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Schegge di Luce | 16 luglio 2023, 06:58

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi di don Riccardo Frigerio

Commento del Vangelo di domenica 16 luglio, XV domenica del tempo ordinario

In foto la cappella dell’Istituto Salesiano San Domenico Savio di Bra

In foto la cappella dell’Istituto Salesiano San Domenico Savio di Bra

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.

Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.

Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:

“Udrete, sì, ma non comprenderete,

guarderete, sì, ma non vedrete.

Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,

sono diventati duri di orecchi

e hanno chiuso gli occhi,

perché non vedano con gli occhi,

non ascoltino con gli orecchi

e non comprendano con il cuore

e non si convertano e io li guarisca!”.

Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!

Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno» (Mt 13,1-23).

  

Oggi, domenica 16 luglio, la Chiesa giunge alla XV domenica del tempo ordinario (anno A, colore liturgico verde). 

A commentare il Vangelo della Santa Messa è don Riccardo Frigerio, direttore dei Salesiani di Bra. 

Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di Luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole che sono come scintille per accendere le ragioni della speranza che è in noi. 

Eccolo, il commento. 

Il paragone può sembrare un poco forzato, ma l’immagine che viene alla mente, mentre Gesù è sulla riva, circondato da tanti ascoltatori, è quella di un famoso cantante italiano con la barba e la passione per la bicicletta, che ha voluto fare un tour sulle spiagge italiane, acclamato da migliaia di fan in cerca del loro beniamino e di qualche ora di spensieratezza, pur sotto un sole cocente. Le parole, i suoni e i colori di quegli eventi estivi riempiono il cuore per attimi che promettono l’eterno, ma che si esauriscono già mentre si raccolgono le tende, si pensa al ritorno a casa, si salutano i compagni di avventura. 

Con Gesù è diverso, perché Gesù è diverso. Non cerca folle acclamanti, che magari qualche giorno più tardi ti consegnano agli aguzzini; non promette lo sballo che zittisce la realtà del quotidiano, seppellendola con migliaia di watt; non fa un tour a proprio beneficio per dare contenuti ai notiziari estivi. Gesù incontra e si fa incontrare, fa il primo passo e si lascia trovare, ha una parola nuova per ciascun ricercatore, ma una Parola che penetra nel cuore senza sfondare le orecchie, perché pone le basi per una vita rinnovata e capace di miracoli. Mentre l’evento musicale finisce, c’è l’amarezza del momento bello ma limitato; con Gesù si aprono orizzonti di speranza che riempiono il cuore. È vero che nel brano si fa riferimento a quanti ascoltano senza comprendere, a quanti vedono senza interpretare, perché la vita di Gesù non è né magia, né costrizione intellettuale o morale che si impone. È però molto più significativo che il Signore offra la chiave di interpretazione per radicare nella vita dei suoi discepoli quella che poteva sembrare la vicenda di un contadino un po’ distratto. Beati anche i nostri occhi perché ascoltano! 

La parabola, quantitativamente, contiene più disperazione che speranza: strada, sassi, rovi da una parte; terreno buono dall’altra. In prima battuta viene da pensare che il male possa prevalere nella cronaca quotidiana, anche perché fa morbosamente notizia più del bene che rimane generalmente nascosto. Forse è anche questo che gli occhi non vedono e gli orecchi non comprendono: come dice la saggezza cinese: «fa più rumore un albero che cade di un’intera foresta che cresce». La buona notizia del Vangelo offerto a tutti i cristiani, e in senso lato a tutta l’umanità, in questa domenica invece di concentrarsi su ciò che non funziona deve puntare ed arrivare a quel terreno buono con il suo 30-60-100 di generosa produzione. In questa prospettiva, allora, il contadino non è uno alle prime armi, ma un distributore generoso, che sa che tutti i terreni hanno potenzialità, così come ogni cuore umano. Mentre nei primi tre casi c’è una sorta di “rimbalzo” della Parola, perché si costruiscono barriere o si accettano compromessi, con il terreno buono il frutto è assicurato dalla vitalità della Parola stessa e dall’accoglienza collaborativa di chi ascolta. Perché la Parola non ha come fine la realizzazione dei progetti degli uomini, ma la realizzazione dei desideri e dei piani di Dio. 

Il terreno buono è quindi indicatore di chi sa ascoltare, meditare, concretizzare, avendo preso coscienza ed avendo rinunciato alla tentazione dello scoraggiamento, alla paralisi della paura, al soffocamento delle ricchezze. Innanzitutto ascoltare, e per far questo abbiamo la Liturgia della Parola nella Messa domenicale, ma pure il vangelo nelle librerie di casa, dove spesso prende troppa polvere; in seconda battuta meditare, cioè fermarsi e ragionare, darsi ragione del perché Gesù si dona a noi in questa forma così debole (spesso sovrastata da suoni e rumori molto più potenti), ma anche forte (se diventa come quei pensieri ricorrenti che alla fine assorbono tutta la nostra attenzione); infine concretizzare, nel senso di portare nel mondo quel cambiamento che ci avvicina di più al Regno di Dio, sia personalmente che comunitariamente (poiché, come diceva don Bosco: «una sola cordicella si può rompere con facilità, ma collegandone più insieme si forma una robusta fune, che assai difficilmente si spezza»). 

Beati i nostri occhi, perché vedono e i nostri orecchi, perché ascoltano. Il senso profondo della realtà non sta in superficie, nelle relazioni causa-effetto, costi-ricavi, do-ut-des, ma nel nascosto lavorìo della Parola che resta in noi dopo l’annuncio in chiesa, mentre riconosciamo di essere tra i discepoli benedetti con un’attenzione particolare e personalizzata da parte di Gesù. Alla fine potremo anche noi raccogliere le tende e salutare i compagni di avventura, ma non saremo più gli stessi di prima. Il Signore ci crede davvero, conta sui suoi seguaci, costruisce il Regno attraverso l’opera di ciascuno. Forse non ci sono evidenze sensibili alla nostra portata, ma con il Piccolo Principe ricordiamo che «è solo con il cuore che si può vedere veramente, l’essenziale è invisibile agli occhi». 

Silvia Gullino

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