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Attualità | 22 agosto 2014, 08:30

Si fa in fretta a dire accoglienza turistica se poi ad Elva, per mangiare in trattoria, bisogna essere almeno in quattro

La lagnanza su Facebook di un turista (forse solo della domenica, ma che cambia?): “Ero solo. E mi sono sentito dire: no, per una persona sola, non sprechiamo un tavolo”. Anni fa, storia se possibile ancora più assurda a Crissolo

L'accogliente agriturismo di Elva

L'accogliente agriturismo di Elva

E’ davvero probabile che chi ha collocato la provincia di Cuneo nella scomoda posizione di fanalino di coda della classifica relativa all’accoglienza turistica lo abbia fatto senza tenere “conto di una serie di autorevoli fonti statistiche, a cominciare da quelle elaborate dal sistema delle Camere di commercio e condensate negli annuali rapporti sull'economia provinciale e nella pubblicazione Piemonte in cifre” come scrive, in un suo intervento ospitato di recente su queste colonne, Alessandro Zorgniotti.

Di certo i segnali che arrivano dagli angoli più belli e caratteristici della Granda non danno adito a grosse speranze.

L’ultimo, in ordine di tempo, arriva da Elva, splendido centro con qualche dozzina abitanti ai 1.100 della Valle Maira “formato da grappoli di case divise in borgate, sparse qua e là in una verde e ridente conca di pinete, lariceti e pascoli, circondato da una catena di colli con vedute panoramiche sconfinate che appare lontano e inaccessibile come un nido d'aquila sperso fra le gole dei monti, ma che in realtà, è raggiungibile tramite tre strade carrozzabili” e balzato di recente agli onori della cronaca per l’impeccabile organizzazione (tutto il contrario di Crissolo, un anno prima) del “Concerto di Ferragosto”.

E’ Mario (un nome volutamente falso), 61 anni lo scorso luglio, a lagnarsene su Facebook.

Parla con soddisfazione di un agriturismo di cui pubblica anche la foto (la stessa che riportiamo sotto al titolo): “L’ho già pubblicizzato 3 anni or sono, quando c’ero stato a pranzo. Ci sono tornato domenica. I gestori mi hanno fatto sedere su una panca. Insieme ad illustri sconosciuti. Cibo ottimo. In grande quantità. Buono pure il vino. Gli unici suoni udibili erano una fontanella. E i campanacci delle mucche. Lontane lontane. Mi sono trovato bene assieme a quegli sconosciuti. A fine pasto abbiamo addirittura condiviso il conto del vino per le bottiglie bevute. Meglio di così… ”.  Poi la lagnanza: “Ma sono rimasto deluso dal trattamento dei proprietari di una trattoria gestita mi pare da dei ‘crucchi’. Avevo telefonato il sabato mattina per prenotare. Ero solo. E mi sono sentito dire: no. Per una persona sola, non sprechiamo un tavolo. Ho specificato che non mi importava del tavolo. In risposta mi sono sentito dire che non potevano darmi un tavolo insieme ad altre persone. Ma è andata bene lo stesso. Ho conosciuto gente simpatica”.

C’è anche un Granda che trasmetterebbe questa immagine, in fatto di accoglienza. E della quale, probabilmente, le Camere di Commercio non sonoa conoscenza.

Una manciata d’anni fa accadde qualcosa del genere a Crissolo, in Valle Po.

Lassù due turisti entrarono in un bar per mangiare due panini. Fu loro rifiutato il vino: il “bianco” perché non c’era in casa, il “rosso” perché si sarebbe dovuta sturare una bottiglia e poi “quello restante in essa chi lo avrebbe ?”.

Un suicidio, turisticamente parlando.

Non l’unico un quel paese sul cui territorio sorge il Monviso e nasce il Po. La seggiovia biposto, parrebbe in barba ai contratti firmati, è rimasta chiusa per tutta l’estate. La gestisce l’Auxilium, ed allora tutto va bene. Se la stessa cosa l’avesse fatta la Sipre (la società della famiglia Genre che per anni ha “tenuto aperto” il paese), i suoi componenti sarebbero già stati fucilati sulla piazza del comune da un plotone d’esecuzione. Ed un anno fa i maligni dicono che il sito ottimale sul quale si sarebbe dovuto svolgere il “Concerto di Ferragosto” (organizzativamente un disastro) sia stato invece immolato in nome di un piatto di polenta e spezzatino venduti perdipiù a caro prezzo. Una cattiveria. Forse.

Il timore, forse qualcosa in più, è che così non si vada da nessuna parte.

S.O.

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