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Attualità | 10 novembre 2020, 11:40

Alba, Miroglio e sindacati a confronto sulla chiusura della divisione tessuti

Oggi il primo incontro sulla cessazione d’attività annunciata per fine anno. La chiusura toccherà anche i tre outlet di proprietà: l’appello di una dipendente

Un'immagine dello stabilimento di Govone, chiuso nel luglio scorso (archivio)

Un'immagine dello stabilimento di Govone, chiuso nel luglio scorso (archivio)

E’ in programma nel pomeriggio di oggi (martedì 10 novembre) il primo confronto coi sindacati in merito alla decisione del Gruppo Miroglio di Alba di cessare entro fine anno le attività della divisione Tessuti in capo alla controllata Miroglio Textile.

Una scelta che l’amministratore delegato di Miroglio Alberto Racca aveva definito "sofferta, ma inevitabile", figlia di annose problematiche di mercato che la crisi del Covid-19 avrebbe accelerato e reso non più sostenibili, per un ramo d’azienda il cui peso si è ridotto negli anni al 10% di un fatturato di gruppo che nel 2019 ha superato i 550 milioni di euro, in buona parte provenienti dal settore abbigliamento.

Da qui l’intenzione di concentrare le proprie energie e investimenti su attività che nel medio termine possano garantire una maggiore sostenibilità. Una ratio che nel luglio scorso aveva già portato a fermare le lavorazioni di un’altra storica realtà del tessile albese, quella della Stamperia di Govone, allora con un conto di esuberi partito da 151 addetti e che ad oggi si è ridotto a un centinaio di persone, in virtù di accompagnamenti alla pensione e ricollocazioni interne ed esterne.

A 84 persone si riferisce invece il novero di quanti sarebbero ora destinati a perdere il lavoro entro la fine dell’anno, quando l'unità attiva negli uffici di via Santa Margherita ad Alba avrà portato a termine le commesse ancora in ordine, anche se pure in questo caso il computo totale dovrebbe ridursi di una ventina di unità tra accompagnamenti alla pensione (7) e altre figure (una dozzina) che il gruppo si sarebbe già impegnato a riassorbire nella fila di Miroglio Fashion, portando così a circa 65 persone il numero dei lavoratori chiamati a trovarsi una diversa occupazione.

Il destino che attende le maestranze quando la strada della cessazione sarà formalizzata è intanto quello della cassa integrazione straordinaria, mentre da qui alla fine dell’anno l’azienda usufruirà della "cassa Covid". Maggiori dettagli sul viatico che porterà a quel momento dovrebbero comunque emergere dal confronto di oggi, mentre da parte sindacale (coi responsabili di settore di Femca Cisl, Uiltec Uil e Filctem Cgil, Angelo Vero, Vito Montanaro e Maria Grazia Lusetti) si manifesta l’amarezza per un pezzo di storia industriale che si perde – e che coi tessuti contrassegnò gli inizi della multinazionale langarola – e per il mancato coinvolgimento di lavoratori e loro rappresentanti nella ricerca di possibili soluzioni a una crisi ora accolta con una certa rassegnazione e con la speranza che una più bassa età media di questi ulteriori esuberi – e la presenza tra di loro di figure in qualche modo più facilmente ricollocabili – favorisca per almeno una parte di loro un più rapido rientro sul mercato del lavoro rispetto ai colleghi di Govone.


DAGLI OUTLET L’APPELLO
DI UNA DIPENDENTE: "SPERO
CHE QUALCUNO RILEVI I NEGOZI"
Conseguenza della cessazione sarà anche la chiusura dei tre outlet attivi per la vendita a privati ad Alba (in corso Asti), a Cuneo e a Osasco, nel Pinerolese. Punti vendita che finora hanno dato lavoro a otto persone, una delle quali si è rivolta al nostro giornale lanciando un appello.
"(…) Non è mia competenza parlare di numeri, trattative, decisioni, bilanci e conti economici aziendali, ma con la presente vorrei raccontarvi la realtà vissuta e percepita vendendo tessuti e lanciare un appello a possibili acquirenti passati e speriamo futuri. (…) Amo il mio lavoro, mi piace recarmi in negozio, lavorare a fianco della mia collega, scambiare qualche parola con le clienti e vederle soddisfatte di ciò che realizzano con i nostri tessuti!
Sentir dire "per fortuna che ci siete ancora voi che vendete tessuti" era musica per le nostre orecchie.
Ma tutto questo sta per finire. (…). Io non me ne capacito dato che i nostri, e in particolar modo quello di Cuneo, sono negozi storici con grandi potenzialità e punti di riferimento per sarte, artigiani, fashion designer e per persone che hanno anche solo la passione per il cucito. Ovvio, la pandemia ha fatto danni e ne farà tanti altri con questo nuovo Dpcm che ci costringe alla chiusura ma le basi e la voglia di migliorarsi e ripartire ci sono. Io spero davvero che qualche anima bella rilevi i negozi e porti una ventata di innovazione e modernità, cosa che ci era stata promessa e poi abbandonata. Siamo persone capaci che fanno il proprio lavoro in modo accurato e ci tengo a precisare che lavorare per la Miroglio era vanto e orgoglio perché stiamo parlando di Giuseppe Miroglio, un uomo che ha tirato su un impero partendo da zero. Migliorarsi vuol dire lavorare duramente, sudare e faticare, ma non ci spaventa. Anzi, ci fa paura rimanere senza lavoro".

Redazione

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