progetto al festival Collisioni, ma per ora è un sogno nel cassetto, sono già lusingato dal fatto che il patron, Filippo Taricco, abbia ricevuto il mio libro”.


Il messaggio è lanciato! Bra potrebbe aspirare ad entrare nel tuo prossimo libro?


“Certamente. Bra è una città bellissima che negli ultimi anni è stata valorizzata sotto il profilo culturale e storico. Architettonicamente, il piano urbanistico ha restituito la giusta visibilità ai suoi edifici storici ed alle sue chiese. E poi c’è l’Associazione Culturale Albedo, un po’ uno dei salotti narrati nel mio libro, quel luogo non luogo dove tutto ha inizio e si amplifica”.


C’è qualcuno in particolare a cui devi dire grazie?


“Devo ringraziare mia moglie, senza di lei tutto questo non sarebbe esistito, poi ringrazio Gabriella, Elio e Roberto Cerrato, che mi ha dedicato una bella prefazione. Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno acquistato il libro e spero lo abbiano apprezzato. Non da meno il grande fotografo Guido Harari, che si è offerto per scattarmi la foto della quarta di copertina. Ma ci sono pure quelle persone che mi stanno aiutando a divulgare la mia opera in biblioteche comunali o circoli. Ringrazio le testate giornalistiche che mi hanno presentato al pubblico, l’Ente Fiera del Tartufo Bianco d’Alba che mi ha ospitato all’88ª Fiera del Tartufo, il Circolo dei lettori di Torino e molti altri ancora che non vado ad elencare, perché rischierei di dimenticare qualcuno. Ci tengo a ringraziare la Collina degli Elfi che, senza sapere chi fossi, mi ha concesso fiducia, ma ringrazio anche te che stai leggendo questo articolo che è stato realizzato da una persona molto attenta e sensibile alla cultura. A tutti, grazie di cuore!”. Grazie a te, Mauro! Ci vediamo nelle pagine del tuo prossimo libro.

Silvia Gullino

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