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Curiosità | 05 marzo 2021, 10:15

Il Museo della Bicicletta di Bra è sempre più ricco con due nuovi modelli di mezzi a pedali

Si tratta di una bici Frejus del 1965 e una bicicletta da trasporto di frutta e verdura del 1947

La bicicletta da trasporto di frutta e verdura datata 1947

La bicicletta da trasporto di frutta e verdura datata 1947

Colpo grosso del Museo della Bicicletta di Bra. In attesa di riaprire al pubblico, l’esposizione di corso Monviso si fa sempre più ricca, grazie all’arrivo di due nuovi modelli.

Curiosi? Si tratta di una bici Frejus dell’anno 1965 e di una bicicletta da trasporto di frutta e verdura datata 1947, usata dagli ortolani per portare la merce ai negozi.

Le new entry vanno aggiungersi ad una collezione che non smette di affascinare. Dietro il racconto di ciascuna bici c’è un pezzo di storia d’Italia e del mondo.

Ci sono ricordi dell’infanzia, dei genitori e dei nonni, modelli dei marchi più conosciuti, borracce, autografi, pagine seppiate di vecchi giornali che celebrano un mezzo, la bicicletta, che guarda con il sorriso al passato e strizza l’occhio al futuro.

Naturalmente c’è grande soddisfazione da parte del cavaliere Luciano Cravero, che spiega: “Anche se il Museo, essendo proprietà privata, deve restare chiuso a causa delle misure anti-Covid, voglio ringraziare tutti coloro che in questi anni mi hanno sostenuto nella mia avventura votata alla passione per la bicicletta”.

 

Quindi, il presidente e ideatore del Museo fa l’elenco dei nomi ai quali è strettamente riconoscente: “Gli amici dell’azienda Bra Servizi che ci ospita; il cavaliere Stefano Milanesio per la costruzione delle biciclette da lavoro; la Banca di Credito Cooperativo di Cherasco; il Comune di Bra per il contributo alla nostra causa.

Infine ringrazio tutti i soci del Museo e tutti coloro che hanno donato le bici, le maglie, le foto, i ritagli di giornali ed altri accessori”.

Questo tempio vivo del ciclismo è strapieno di oggetti che colpiscono al cuore chi è innamorato delle due ruote. Ci sono tante biciclette, quella da bersagliere del 1900, da panettiere, da barbiere, da arrotino, da spazzacamino, da pompiere, da lattaio, da stagnino e ‘cadreghe’.

E ancora bici da portalettere e da gelatiere, che hanno trovato posto vicino ad altre pietre miliari come la bici della campionessa di handbike Francesca Fenocchio oppure quella da corsa del 1935 con il primo cambio Campagnolo a bacchetta posteriore, usata anche da Gino Bartali e Fausto Coppi.

Insomma, c’è tutta l’essenza del ciclismo, quello recente e quello del dopoguerra. Oggetti che raccontano la corsa e ciò che le ruota intorno, il lavoro delle squadre, le macchine al seguito, i giornalisti. Un mondo eroico e colorato, che trasuda di fatica e trionfo.

Quindi, è d’obbligo un ultimo auspicio del presidente Cravero: “Appena sarà possibile, avviseremo attraverso i mezzi di comunicazione la riapertura, con la speranza che il Covid-19 ci permetta presto il ritorno alla vita normale”.

L’unico vero augurio che possiamo farci in questi tempi bui.

Silvia Gullino

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