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Al Direttore | 03 marzo 2015, 08:14

Parabola di solidarietà con chi crede che il lupo debba uccidere un essere umano prima che vengano presi provvedimenti

Sottile ed ironica, tutta da leggere e da gustare

Parabola di solidarietà con chi crede che il lupo debba uccidere un essere umano prima che vengano presi provvedimenti

Caro Direttore, permettimi una parabola in solidarietà allo sconsolato lettore de “Dobbiamo per forza attendere che i lupi attacchino e uccidano un essere umano, per prendere delle precauzioni?".

Così ora che verrà la primavera invece d’arrischiar la vita dei nipotini portandoli a spasso nel bosco, potrà fermarsi nei pressi di casa a legger loro questa nemmeno tanto storiella.

IL LUPO

Cari fratelli sapete tutti cos’è un lupo, vero? Ebbene in verità io vi dico che anch’egli è una creatura di Dio, ma purtroppo l’ignoranza del montanaro l’ha fatto scomparire. Però oggi voi che siete più intelligenti lo saprete ripopolare”.

Ma certo! Parole sante!” si misero a gridar tra un osanna e l’altro i ‘fulvi’ seguaci.

Un Tizio già anzianotto che qualcosa dalla vita credeva d’aver appreso ancor gli domandò: “Ma non è che il lupo s’è estinto perché il cibarsi di sol camosci lo fece morir di fame?

Il comunicatore subito lo riprese: “Zitto tu canuto, che vai dicendo? Le vie del Signore sono infinite! Le montagne oggi pullulano di pecore, di vitelli come pure di manzette, per cui è certo che quella gentil creatura di fame proprio non morrà!

Ma ancor si sentì in dovere d’aggiungere, forse come riserva: ”Mal che vada restano sempre i pargoli del montanaro, così magari è la volta buona che di lui ci liberiamo.

Ecco che a quel punto chi non volle sentirsi meno intelligente iniziò subito manifestare. Presto s’ingrossarono le file. Intanto qualcuno già godeva. Germogliarono i sit-in fino a che il lupo lo videro nuovamente scorrazzare. E mai nessuno ebbe a curarsi che si stava realizzando la rovina dei pastori, perché l’importante oramai è diventato non sentirsi ignoranti montanari.

Ma nel frattempo una trentina di poltrone già venivano scaldate dai lupeschi deretani di chi altrimenti mai avrebbe visto alcun soldino migrar dai non meno intelligenti alle proprie saccocce, e beato se li gode mentre dei bravi volontari, coadiuvandolo, assolvono i suoi ‘pelandronici’ doveri.

Ma il Tizio canuto ancor una volta ebbe a domandare: “Caro comunicatore cos’è che avevi detto, che le astuzie del parassita sono infinite?”.

Questo gli va proprio riconosciuto, perché una volta tanto il comunicatore ebbe a rispondergli in modo onesto dicendo semplicemente: "Amen!"                                   

Con simpatia un saluto e un grazie.

Angelo d’Rabirìl

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