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Schegge di Luce | 17 marzo 2024, 08:20

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi di don Marco Panero

Commento al Vangelo del 17 marzo, V Domenica di Quaresima

Santuario nuovo della Madonna dei Fiori, a Bra

Santuario nuovo della Madonna dei Fiori, a Bra

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire (Gv 12,20-33).

Oggi, 17 marzo, la Chiesa giunge alla V Domenica di Quaresima (Anno B, colore liturgico viola).

A commentare il Vangelo della Santa Messa è don Marco Panero, sacerdote salesiano. Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole per accendere le ragioni della speranza che è in noi.

Eccolo, il commento.

La Pasqua si avvicina e, con essa, inizia a profilarsi più netta la croce di Gesù, di cui Egli non fa mistero. Il Vangelo di questa domenica ci consegna, infatti, un ulteriore annuncio della sua Passione, che si aggiunge a quelli delle settimane scorse. Essi già lasciavano intravedere il futuro destino di Gesù, adombrato rispettivamente nell’immagine del tempio da distruggere e ricostruire in tre giorni (Gv 2,19), e in quella del serpente innalzato da Mosè nel deserto (Gv 3,14). Domenica prossima non ci saranno più annunci: ascolteremo in presa diretta il racconto della Passione, che quegli annunci li realizza sul serio.

Questi tre annunci tracciano insieme una progressione nella conoscenza del mistero di Gesù, che si fa via via più esplicito. Sembra che Gesù si faccia conoscere sempre più in verità, man mano che ci si avvicina a Lui. In effetti, sono i più intimi a Lui ad essere destinatari di una rivelazione più diretta e, anche, più scioccante. Se il discorso sul tempio era pubblico, quello del chicco di frumento è rivolto anzitutto ad Andrea e Filippo. Non c’è da stupirsi che sia così. Gesù può rivelare quegli aspetti sconcertanti della propria identità, solo laddove vi sia una relazione personale già intrecciata con Lui. Chi guarda dall’esterno, chi non si compromette col Signore, ne riporterà una conoscenza soltanto parziale, per sentito dire, senza mai accedere all’intimità del suo mistero.

Ebbene, nell’intimo di questo mistero sta piantata la Croce. Questo, Gesù non lo nasconde a nessuno, tantomeno ai suoi discepoli: «Chi ama la propria vita la perde…  Se uno mi vuol servire, mi segua».

Gesù non fa promesse mirabolanti, non nasconde l’esigenza anche severa del sacrificio suo e di quanti lo vorranno seguire, non si adatta alle attese morbide del suo uditorio, non cerca di riuscire a tutti i costi accattivante e simpatico… Gesù si mostra nella sua verità di Figlio di Dio, consegnato in tutto alla volontà del Padre, disposto ad accogliere l’ora (e il modo concreto) in cui questa volontà gli viene incontro.

Eppure Gesù una promessa la fa, precisa, calibrata, sicura: «Dove sono io, là sarà anche il mio servitore». Come a dire: con me nella feria e nella festa, nella cattiva e nella buona sorte, sulla croce e nella gloria. Tutto ciò che è mio, è anche di coloro che vorranno seguirmi: non so dare a loro se non quanto Io sono e ricevo dal Padre.

«Dove sono io, là sarà anche il mio servitore». Generalmente ci arrestiamo alla prima parte della frase, esprimendola magari in forma di lamento: «Dove sei, Gesù? Dove sei in questa mia difficoltà o in quella dei miei cari, dove sei in questa prolungata aridità? Ci sei ancora?».

Gesù la risposta l’ha già anticipata: «Dove sono io, là sarà anche il mio servitore». E, forse, vale pure il contrario: laddove è il mio servitore, lì sono anch’io. Io sono con lui, perché lui sia eternamente con me. Sappiamo che Gesù è nella gloria del Padre: esattamente questo è il “posto” che Egli tiene preparato per chi fedelmente lo segue.

In questa prospettiva, la percezione delle fatiche e preoccupazioni si ridimensiona. Non scompariranno, certo, e forse continueranno a spaventarci insinuandoci il sospetto di non finire mai, eppure possediamo una promessa che tronca queste paure: «Dove sono io, là sarà anche il mio servitore». Insieme a Gesù per sempre. Per sempre con quel Signore che abbiamo imparato a conoscere e seguire dapprima forse timidamente, poi con sempre maggior slancio e sicurezza, di pari passo che la nostra fede maturava in solidità e convinzione.

Ecco dunque il passaggio che la Pasqua ormai vicina spalanca alla nostra vita. Non una strategia per aggirare la croce - che resterà piantata, in un modo o nell’altro, fino all’ultimo giorno della nostra vita - ma una prospettiva sicura, garantita dal Padre, a cui quella croce introduce: «Dove sono io, là sarà anche il mio servitore».

Silvia Gullino

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