“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Così dice la prima parte dell’articolo 1 della Costituzione. Il lavoro garantisce la dignità delle persone con il reddito necessario a sostenersi e attraverso il desiderio di sentirsi utili nei confronti della comunità. Il lavoro, però, porta anche decessi tragici: a volte per fatti imprevisti, ma, spesso, per il mancato rispetto delle norme di sicurezza.
Secondo l’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro, su dati Inail, da gennaio ad agosto 2019 in Italia le morti sono state 685, delle quali 59 in Piemonte e 14 in provincia di Cuneo. Durante lo stesso periodo gli infortuni denunciati hanno raggiunto quota oltre 416 mila sul territorio nazionale, quasi 31 mila su quello regionale e 5.300 nella “Granda”. Però nella provincia di Cuneo, con le ultime vittime del 13 e del 18 ottobre a Maddalene di Fossano e a San Defendente di Cervasca, da gennaio a ora i morti sono arrivati a 19. Nell’intero anno passato erano stati 20.
Cosa servirebbe? Maggiore prudenza e rispetto delle regole da parte delle aziende e di chi lavora: vuoi nelle stesse imprese; vuoi per conto proprio. Facendo crescere la cultura della sicurezza, dell’intervento preventivo e della formazione. Negli ultimi anni sono state fatte molte azioni su questi aspetti, tuttavia, visti i dati, parrebbero non bastare. Anche perché gli ispettori del lavoro e quelli Spresal-Asl continuano a diminuire e i controlli, capillari e costanti, diventano sempre più difficili da effettuare. Quindi, sono necessarie risorse da parte dello Stato per riportare i numeri a livelli sufficienti. E ci sarebbe bisogno di un maggiore coordinamento tra gli organi ispettivi, con una banca dati unica.
“La sicurezza sul posto di lavoro - ha detto il Capo dello Stato, Sergio Mattarella - è una priorità sociale e, allo stesso tempo, uno dei fattori su cui si misura la qualità della nostra convivenza. Non possiamo accettare passivamente le tragedie che continuiamo ad avere di fronte ogni giorno. Le norme ci sono. Le Istituzioni e la comunità - imprese, dipendenti e autonomi - devono fare degli ulteriori passi in avanti per il loro rispetto, colmando le lacune, contrastando l’inerzia e sconfiggendo gli opportunismi”.
Parole forti e chiare. Tuttavia da mettere davvero in pratica per evitare di dover ancora piangere la morte di altri lavoratori. Perché la dignità di un’occupazione significa, anche e soprattutto, poter tornare a casa dopo aver dedicato una parte del tempo quotidiano alla propria impresa o come dipendente di un’azienda.





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