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Curiosità | 21 gennaio 2019, 18:30

Marco Viglino, magistrato con una vita parallela alla Indiana Jones: alla ricerca del futurismo perduto

Il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Torino e l’avventura che lo ha portato sulle tracce dei futuristi della seconda generazione. Una collezione di 3 mila opere in 40 anni. Il racconto della sua “ossessione” alla conviviale Rotary di Saluzzo

Marco Viglino,  Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Torino e Giovanni Benedetto presidente Rotary club Saluzzo

Marco Viglino, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Torino e Giovanni Benedetto presidente Rotary club Saluzzo

A 13 anni si fece regalare il primo quadro che affettivamente è come “la moneta numero uno” di Paperone. Ora possiede una collezione di 3 mila opere futuriste, quadri, spartiti, lettere, foto, oggetti di arredamento incredibili e una biblioteca futurista unica.

Uno scavo archeologico di quasi 40 anni, guidato “da una sorta di ossessione”: alla ricerca del futurismo perduto. Come Indiana Jones, l’appellativo che gli ha dato il quotidiano La Repubblica, alcuni anni fa.

Marco Viglino, magistrato, classe 1960, torinese con parentele saluzzesi (Aimone-Gastaldi), presidente del Tribunale di Sorveglianza di Torino, ha raccontato la sua vita parallela di collezionista della corrente d’avanguardia, all’Interno 2 nella conviviale Rotary Saluzzo, presieduta da Giovanni Benedetto 

Un movimento dalle caratteristiche assolutamente uniche rispetto ad altri, con una eccezionale durata temporale dal 1909, data della prima pubblicazione del manifesto di Marinetti, fino al 2 dicembre 1944, data di morte del fondatore.

Dei due periodi della corrente, si appassionò in particolare al secondo Futurismo, rinascita del movimento dagli anni Venti ai Quaranta, che ebbe tra le peculiarità, racconta nell’inquadramento storico, una diffusione a macchia d’olio.

Solo in Italia, ogni regione (val d’Aosta esclusa) ogni città, aveva il suo proprio autonomo movimento che pervase molti ambiti della vita, con artisti, autori, pittori, musicisti, giornali. Oltre un migliaio di pittori, senza contare gli adepti. Questo lo stato dell’arte fino all’oblio.

“La critica militante detestava i futuristi della seconda fase, considerati fascisti, osteggiati ed eliminati dal mondo dell’arte". Una sorta di rimozione, in Italia, di artisti e di opere che, soprattutto quelli del primo periodo, Boccione, Balla, Severini, Carrà, la figura mitica dell’architetto pittore Sant’Elia, i musei internazionali si erano accaparrati.

Nel vasto sommerso del secondo futurismo, si inserisce l’avventura appassionante e singolare di Viglino alla ricerca di notizie, tracce, nomi, opere, storie, artisti perduti. Aveva 21 anni, era il 1981, era studente a Giurisprudenza, quando incontrò nella galleria Narciso di piazza Carlo Felice, a Torino, Enzo Benedetto, calabrese di Roma “personaggio straordinario”, un futurista della seconda generazione, sconosciuto ai più, che gli cambio la vita.

Mi innamorai del movimento, diventando anche il più grande ammiratore, nonchè unico di Benedetto. Andavo spesso a trovarlo e lui mi raccontava. Acquistai il suo capolavoro. Ricordo ancora la contrattazione con mia madre, seduti sul suo letto”.

Ma il regalo più grosso fu il suo indirizzario. Aveva tentato alla fine anni ‘60 di ritessere le fila del movimento. Documento alla mano, “ho cominciato a cercare futuristi in tutta la Penisola, a perseguitare i superstiti, i parenti, per avere testimonianze, in un periodo in cui a nessuno interessava il fenomeno. Cercavo i più sconosciuti, i marginali, suscitando curiosità e perplessità, forse facendo un po’ di pena e tenerezza. Ma, portavo sempre a casa qualcosa.

Sono riuscito a creare una collezione che adesso non sarebbe replicabile, salvando opere che sarebbe andate perse", afferma raccontando aneddoti, storie di personaggi con vite pazzesche, autori di oggetti straordinari. "Ho avuto vittorie e sconfitte clamorose in questa ricerca difficile, perché con la guerra, questi poveri pittori non solo erano osteggiati, ma minacciati, e alcuni lasciarono la veste pubblica di artisti. Di pittori del ‘500 a volte abbiamo notizie più sicure", sottolinea. 

Un superstite lo ha ritrovato vivo nel 2004: Elia Vottero, artista di valore con alle spalle partecipazioni a Biennali del quale non si avevano più notizie dal Dopo Guerra. Su un suo quadro, alla data di nascita e morte, c’erano due punti interrogativi. Viglino, telefonando a tutti i Vottero di Torino elencati in guida, trovò la figlia che, con grande sorpresa, gli passò il padre. Il giorno dopo era da lui e acquistò una aeropittura.

Da vero archeologo, trovò anche un capolavoro di Bonetti dato per disperso e ritrovato in un cartone nella sua casa, sopra un armadio.

Storie curiose e affascinanti da cui emerge la passione per l’indagine del sabaudo Indiana Jones togato, ma anche il vero valore della sua raccolta. La riemersione di un movimento culturale, i cui artisti “velati” lo hanno fatto loro testimone di vita, ricominciando ad esserci. 

Alcune opere della sua collezione personale sono state esposte in prestigiosi musei internazionali. Nella presentazione di alcune di esse ai rotariani saluzzesi, una rarissima cartolina futurista realizzata in occasione della Prima Guerra mondiale, un Balla del ‘12, Tullio Crali, il quadro "del cuore" di Benedetto, Renato Di Bosso e anche il futurista nato ai piedi del Monviso, il revellese Fillia. 

Passione contagiosa la sua, come l’invito: “Sarei ben contento che solo uno di voi decidesse di interessarsi all’argomento -ha auspicato, aprendo una parentesi sulla bontà dell’investimento in acquisto di opere d’arte.

Domanda: la sua raccolta di arte futurista potrebbe diventare il museo che “imperdonabilmente” in Italia non c’è?

Risposta: più che ad un museo Marco Viglino, pensa a valorizzare e tutelare la sua collezione con la creazione di una fondazione ad hoc. 

Vilma Brignone

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