Ieri, al Salone del Libro di Torino, la fotografa Stefania Spadoni, nata a San Damiano d'Asti ma albese di adozione, ha presentato il suo primo libro, "Come mi senti", edito da Gallucci.
Immagini e parole per raccontarsi. Senza pietismi, ma con grande forza. "In questi anni continuamente mi è stato chiesto: "come ti senti?". Ho deciso di chiedere io: "Tu come mi senti?".
Ed è proprio questa la provocazione che ha rivolto alle 30 persone coinvolte in questo suo progetto, nel quale degli sconosciuti sono stati catapultati in un pezzo di vita di Stefania, prestandosi a diventare suggestioni di questo originale racconto.
Loro sono i protagonisti della prima parte della narrazione. Nella seconda, Stefania si mette a nudo attraverso degli autoritratti in cui a parlare è il corpo stesso, nel suo divenire: prima, durante e dopo il percorso della malattia, nella continua altalena tra la paura l'ottimismo, il filo conduttore di tutto. Le immagini sono forti, ma è anche la scrittura a colpire: diretta, senza filtri, un flusso che arriva al cuore e a volte anche allo stomaco.
Il libro è dedicato a Sara, sorella di Stefania, il suo donatore.
Questa la descrizione dell'opera, di grande pregio editoriale. "Come mi senti" è una scatola, dentro ho messo delle storie. Come si affrontano la notizia di una malattia, la strada verso una possibile guarigione, le privazioni, gli ostacoli, le gioie, le delusioni, gli incontri? Non credo in una risposta unica e risolutiva, penso si proceda per tentativi. In questo libro ci sono i miei di tentativi, la necessità di tirare fuori tutto quel magma di emozioni, la possibilità di farlo con dei mezzi che mi erano familiari, il corpo, la scrittura, la fotografia. La prima parte del libro coinvolge trenta persone che non appartengono alla mia storia, ma a cui ne ho voluto raccontare un pezzo per poi chiedere loro: "Come mi senti?" e fotografarle. La seconda parte, invece, è un percorso più intimo, fortemente legato al mio corpo, che ho fotografato prima e dopo la malattia. Una serie di autoritratti senza parole, perché la storia ce l'ho scritta addosso. Un unico racconto li introduce. Parla della mia decisione di sottopormi al trapianto di midollo osseo da donatore. Parla di rimettersi in gioco, di affrontare una scelta difficile, difficilissima, di un'invasione fisica notevole, di rischi, di paure, di incertezze, ma soprattutto di speranza. Ora ho chiuso la scatola, ci ho messo dentro tutte queste storie scritte e fotografate, l'ho chiusa per poter andare avanti e affrontare tutto quello che verrà. Ora puoi aprirla tu e sentirmi, se vuoi".




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