Un ospedale unico a Cuneo. Se ne è nuovamente discusso ieri in sede di Commissione temporanea speciale comunale ”Analisi dei fabbisogni e prospettive della Sanità cuneese e del futuro dei Presidi ospedalieri ASO Santa Croce e Carle Cuneo”.
A relazionare sui punti di forza e debolezza dell'Aso Santa Croce è intervenuta la dottoressa Paola Malvasio, direttrice sanitaria dell’ASO Santa Croce e Carle Cuneo e Presidente della Conferenza Aziendale di Partecipazione dell’Azienda Ospedaliera S. Croce e Carle.
"Vengo in modo neutrale - ha detto la dottoressa. Non sono qui per convincere che Cuneo ha bisogno di un nuovo ospedale, mi limito ad evidenziare come la Sanità sia totalmente cambiata e continuerà a farlo".
I numeri di una giornata in ospedale a Cuneo:
oltre 90 ricoveri; 5 bambini nati; oltre 200 passaggi al Pronto Soccorso, oltre 700 visite ambulatorialo, 85 interventi chirurgici; 76mila metri quadri di superfici pulite; 4000 kg di biancheria lavata; oltre 1500 pasti prodotti e somministrati.
L'Aso Santa Croce e Carle ha una dimensione sovrazonale, è HUB e centro di riferimento, garantendo maggiore intensità assistenziale, con la gestione delle patologie e dei casi più complessi. Opera in rete con gli altri ospedali territoriali (Mondovì o Savigliano, per esempio), regionali e nazionali.
Ma Cuneo riuscirà, nel tempo, a mantenere la qualifica di hub? Entro qualche mese aprirà il nuovo ospedale di Verduno, cambieranno anche i pesi in Regione Piemonte, con le elezioni nel 2019 e la non candidatura annunciata da Chiamparino. E con l'incognita Alberto Cirio.
"Io non posso rispondere. La Sanità continua a cambiare e richiede risposte sempre più flessibili, che i due ospedali di Cuneo non potranno dare a lungo: perdere la qualifica di hub significa anche, in un contesto in cui è sempre più difficile reperire medici, non essere attrattivi per i professionisti migliori", ha spiegato ancora la direttrice sanitaria.
Qualche dato
Negli anni '60 le camere di degenza venivano strutturate per 4/6 posti letto con bagni in comune; le attuali esigenze sono di camere singole con bagno in camera, anche per una questione di privacy.
Le sale operatorie erano di media/bassa complessità, presenti in ogni reparto chirurgico. Adesso ci sono blocchi operatori di 10 o più sale, ad altissima complessità tecnologica. Basti pensare alla "sala ibrida", inaugurata a Cuneo qualche anno fa.
L'assistenza negli scorsi decenni era incentrata sul ricovero di diversi giorni; adesso l'assistenza è incentrata a più alto livello tecnologico, con elevato turn over ed erogazione diurna/ambulatoriale.
Inoltre, sempre di più, c'è bisogno di medici che lavorino in equipe e che mettano in rete le loro competenze, sempre più specialistiche. "Integrazione e specializzazione: non si ragiona più per reparti ma per gruppi di cura, per mettere insieme le competenze di tutti e trovare una soluzione. Servono luoghi di cura open space e flessibili, l’architettura di corridoio non è più funzionale", commenta ancora la Malvasio.
"La complessità e la tecnologia sono in evoluzione e servono spazi sempre più ampi. Lunedì scorso è stata inaugurata la nuova PET-TAC, allestita nel contesto della medicina nucleare. Parliamo di un macchinario che pesa svariate tonnellate: è stato necessario rinforzare la soletta, con spostamenti e manovre che hanno richiesto tempo e fatica. Lavorare in un ospedale di 6 piani richiede impegno e attrezzature notevoli".
E poi: "Il nostro ospedale è inchiodato: non ho più spazi e non so dove mettere i servizi. Come professionista posso solo dire questo: la Sanità sta cambiando e dobbiamo stare al passo".
Dagli interventi dei membri della commissione sono emerse varie voci. Giuseppe Lauria: "Non sono tra gli appassionati per il nuovo ospedale, ma se ce n'è bisogno davvero, probabilmente siamo già in ritardo e mi viene da dire che questa amministrazione non può fare niente: il problema sono le risorse".
Germana Avena, sindaco di Roccavione: "Noi a Cuneo abbiamo bisogno di un nuovo ospedale. Dobbiamo ragionare e non trovare scuse, abbiamo un buonissimo ospedale ma dobbiamo cambiare, prevedere adesso perché tra 15 anni potrebbe essere tardi. Non stiamo a "bamblinare", partiamo, qualcuno ci finanzierà".
Ugo Sturlese: "La discussione di fondo è quella di incentrare l’ospedale nella tematica più ampia della Sanità pubblica e della salute. La salute è una cosa più ampia, riguarda anche il rispetto del territorio. La tutela della salute non deve essere solo ospedalocentrica. Ovvio che avere un ospedale unico è meglio che averne due, ma a che punto siamo, quali sono le necessità e i tempi che possiamo prefiggerci in un’ottica complessiva? Atteniamoci a questo tema, che stia all’interno di una programmazione regionale, per capire che riflessi ha la costruzione di un nuovo ospedale rispetto alla collocazione urbana. Scelta della possibile destinazione: questo è il compito del Comune, dove sorgerà. Le ipotesi sono molte e hanno dei riflessi rispetto all’intero sviluppo urbanistico della città".
Il sindaco di Pietraporzio Marco Frigerio: "Ricordiamoci che tutte le volte che si parla di riorganizzazione ci perdono sempre i territori periferici. Serve un tavolo tra sindaci, aziende sanitarie e Asl. Non esiste solo l’ospedale, ma anche il territorio e la gente che ci vive".
"Stiamo lavorando di concerto con l'Asl proprio per evitare doppioni e per portare anche perifericamente i servizi, perché se il territorio cresce lavora meglio anche l’ospedale", la conclusione della dottoressa.