L’emergenza covid-19 ha cambiato e probabilmente cambierà drasticamente il nostro modo di vivere la quotidianità. Si è parlato per mesi della mancanza dei Dpi (Dispositivi di Protezione Individuale) soprattutto in ambito sanitario. Poi i dispositivi sono arrivati: molte aziende che avevano la possibilità hanno convertito le linee di produzione per fornire in poco tempo una quantità di mascherine eccezionale per affrontare una situazione, appunto, eccezionale.
Si è parlato parimenti di come i due mesi di lockdown totale abbiano influito sul benessere del nostro pianeta in termini di impatto ambientale. Sono state moltissime le immagini sui quotidiani che hanno fatto il giro del mondo accompagnate dal – forse un pochino abusato – claim: “La natura si riprende i suoi spazi”.
Nelle pacifiche battaglie precedenti all’emergenza dei Fridays For Future si è molto parlato della necessità di limitare l’utilizzo della plastica. Un cambio di paradigma che era (forse) in atto prima di affrontare un’emergenza sanitaria di portata globale. La borraccia in alluminio riutilizzabile è diventata una sorta di “status symbol” per chi ha a cuore la salute dell’ambiente. E poi sono arrivate le politiche a farsi carico della volontà di voler ridurre la produzione di plastica (soprattutto monouso) con misure – a volte discusse – come la plastic tax.
Tornando all’emergenza sanitaria si è entrati, infine, nella fase di plateau e sono cominciate le prime riaperture parziali. La cosiddetta “fase 2” accompagnata dall’ennesimo claim: “Proteggi te stesso e gli altri”. Per farlo è stato necessario ripensare a una nuova quotidianità, appunto. Fatta di distanziamento sociale e dispositivi di protezione. Preferibilmente una persona per vettura per gli spostamenti con automobile e con mascherine e guanti in molti casi usa e getta.
Tutti sia nel privato che all’interno delle aziende si sono dovuti adeguare per evitare una nuova ripartenza del virus. In certe situazioni, come anche in certi esercizi della Granda, alcune attività forniscono ai propri clienti una volta all’interno del negozio delle buste di plastica usa e getta da utilizzare a mo’ di guanti qualora qualcuno ne fosse sfornito. Tutto questo sempre nell’ottica di proteggere se stessi e gli altri.
A volte però – come ci dimostrano queste foto scattate sotto i portici di Cuneo sabato 30 maggio – basta una folata di vento e le foto della “natura che si riprende i suoi spazi” sembrano essere diventate in un colpo vetuste.
Precisiamo che non c’è inciviltà in questi scatti. E’ bastata una leggera – e naturale – folata e dai cestini comunali dove i guanti erano stati gettati “La plastica si è ripresa i suoi spazi”.
Il vento (di cambiamento) dei movimenti ecologisti si è sopito con la pandemia? Servirebbero forse, in questa fase, più azioni e meno claim. Con la protezione di noi stessi, degli altri e dell'ambiente in cui viviamo come unico comun denominatore.
In Breve
mercoledì 06 novembre